Avviso di accertamento tributario: come difendersi


Come è possibile contestare una pretesa tributaria dell’Agenzia delle Entrate considerata illegittima o inesatta? Ecco alcuni pratici consigli
Avviso di accertamento tributario: come difendersi

L’autotutela è una procedura discrezionale che consente al cittadino di annullare, in maniera tutto sommato semplice, un atto di riscossione emesso dall’Agenzia delle Entrate che considera illegittimo perché presenta degli errori evidenti, come l’errore di persona o di calcolo, o la mancata considerazione di pagamenti già effettati. Ma a ben vedere, il rovescio della medaglia è che grazie all’autotutela, l’amministrazione fiscale ha quel potere/dovere di correggere i suoi stessi errori e di sostituire il procedimento illegittimo con uno legittimo, evitando inutili condanne giudiziali a suo carico.

Ma quando non esistono tali errori evidenti, cosa può fare il cittadino per difendersi contro una pretesa tributaria inesistente o inesatta? La risposta più immediata è quella di trovarsi un buon avvocato. Non è la solita scoperta dell’acqua calda perché le legge prevede che per importi superiori a 2.582,28 Euro richiesti dal fisco, è indispensabile avvalersi di un legale per fare ricorso. Inoltre, anche per importi inferiori, dove l’assistenza tecnica è facoltativa, il Presidente della Commissione (o della Sezione) o il Collegio giudicante possono ordinare al contribuente di farsi difendere da un legale. Premessa la necessità di un avvocato, anche perché non è facile per il cittadino presentare una difesa senza vizi ed errori, quali sono i passi da compiere? E’ possibile fare ricorso alla competente Commissione Tributaria Provinciale indicata nell’avviso di accertamento, entro 60 giorni dal ricevimento dell’atto (il calcolo dei giorni è sospeso nel periodo feriale che va dal 1° agosto al 15 settembre).

Prima di fare ricorso, però, sarebbe opportuno decidere, facendosi sempre consigliare dal proprio legale, se presentare o meno una istanza di accertamento con adesione. Questo strumento consente al contribuente di giungere a un accordo con l’Agenzia delle Entrate sulle imposte dovute evitando un processo tributario (la stessa istanza può essere presentata anche dall’Agenzia delle Entrate). In ogni caso, entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’ufficio tributario invita il contribuente a comparire per discutere e definire la sua situazione fiscale. Il vantaggio, in questo caso, è quello di vedersi le sanzioni ridotte a un terzo del minimo. E’ chiaro che se il contribuente presenta il ricorso, rinuncia automaticamente all’istanza di accertamento con adesione. Mentre l’istanza appena descritta è facoltativa, l’art. 17 bis del d.lgs 546/92 stabilisce invece che per le controversie di valore inferiore ai 20 mila euro e relative ad atti emessi e notificati dall’Agenzia delle Entrate a partire dal 1° aprile del 2012 è necessario, prima del ricorso, presentare istanza di mediazione. Non sempre è possibile: la legge, con l’art. 19 del D.lgs. 546/92, prevede casi specifici.

Il ricorso, che in prima battuta sembra essere la strada che più di ogni altra richiede l’assistenza legale, è in realtà uno dei tanti strumenti a disposizione del contribuente per difendersi. E’, dunque, davvero importante informarsi bene e affidarsi a un’assistenza tecnica competente per poter giocare al meglio le proprie carte. Non solo: una volta scelta la via del ricorso, ci sono alcuni strumenti che possono avvantaggiare, durante il procedimento, il contribuente. Innanzitutto va detto che il ricorso non sospende gli effetti giuridici dell’atto impugnato e non esenta dal versamento di quanto preteso dall’amministrazione tributaria. Eppure, un buon avvocato potrebbe redigere un’articolata istanza di sospensione attraverso la quale poter dimostrare che dal pagamento anticipato di quanto notificato nell’avviso di accertamento prima che venga deciso in modo certo dalla sentenza, possa derivare un grave e irreparabile danno a carico del contribuente. Il legale, inoltre, può richiedere che il ricorso sia discusso in udienza pubblica, invece che in Camera di Consiglio senza la presenza delle parti come avviene di norma. Quest’ultima possibilità permette al contribuente e al legale di poter ascoltare la discussione in aula.

Al termine del ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale, se la sentenza è favorevole al contribuente, quest’ultimo riceverà il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza entro 90 giorni dalla notificazione della stessa, aumentato dei relativi interessi. Al contrario, se la sentenza è sfavorevole, il contribuente può ricorrere in appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale che darà il suo giudizio di merito. Se anche in questo caso la sentenza risulta essere sfavorevole per il contribuente, è possibile ricorrere in Cassazione, solo per alcuni specifici motivi, (attinenti alla giurisdizione, violazione delle norme sulla competenza, violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza…) e soltanto ricorrendo tramite un avvocato iscritto all’albo e munito di procura, pena l’inammissibilità.

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