Cassazione: sanzionare un dipendente per screditarlo è mobbing

Comminare sanzioni disciplinari mirate a screditare il dipendente configura la fattispecie di mobbing sul lavoro.
È quanto affermato dai giudici della Cassazione Civile nella recente ordinanza n. 22381/2022.
Il caso che gli ermellini si sono trovati a dirimere è quello di una insegnante romana che ha subito diversi procedimenti disciplinari, tra cui anche una sospensione, irrogati dal dirigente scolastico della scuola presso la quale lavorava, oltre ad essere stata poi trasferita senza una valida motivazione.
La donna, che a causa degli atti persecutori a cui è stata sottoposta ha sviluppato una sindrome ansiosa-depressiva, si è rivolta a Tar Lazio che le ha dato ragione.
Ugualmente anche la Corte di Appello di Roma ha confermato la condotta mobbizzante e, contro tale sentenza, il MIUR ha proposto ricorso in Cassazione.
Nella sentenza della Suprema Corte si legge come la pronuncia del Tar Lazio abbia accertato “con ampia ed articolata motivazione come la OMISSIS fosse stata vittima di mobbing, sussistente la lamentata condotta persecutoria, l'intento vessatorio unificante tutti i comportamenti lesivi” e come sia stata “smentita la tesi per cui con i provvedimenti adottati non si fosse inteso colpire la OMISSIS quanto, piuttosto, cercare di rasserenare il clima, salvaguardando innanzitutto l'insegnante e poi gli alunni, la lesione della salute, della personalità e della dignità della dipendente”.
Gli ermellini hanno ribadito, come nelle precedenti sentenze, “l'illiceità della condotta complessiva posta in essere dall'amministrazione, volta a colpire la docente nella sua dignità, "minandone gravemente l'autorevolezza ed il prestigio", piuttosto che a comporre il conflitto insorto nell'ambiente di lavoro” e per tale motivo, il “conflitto” può essere riconducibile a “una ipotesi di mobbing”.
La Cassazione, dunque, si è espressa nel ritenere che un comportamento lesivo della dignità del dipendente teso a screditarlo configura il reato di mobbing.
Per tale ragione, l’insegnante ha avuto il diritto di ottenere il risarcimento del danno per gli atti persecutori subiti.
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