Equo compenso per i professionisti: cosa prevede la normativa

È appena entrata in vigore la Legge sull’equo compenso (Legge 21 aprile 2023, n. 49, rubricata “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”) che prevede un’adeguata remunerazione per i professionisti da parte della Pubblica Amministrazione e delle grandi imprese.
È una legge composta da un totale di 13 articoli, nel primo dei quali viene definito l’equo compenso come “la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale”.
A chi è rivolta la legge sull’equo compenso?
Destinatari della normativa sono sia i professionisti iscritti a un ordine o un collegio (come gli avvocati, i commercialisti, gli architetti, gli ingegneri, gli psicologi, ecc…), sia quelli appartenenti alle categorie non regolamentate, come gli amministratori di condominio, gli interior designer, i fisioterapisti, i geofisici, o i fotografi, ecc…).
Per tutte le categorie, però, le nuove regole prevedono che la retribuzione sia conforme ai compensi previsti rispettivamente:
a) per gli avvocati, dai decreti ministeriali del Ministro della Giustizia
b) per i professionisti iscritti ad altri ordini e collegi, dai decreti ministeriali dei Ministri vigilanti (ovvero quelli competenti per materia)
c) per i professionisti non regolamentati, dai decreti ministeriali del Ministro delle imprese e del made in Italy
I parametri di riferimento per la retribuzione delle prestazioni professionali sono aggiornati ogni due anni su proposta dei Consigli nazionali degli ordini o dei collegi professionali.
Equo compenso: ambito di applicazione
In base all’articolo 2 della Legge 49/2023, le nuove norme devono essere applicate “ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d'opera intellettuale”, svolti anche in forma associata, in favore della Pubblica Amministrazione (anche delle società a partecipazione pubblica), banche e assicurazioni (comprese le società controllate o mandatarie) e delle grandi imprese (ovvero quelle che hanno registrato ricavi annui maggiori a 10 milioni di euro e che occupino più di 50 dipendenti).
Le disposizioni non si applicano, invece, nei contratti con le società veicolo di cartolarizzazione o con gli agenti della riscossione (i quali devono comunque garantire “la pattuizione di compensi adeguati all’importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività della prestazione richiesta”).
I casi di nullità in mancanza di equo compenso
La normativa prevede la nullità delle clausole che non prevedano un equo compenso proporzionato all'attività svolta, tenendo conto anche dei costi sostenuti dal professionista.
L’articolo 3 della legge 49/2023 sancisce specifici casi di nullità e, tra questi, vi sono (a titolo esemplificativo e non esaustivo):
• un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri di riferimento
• le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti o che impongano l'anticipazione delle spese
• le pattuizioni che attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro o del servizio svolto
• gli accordi che prevedano al cliente del professionista la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto
• le clausole che prevedano la facoltà del cliente di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito o che impongano al professionista la rinuncia al rimborso delle spese
• la previsione di termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del cliente
• nel caso degli avvocati e della corresponsione delle spese di lite in favore del cliente, il fatto che sia riconosciuto al legale solo il minore importo previsto nella convenzione (anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte), oppure sia riconosciuto solo il minore importo liquidato (nel caso in cui la cifra prevista nella convenzione sia maggiore)
La normativa stabilisce, però, che la nullità opera solamente sulle singole clausole e non sull’intero contratto, che rimane valido ed efficace per la restante parte. In questo caso, il professionista potrà chiedere la rideterminazione del compenso dinanzi al Tribunale competente che, oltre a intimare il versamento della differenza tra la retribuzione percepita dal professionista e l’equo compenso, può stabilire anche un indennizzo fino al doppio di tale differenza, fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno. La prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità professionale decorre dal giorno dello svolgimento della prestazione del professionista.
Sul punto, va segnalato il fatto che il parere di congruità, emesso dall’ordine o dal collegio di riferimento, sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, sempre che il cliente non abbia depositato opposizione entro 40 giorni dalla notificazione del parere stesso.
Infine, l’eventuale nullità “opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio”.
Le sanzioni in caso di violazione sull’equo compenso
Tale ambito è soggetto a critiche poiché le sanzioni sono previste solo sul lato professionista e non sul cliente.
Infatti, in base all’articolo 5 della normativa “Gli ordini e i collegi professionali adottano disposizioni deontologiche volte a sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale”, oltre a “sanzionare la violazione dell'obbligo di avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione”, i criteri stabiliti dalle disposizioni sull’equo compenso.
Sul fronte della PA, banche, assicurazioni e grandi imprese è previsto soltanto un controllo da parte dell’ “Osservatorio nazionale sull'equo compenso”, che potrà “segnalare al Ministro della giustizia eventuali condotte o prassi applicative o interpretative in contrasto con le disposizioni in materia di equo compenso e di tutela dei professionisti dalle clausole vessatorie”.
Altra critica che potrebbe essere mossa è che la legge prevede l’applicazione dell’equo compenso solo per le grandi società e non per le micro, piccole e medie imprese che sono la maggioranza.
Infine, ulteriore critica potrebbe essere riferita al fatto che la legge non è retroattiva e, dunque, all'interno di Accordi Quadro già predisposti, i contratti che ne deriveranno non dovranno sottostare alla disciplina dell'equo compenso.
Per ottenere ulteriori chiarimenti in merito o per ottenere assistenza legale è consigliabile affidarsi a un avvocato esperto in diritto del lavoro. Cercatelo nel nostro sito. Il primo contatto in studio è gratuito!
Articolo del: