La Nevrosi d’ansia
La psicanalisi ha l’obiettivo di trovare il conflitto psichico che è alla base della nevrosi d’ansia
Il termine nevrosi è stato introdotto per la prima volta da Cullen nel settecento, che lo ha utilizzato per indicare delle patologie del sistema nervoso con andamento cronico, che si manifestano senza febbre e senza segni d’infiammazione. Le nevrosi sono dei disturbi del sistema nervoso di origine psichica, che si distinguono dalle psicosi per la loro minore gravità, in quanto i pazienti mantengono un migliore adattamento sociale e frequentemente sono coscienti della malattia. Freud distingue le nevrosi in due categorie: Nevrosi di Transfert e Nevrosi Attuali. Le prime sono determinate da conflitti insorti nell’età infantile e comprendono la nevrosi isterica e la nevrosi ossessiva. Le seconde sono invece determinate da problemi attuali, che in genere riguardano la sfera sessuale, e comprendono la nevrosi d’angoscia, la nevrosi ipocondriaca e la nevrosi neurastenica. Attualmente la moderna psicanalisi distingue le nevrosi in due ampie categorie: i Disturbi d’Ansia e i Disturbi Somatoformi.
Da un punto di vista psicologico è importante distinguere tra paura, ansia e angoscia. Mentre la paura riguarda sempre qualcosa di determinato, l’ansia è una sorta di paura legata a qualcosa d’indeterminato e frequentemente ha un’origine conflittuale. L’angoscia infine è un’ansia critica legata a un pericolo fantasmatico, in genere però più determinato, ad esempio l’angoscia di morire o di impazzire.
Sia la paura, che l’ansia e l’angoscia non sono ovviamente degli stati emotivi di per sé patologici, anzi sono fondamentali per la nostra sopravvivenza. Presuppongono un ragionamento e una capacità di anticipazione di un pericolo, che in genere permette di mettere in gioco delle contromisure comportamentali finalizzate al superamento del pericolo.
L’ansia diventa patologia quando diviene permanente, quando si vive in uno stato di costante inquietudine e di allarme, tanto da arrivare alla strutturazione di un quadro nevrotico definito. In genere l’esordio è acuto e si manifesta con il classico "attacco di panico", caratterizzato da un ricco corredo di disturbi neurovegetativi, quali sudorazione, nausea, coliche intestinali, dispnea e tachicardia. Nel tempo si passa dalla fase acuta a quella cronica, in cui i disturbi descritti sono più lievi, ma sempre presenti.
Da un punto di vista psicoanalitico l’ansia, in quanto patologia, nasce da un conflitto psichico, che può avere radici nel passato o trovare ragione di sé nelle condizioni ambientali in cui è immerso il paziente. Frequentemente lo stesso paziente non è consapevole del conflitto, in quanto tende inconsciamente a rimuoverlo. Il primo passo difatti della terapia psicanalitica è proprio quello di cercare di far riaffiorare il conflitto a livello della coscienza.
Freud, il padre della psicoanalisi, utilizzava la tecnica della libera associazione d’idee, che è costituito dall’ascoltare il paziente che parla liberamente di sé, cercando di cogliere quello che realmente importante. La psicoanalisi moderna si è in parte evoluta dall’approccio freudiano, anche se il cardine del trattamento rimane la ricerca del conflitto psichico, responsabile della nevrosi.
Da un punto di vista psicologico è importante distinguere tra paura, ansia e angoscia. Mentre la paura riguarda sempre qualcosa di determinato, l’ansia è una sorta di paura legata a qualcosa d’indeterminato e frequentemente ha un’origine conflittuale. L’angoscia infine è un’ansia critica legata a un pericolo fantasmatico, in genere però più determinato, ad esempio l’angoscia di morire o di impazzire.
Sia la paura, che l’ansia e l’angoscia non sono ovviamente degli stati emotivi di per sé patologici, anzi sono fondamentali per la nostra sopravvivenza. Presuppongono un ragionamento e una capacità di anticipazione di un pericolo, che in genere permette di mettere in gioco delle contromisure comportamentali finalizzate al superamento del pericolo.
L’ansia diventa patologia quando diviene permanente, quando si vive in uno stato di costante inquietudine e di allarme, tanto da arrivare alla strutturazione di un quadro nevrotico definito. In genere l’esordio è acuto e si manifesta con il classico "attacco di panico", caratterizzato da un ricco corredo di disturbi neurovegetativi, quali sudorazione, nausea, coliche intestinali, dispnea e tachicardia. Nel tempo si passa dalla fase acuta a quella cronica, in cui i disturbi descritti sono più lievi, ma sempre presenti.
Da un punto di vista psicoanalitico l’ansia, in quanto patologia, nasce da un conflitto psichico, che può avere radici nel passato o trovare ragione di sé nelle condizioni ambientali in cui è immerso il paziente. Frequentemente lo stesso paziente non è consapevole del conflitto, in quanto tende inconsciamente a rimuoverlo. Il primo passo difatti della terapia psicanalitica è proprio quello di cercare di far riaffiorare il conflitto a livello della coscienza.
Freud, il padre della psicoanalisi, utilizzava la tecnica della libera associazione d’idee, che è costituito dall’ascoltare il paziente che parla liberamente di sé, cercando di cogliere quello che realmente importante. La psicoanalisi moderna si è in parte evoluta dall’approccio freudiano, anche se il cardine del trattamento rimane la ricerca del conflitto psichico, responsabile della nevrosi.
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