Nessun condono se l'abuso supera la volumetria consentita


Corte di Cassazione: i limiti valgono per tutti gli immobili indipendentemente dalla loro destinazione d’uso
Nessun condono se l'abuso supera la volumetria consentita

In tema di condono edilizio è fondamentale conoscere bene quali siano i requisiti che consentano di presentare la domanda di concessione in sanatoria per evitare eventuali ordini di demolizione.

Un recente caso di contenzioso arrivato nelle aule della Corte di Cassazione, ha permesso agli ermellini di fare chiarezza su un punto ben preciso: i limiti oltre i quali non è possibile ottenere il condono edilizio valgono per tutti gli immobili indipendentemente dalla loro destinazione d’uso. E’ quanto afferma in maniera univoca la sentenza della Suprema Corte n. 31955/2015.

Ma andando con ordine, quali sono i requisiti e i limiti previsti per legge?
Nel nostro ordinamento è stata disposta la Legge 724/1994 (Secondo condono) che ha introdotto un nuovo condono edilizio dopo quello datato 1985.
Tale legge ha, però, condizionato la possibilità di condonare gli abusi edilizi a determinati requisiti.
Il primo dei criteri è che gli immobili per i quali si richiede la sanatoria devono essere stati costruiti entro il 31 dicembre 1993.
Il secondo requisito è che il condono si deve rivolgere soltanto agli edifici che risultano ultimati e non anche a quelli ancora in fase di costruzione.
Infine, il terzo e ultimo requisito riguarda i limiti dimensionali: il condono non può essere concesso se le violazioni fanno in modo che la volumetria dell’immobile sia aumentata del 30% o di 750 metri cubi.

Tornando al caso che la Corte si è trovata a dirimere, un Comune italiano aveva negato la sanatoria al responsabile di un abuso edilizio poiché erano stati superati i limiti volumetrici previsti dalla Legge 724/1994 e aveva ordinato la demolizione dell’immobile.

L’uomo, però, aveva fatto ricorso poiché riteneva che i suddetti limiti fossero riferiti esclusivamente agli edifici a destinazione residenziale e non anche a quelli a destinazione commerciale, come era nel caso in questione. A supporto della sua tesi, l’uomo citava una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici in cui si affermava che il limite dovesse essere applicato solo alle costruzioni residenziali.

Gli ermellini, però, non gli hanno dato ragione dato che nella norma di legge non viene menzionato nessun trattamento differente tra immobili ad uso residenziale e commerciale, o comunque in base alla destinazione d’uso. Detto ciò, anche una circolare del Ministero che avanzasse requisiti in contrasto con la Legge di rango superiore non potrebbe essere applicata. Per tali motivazioni la Corte ha respinto il ricorso dell’uomo e ha affermato che i limiti volumetrici valgono per tutti gli immobili indipendentemente dalla loro destinazione d’uso.

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