Occultamento scritture contabili: è reato anche se il fisco ricostruisce la contabilità


Cassazione: la ricostruzione della situazione contabile occultata non incide sulla punibilità del contribuente
Occultamento scritture contabili: è reato anche se il fisco ricostruisce la contabilità

Seppure il fisco riesce a ricostruire la contabilità occultata dal contribuente, quest’ultimo è ugualmente punibile per il reato di occultamento delle scritture contabili.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 37348, depositata in data 9 settembre 2019, che si è espressa sul ricorso presentato da una donna, legale rappresentante di una società a responsabilità limitata (Srl) toscana.

La rappresentante legale della società di capitali era stata condannata per il reato di occultamento delle scritture contabili sia dal Tribunale di Pistoia che dalla Corte di Appello. Avverso tali sentenze, la donna ha presentato ricorso in Cassazione, ma anche gli ermellini hanno confermato le sentenze precedenti.

La normativa relativa al reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili è contenuta nell’art. 10 D.lgs. 74/2000 che recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.

L’accusa di occultamento o distruzione delle scritture contabili muoveva dal fatto che la donna, non solo aveva omesso la presentazione della totalità della contabilità di cui è obbligatorio tenere gli esemplari, ma aveva avuto anche una condotta tale da manifestare la volontà elusiva.

Infatti, la Corte territoriale aveva rilevato come le scritture contabili non fossero custodite né presso la sede della società di cui è legale rappresentante (sede tra l’altro fittizia), né presso il commercialista designato. Ugualmente, la contribuente imputata non aveva saputo indicare dove si trovassero le scritture contabili mancati.

E secondo i supremi giudici, sarebbe proprio la mancata comunicazione del luogo di custodia dei documenti a determinare il capo di accusa per il reato di occultamento delle scritture contabili.

Nel presentare ricorso, però, la donna contestava sia l’omesso accertamento dell’esistenza dei documenti richiesti dall’amministrazione fiscale, ma anche la mancanza dell’elemento soggettivo richiesto dall’art. 10 del D.lgs. 74/2000 adducendo che durante gli accertamenti aveva tenuto un atteggiamento collaborativo con il fisco. Infine, la difesa rammentava che in ogni caso, la situazione contabile della società era stata comunque ricostruita.

Sul tale secondo punto (quello dell’elemento soggettivo), la Corte ha affermato che la collaborazione della legale rappresentante della società si è espletata nella sola presentazione della documentazione da lei detenuta, ma non si è estesa anche nella consegna di tutta la documentazione che avrebbe dovuto custodire e che “consapevolmente” ha tenuto celata ai verificatori.

Inoltre, il fatto che gli accertatori siano riusciti, comunque, a ricostruire la situazione contabile della società senza aver ottenuto tutta la documentazione utile da parte dell’imputata, non incide sulla imputabilità di quest’ultima per il resto di occultamento e distruzione delle scritture contabili.

 

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