Pensioni, l’ombra sulla “Quota 100”


Le simulazioni dell’Inps parlano di riduzioni pari a un quinto dell’assegno pensionistico
Pensioni, l’ombra sulla “Quota 100”

Il governo gialloverde ha inserito nella bozza del disegno di Legge di Stabilità 2019 il meconismo cosiddetto “Quota 100” sulle pensioni, ovvero la possibilità di andare in pensione se sommando gli anni di età e gli anni di contribuzione lavorativa di raggiunge il numero 100.

 

Ma quello che doveva sembrare un superamento della Legge Fornero, si potrebbe rivelare un boomerang per chi si accinge di andare in pensione.  

 

A dare l’allarme è il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in una audizione alla Commissione Lavoro della Camera.

Un lavoratore che decidesse di andare in pensione con quota 100 a 62 anni e 38 di contributi, in anticipo di cinque anni rispetto all'età di vecchiaia prevista di 67 anni, potrebbe dover rinunciare a circa il 21% dell'assegno. Secondo un esempio fatto da Boeri, prendendo il caso di un dipendente pubblico che percepisce 40.000 euro lordi l'anno, se andasse in pensione nel 2019 vedrebbe ridurre notevolmente le entrate. «Se il calcolo è interamente retributivo fino al 2011 e poi contributivo - ha affermato Boeri - uscendo cinque anni prima si rinuncia a circa 500 euro al mese (lordi) che si sarebbero presi uscendo a 67 anni. In pratica a 67 anni si prenderebbe una pensione da 36.500 euro ma avendo versato contributi per altri cinque anni. Se invece si va in pensione prima non si versano contributi e si prendono 150.000 (30.000 per cinque anni) euro di assegni in più».

 

Anche il quotidiano laRepubblica, in un articolo di approfondimento, ha diffuso le simulazioni sulle riduzioni degli assegni pensionistici fino a un quinto del loro valore se si decide di andare prima in pensione nel 2019.

 

In base a tali simulazioni, la riduzione della pensione non è dovuta a penalizzazioni, ma semplicemente perché il lavoratore lascerà il lavoro prima, versando meno contributi. Per questo, non intascherà la rivalutazione al Pil dei contributi mancanti e godrà di una pensione più bassa, anche se per più anni.

 

La riduzione dell’assegno potrebbe aggirarsi da un minimo del 2% per chi ha 42 anni di contributi a un massimo del 20% e i più penalizzati dal meccanismo sarebbero i nati tra il 1953 e il 1957, ovvero coloro che nel 2019 avranno dai 62 ai 66 anni.

 

Ad esempio, secondo una delle simulazioni diffuse dal quotidiano laRepubblica, un lavoratore di 62 anni con 38 anni di contributi nel 2019, percepirà 1.442 euro mensili al posto di 1.778 euro al mese.

Una riduzione tutt’altro che irrisoria e che potrebbe portare molti lavoratori a non scegliere la strada della pensione.

 

Ma oltre all’allarme della riduzione delle pensioni, arriva dall’Inps anche quello sulla spesa pubblica. Con la quota 100, l’opzione donna (che permette alle lavoratrici con 58 anni, se dipendenti, o 59 anni, se autonome, e 35 anni di contributi, di andare in pensione), l’ape sociale e il mancato adeguamento alla speranza di vita dei requisiti anagrafici e contribuivi, il conto da pagare che arriverebbe allo Stato sarebbe “di circa 140 miliardi in più di spesa nei primi dieci anni".

Articolo del: