Reato di maltattamenti in famiglia anche se la moglie reagisce

Le reazioni della moglie contro gli atteggiamenti aggressivi del marito non escludono a carico di quest’ultimo il reato di maltrattamenti in famiglia sul presupposto che vi siano reciproche offese e maltrattamenti.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione (Sesta Sezione Penale) nella recente sentenza n. 4681/2021.
Con tale provvedimento, gli ermellini hanno ribaltato la sentenza della Corte di Appello che aveva assolto dal delitto di maltrattamenti in danno dell’ex moglie il marito “perché il fatto non sussiste” e lo aveva prosciolto dal delitto di lesioni in danno della donna per intervenuta remissione di querela.
Contro la sentenza di secondo grado, ha presentato ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di Appello lamentando il fatto che il giudice di seconde cure si è basato solo “sull’asserita genericità delle dichiarazioni della persona offesa, che in realtà (…) aveva parlato di specifici episodi di ingiurie, botte, minacce, sottolineando di essere stata maltrattata tutti i giorni”.
Inoltre, la Corte di Appello avevano giudicato la donna non in “posizione di passività” poiché in un caso specifico aveva reagito in maniera aggressiva gettando a terra i piatti alla scoperta “dell’intesa del marito con un’altra donna”. Ma ciò non avrebbe potuto incidere sulla quotidianità di aggresività a cui la moglie era sottoposta.
A fronte di tale episodio, però, la Corte di Apello aveva ritenuto che tra la coppia ci fossero reciproci soprusi e non invece, una spoporzione di condotte tra la coppia.
La Corte di Cassazione, invece, ha ritenuto il ricorso fondato affermando che:
• La Corte di Appello si è limitata a prospettare la genericità delle dichiarazioni accusatorie, senza fornire una motivazione che tenesse conto del “quadro di costante assoggettamento della persona offesa (moglie, ndr) alle condotte maltrattanti del marito, a fronte della prospettazione di comportamenti umilianti e vessatori tenuti nel corso dell’intero menage matrimoniale”;
• La Corte ha incentrato la sua valutazione sull’assunto dell’assenza di una posizione di inferiorità della donna a fronte della sua reazione nell’episodio sopra riferito, senza però aver soppesato le reali dinamiche tra la coppia;
• Al fine di escludere il reato di maltrattamenti nei confronti del marito, la Corte avrebbe dovuto stabilire un confronto tra la condotta dell’uomo e la reazione della donna, che implicava “la verifica dell’inserimento di condotte di per sé idonee a ledere il patrimonio morale della vittima in un contesto di reciproca aggressività, attestante il difetto di sudditanza psicologica della persona offesa, approccio ben diverso da quello emergente dalla lacunosa motivazione”.
A fronte di tali motivazioni, gli ermellini hanno affermato che si è passibili di condanna per maltrattamenti in famiglia anche se il partner reagisce in maniera sporadica in un contesto di costante situazione di sudditanza e aggressività provocati dal coniuge aggressivo.
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