Residenza all’estero, ma nazionalità italiana: si ha diritto alle detrazioni per figli a carico?

Uno dei tanti casi che possono accadere ai contribuenti è che si sia residenti all’estero da uno o più anni, ma che si conservi la nazionalità italiana.
Un caso simile è capitato a un uomo che, pur conservando la nazionalità italiana nonostante fosse residente all’estero, facesse la dichiarazione dei redditi in Italia poiché proprietario di due immobili affittati con contratti di locazione regolarmente registrati, per i quali versa annualmente l'imposta di registro.
Diventato padre, si è chiesto se potesse, in sede di dichiarazione dei redditi, usufruire delle detrazioni d'imposta per figli a carico.
Avanzata un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate, quest’ultima ha chiarito i dubbi interpretativi della normativa con la risposta n. 207 del 9 luglio 2020.
Il primo concetto fondamentale per determinare se, pur essendo residenti all’estero, si ha diritto in Italia a godere delle detrazioni delle detrazioni per i figli a carico è la definizione di “residenza”.
Per fare ciò, in modo da evitare le doppie imposizioni, è necessario fare riferimento alla legislazione interna degli Stati contraenti (Italia e lo stato di residenza).
Come premessa fondamentale, va detto che in base all’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre1986, n. 917 (TUIR) “sono soggetti passivi d'imposta tutte le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza”.
Dunque, con altre parole, si può essere soggetti passivi (quindi, contribuenti che pagano le tasse) sia se si è residenti in Italia, sia che non lo si sia.
In base al comma 2 dello stesso articolo, però, si considera residenti nel nostro paese “le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile".
Dunque, per essere considerati residenti, occorre che si verifichi almeno una delle seguenti tre condizioni:
1. Essere iscritti nelle anagrafi della popolazione residente;
2. Avere il domicilio in Italia;
3. Essere residenti in Italia ai sensi del Codice civile.
Quanto premesso serve per capire se un contribuente non residente in Italia (e che, quindi, non rientra nelle tre condizioni sopra elencate), ma che versa le tasse in Italia, possa usufruire delle detrazioni per i figli a carico.
In aiuto viene l’art. 3 del TUIR che prevede come, in base alla risposta all’interpello, “per le persone residenti in Italia l'imposta si applica sull'insieme dei redditi percepiti, indipendentemente da dove questi siano prodotti, mentre per i soggetti non residenti l'imposta si applica solo sui redditi prodotti nel nostro Paese”.
Sempre nella risposta n. 207/2020 dell’AdE si legge che “Il successivo articolo 24 del TUIR, in materia di determinazione dell'imposta dovuta dai soggetti fiscalmente non residenti, prevede, al comma 1 che nei confronti dei soggetti non residenti l'imposta si applica sul reddito complessivo, che è costituito dai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato e sui redditi tassati separatamente (…). In particolare il comma 3 indica quali sono le detrazioni che possono essere scomputate dall'imposta lorda dovuta dai soggetti non residenti, tra le quali non vi rientrano le detrazioni per carichi di famiglia, tra cui sono ricomprese quelle per figli a carico (…)".
Di qui, il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate: non si ha diritto alle detrazioni per figli a carico in Italia in sede di dichiarazione dei redditi se non si è residenti nel nostro paese e, dunque, non si rispetta almeno una delle tre condizioni riportate sopra.
Per completezza di informazioni, però, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che il comma 3-bis all'articolo 24 del TUIR (introdotto dall'articolo 7 della legge 30 ottobre 2014, n. 161), noto come regime dei "non residenti Schumacker", prevede, in deroga al comma 1 dello stesso articolo 24, che anche nei confronti dei soggetti non residenti nel territorio italiano, si applicano le disposizioni contenute negli articoli da 1 a 23 del TUIR ai fini dell'imposta dovuta, a patto che il reddito prodotto in Italia sia pari almeno pari al 75% del reddito complessivo e che non si goda di agevolazioni fiscali analoghe nello Stato di residenza.
Inoltre, per accedere a tale regime e, quindi, per beneficiare delle stesse detrazioni e deduzioni IRPEF previste per i contribuenti italiani (tra cui le detrazioni per i figli a carico), è necessario che il soggetto abbia la residenza in uno Stato con il quale è assicurato un adeguato scambio di informazioni.
Solo a patto di tali condizioni si può fruire delle stesse deduzioni e detrazioni spettanti ai contribuenti residenti in Italia, comprese le detrazioni per carichi di famiglia).
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