Riforma della Giustizia, via libera dal Consiglio dei Ministri


La riforma prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, due CSM e  una Alta Corte disciplinare
Riforma della Giustizia, via libera dal Consiglio dei Ministri

Il Consiglio dei ministri del 29 maggio 2024, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro della giustizia Carlo Nordio, ha approvato un disegno di legge costituzionale in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare, composto di otto articoli.
Ma il via libera del Governo è solo l’inizio dell’iter legislativo perché, trattandosi di una legge costituzionale, c’è bisogno dell’approvazione di Camera e Senato con due successive deliberazioni distanziate di almeno tre mesi. Inoltre, per la seconda votazione c’è bisogno della maggioranza qualificate dei due terzi dell’aula. Nel caso di mancato raggiungimento del quorum, la palla passerà ai cittadini che dovranno votare tramite referendum.
Vediamo gli articoli cruciali. 

Il secondo articolo è il fulcro del disegno di legge perché prevede due distinte carriere tra magistrati giudicanti (giudici) e magistrati requirenti (pubblici ministeri, ovvero l’accusa). Con questa norma si intende modificare l’art. 102 della Costituzione e si sancisce la separazione delle carriere. 

Conseguenza di ciò è la nascita di due Consigli superiori della magistratura (CSM), uno per i giudici e l’altro per i PM, entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica.
La modalità di composizione e di nomina dei magistrati che fanno parte degli entrambi i CSM sono stabilite nell’art. 3 del disegno di legge. Innanzitutto, oltre al Presidente della Repubblica, ne faranno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti saranno nominati:

  • per un terzo ad estrazione, effettuata dal Parlamento in seduta comune da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano svolto almeno quindici anni di esercizio; il loro mandato durerà quattro anni e durante questo periodo non possono ricoprire cariche politiche nel Parlamento o nei Consigli regionali, così come non potranno essere iscritti agli ordini professionali;
  • per gli altri due terzi di entrambi i CSM, rispettivamente tra i magistrati giudicanti e magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previste attualmente dalla legge.

I ruoli dei CSM sono stabiliti nell’art. 4 del disegno di legge: restano attribuite i capo ai Consigli restano le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati. Ma le decisioni disciplinari, e questa è un’altra novità importante della riforma, saranno prese da una Alta corte disciplinare composta da quindici giudici, tre nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio. Altri tre componenti sono estratti a sorte da un elenco di professionisti in possesso degli stessi requisiti stilato dal Parlamento in seduta comune e i restanti sei magistrati giudicanti e requirenti saranno estratti sempre a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
Anche loro restano in carica quattro anni non rinnovabili, durante i quali non potranno ricoprire cariche politiche nel Parlamento italiano ed europeo, nei consigli regionali o nel Governo. Preclusa anche la possibilità di svolgere attività come avvocato e per ogni altro ufficio indicato dalla legge. Il presidente dell’Alta Corte sarà scelto tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
 

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