Separazione, condannato il genitore che ostacola il diritto di visita dell’ex coniuge

La Corte di Cassazione (con sentenza n. 1564/2021 del 28 ottobre 2020 e depositata il 14 gennaio scorso) ha confermato la condanna di una madre che ostacolava le visite dell’ex marito con i figli, eludendo così quanto deciso dal Tribunale e previsto nell’omologa di separazione relativamente al diritto di visita del padre.
La donna è stata condannata in base all’art. 388 del codice penale (“Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice”) che, al secondo comma, recita: “La stessa pena (reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032, ndr) si applica a chi elude (…) un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci (…)”.
Nel caso in questione, sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano condannato la donna per non aver consentito al marito separato, coniuge non affidatario dei due figli minorenni, di godere del suo diritto di visita nei giorni previsti dalla sentenza del Tribunale e confermati nel successivo decreto di omologa di separazione eludendo, di fatto, un provvedimento giudiziale.
La donna, adducendo 6 motivazioni di ricorso tra i quali la mancata valutazione dell'inattendibilità del marito costituitosi parte civile e quello di essere stata impossibilitata a rispettare i giorni di visita del padre, ha proposto ricorso in Cassazione.
Gli altri motivi di ricorso ruotano essenzialmente sui due motivi già citati, infatti “i primi quattro motivi ruotano intorno al giudizio di attendibilità della persona offesa reo dai Giudici del merito”.
Gli ermellini hanno ritenuto infondati tutti e sei i motivi di ricorso.
In merito all’attendibilità della persona offesa (l’ex marito), che si è costituito parte civile, i Supremi giudici hanno affermato che le dichiarazioni dell’uomo sono ritenute “lineare e logiche” e fanno emergere come nei giorni in cui gli spettava il diritto di visita ai figli, l’ex moglie (alla quale sono affidati i minori) non si è fatta trovare in casa né ha fatto trovare i minori presso la sua abitazione.
Non solo. Le dichiarazioni dell’uomo, messe in discussione dalla donna nel ricorso, sono state al contrario avvalorate da una serie di elementi esterni, tra i quali un episodio in cui la donna doveva consegnare i bambini al padre e non si fece trovare in casa promettendo di affidarglieli il giorno dopo (cosa non avvenuta però).
Tale episodio era stata riscontrato dagli agenti contattati dall’uomo che hanno anche ascoltato una conversazione telefonica tra gli ex coniugi avendo l’uomo messo il vivavoce.
Proprio sull’utilizzabilità della conversazione verte uno dei motivi di ricorso dell’ex moglie. Ma anche su questo punto la Cassazione ha ritenuto “manifestamente infondata l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni della (donna, ndr), ascoltate dagli agenti intervenuti nella inconsapevolezza della imputata a seguito dell’attivazione del vivavoce del cellulare del (marito, ndr), dovendosi escludere che nella specie trovi applicazione la disciplina delle intercettazioni (…)”.
Infine, sul fatto che la donna fosse stata impossibilitata ad affidare i figli all’ex marito, i giudici di piazza Cavour hanno stabilito che il motivo è anch’esso manifestamente infondato e conferma quanto sentenziato dalla Corte di Appello.
Infatti, la Suprema Corte ribadisce “l’indimostrata sussistenza di una oggettiva impossibilità ostativa all’adempimento dell’obbligo derivante dal provvedimento eluso”.
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