Smart working, ecco chi ha diritto ad ottenerlo

Già il protocollo del 24 aprile 2020 (“Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”) aveva raccomandato di avvalersi dello smart working laddove possibile.
Ma con il Decreto Rilancio il lavoro agile è stato maggiormente strutturato.
Nel documento sottoscritto tra le parti sociali, il presidente del Consiglio dei Ministri, i ministri dell’economia, del welfare, dello sviluppo economico e quello della salute, sono contenute le linee guida che devono essere seguite dalle imprese in merito ai protocolli di sicurezza anti contagio.
Una di queste è appunto il ricorso al lavoro agile (o smart working) come soluzione organizzativa straordinaria fino alla fine dell’emergenza epidemiologica (“…sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”).
Nel Decreto Rilancio si rafforza tale raccomandazione.
Indice:
Il lavoro agile nel Decreto Rilancio
L’art. 90 del Decreto Rilancio (Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34 recante "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19"), approvato il 13 maggio scorso dal Consiglio dei Ministri e pubblicato nella notte in Gazzetta Ufficiale disciplina il lavoro agile (nella bozza del D.L. Rilancio era l’art. 96).
Nel primo comma della norma citata, infatti, si prescrive che i lavoratori dipendenti del settore privato “hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali”.
Il diritto al lavoro agile dura fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19.
Ma, sempre in base al dispositivo, non tutti possono lavorare da remoto.
Chi può chiedere di lavorare in smart working
Come detto non tutti i lavoratori possono svolgere la loro attività da remoto.
Per poter usufruire del lavoro agile sono necessari i seguenti requisiti soggettivi:
- essere un dipendente del lavoro privato;
- avere almeno un figlio di età inferiore ai 14 anni;
- nello stesso nucleo familiare l’altro genitore non deve essere disoccupato o beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa.
Il requisito oggettivo riguarda, invece, la tipologia della mansione svolta. E’ possibile lavorare da remoto solamente se l’attività da svolgere non richiede necessariamente la presenza del lavoratore nella sede del posto di lavoro (si pensi, a titolo di esempio, agli operai di una fabbrica di produzione). Come prevede il D.L. Rilancio, lo smart working è possibile “a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
Per quanto riguarda i lavoratori dell’amministrazione pubblica resta fermo ciò che è stato stabilito con l’art. 87 del D.L. “Cura Italia” (Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) che stabilisce come “il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni (…) che, conseguentemente:
a) limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell'emergenza (…).
Smart working: diritto o possibilità?
Il primo comma dell’art. 90 del D.L. Rilancio cita testualmente che “i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 (…) hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali”. Però, l’ultimo periodo dello stesso comma prescrive che lo smart working sia possibile “a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.
Ciò significa che il datore di lavoro potrebbe rifiutare la domanda del dipendente se ritiene che il lavoro non possa essere svolto da remoto, limitando di fatto il diritto del lavoratore. Però, di contro, va detto che il rifiuto deve essere dovuto all’incompatibilità tra la mansione svolta dal lavoratore e lo svolgimento dell’attività lavorativa da remoto e tale incompatibilità deve essere motivata dal datore di lavoro.
E’ evidente che nel caso in cui il dipendente debba operare con l’ausilio di macchinari o attrezzi presenti fisicamente nella sede dell’impresa l’incompatibilità sia palese. Ciò, viceversa, potrebbe non essere così nel caso di lavori impiegatizi.
Smart working: gli strumenti del lavoro
Il secondo comma dell’art. 90 del D.L. Rilancio (D.L. 34/2020) prescrive che “La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro”.
Ciò significa che il lavoratore può utilizzare da remoto sia i mezzi personali (pc, tablet, smartphone, stampanti, ecc…) oppure quelli dati in dotazione dall’azienda.
Ribadiamo che il lavoro agile può essere svolto anche in assenza di accordi individuali, però, anche per regolamentare l’aspetto della dotazione degli strumenti di lavoro, è auspicabile che si sottoscrivano.
Come richiedere di lavorare da remoto
Per accedere al lavoro agile, il lavoratore deve presentare un’apposita domanda al datore di lavoro in cui dichiara:
1. La volontà di voler ricorrere allo smart working;
2. Di avere almeno un figlio di età inferiore ai 14 anni;
3. Che l’altro genitore non risulta disoccupato o beneficiario dei sostegni al reddito citati nei paragrafi precedenti (Cig, Naspi, ecc…);
4. I periodi e la frequenza con i quali si intende svolgere il lavoro da remoto.
Una volta accettata dal datore di lavoro la richiesta del dipendente, occorre procedere con le comunicazioni previste dalla normativa.
Comunicazioni previste per l’avvio dello smart working
Accordato il lavoro agile, il datore di lavoro dovrà firmare e far firmare al dipendente e al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) l’informativa INAIL sulla salute e sicurezza nel lavoro agile disponibile online nel sito dell’Inail.
Dopodiché, sempre il datore di lavoro deve comunicare “al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in via telematica, i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali” (art. 90, comma 3, D.L. 34/2020). La comunicazione deve avvenire, dunque, in via telematica attraverso il link servizi.lavoro.gov.it.
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