Stalking: supera l’esame di costituzionalità
La Corte Costituzionale dichiara infondato il dubbio di costituzionalità sul reato di Stalking avanzato dal Tribunale di Trapani
Con la recente sentenza n. 172 dell’11 giugno 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale avanzata dal Tribunale ordinario di Trapani, sezione distaccata di Alcamo, secondo il quale l’art. 612-bis del Codice Penale che disciplina il reato di Stalking, sarebbe incostituzionale in quanto palesemente in contrasto con il principio di determinatezza delle fattispecie penali.
Innanzitutto, l’art. 612-bis, primo comma, del Codice Penale afferma che: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita". Va sottolineato anche che la pena massima di quattro anni di reclusione è stata innalzata a cinque anni dall’art.1-bis, comma 1, del D.L. 78/2013 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge 97/2013.
Ma tornando al tema dell’incostituzionalità, per il Tribunale di Trapani, tale norma non definisce in modo "sufficientemente determinato il minimum della condotta intrusiva temporalmente necessaria e sufficiente affinché possa dirsi integrata la persecuzione penalmente rilevante". In parole semplici, i giudici siciliani affermano che l’articolo 612-bis del Codice Penale non fissa chiaramente i presupposti per definire con certezza cosa si intenda per condotte reiterate, minacce o molestie. Secondo il Tribunale di Trapani non sarebbero neppure determinati i concetti di "perdurante e grave stato di ansia o di paura" e di "fondato timore per l'incolumità". Infine, sarebbe troppo discrezionale anche il concetto di alterazione delle "abitudini di vita".
La tesi dei giudici di Trapani è stata rigettata dalla Corte Costituzionale secondo la quale l’art. 612-bis è, invece, costituzionale. Nella sentenza, infatti, si legge che: "Il fatto che il legislatore, nel definire le condotte e gli eventi, abbia fatto ricorso a una enunciazione sintetica della norma incriminatrice - come avviene, del resto, nella gran parte dei Paesi dove è stata adottata una normativa cosiddetta "anti-stalking" - e non abbia adottato, invece, una tecnica analitica di enumerazione dei comportamenti sanzionati, non comporta, di per sé, un vizio di indeterminatezza, purché attraverso l’interpretazione integrata, sistemica e teleologica, si pervenga alla individuazione di un significato chiaro, intelligibile e preciso dell’enunciato". E ancora: "Il principio di determinatezza non esclude, infatti, l’ammissibilità di formule elastiche, alle quali non infrequentemente il legislatore deve ricorrere stante la impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a "giustificare" l’inosservanza del precetto e la cui valenza riceve adeguata luce dalla finalità dell’incriminazione e dal quadro normativo su cui essa si innesta".
Per quanto riguarda il concetto di "reiterazione", la Corte chiarisce che sono necessari almeno due episodi di minacce o molestie che devono, comunque cagionare "un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero ingenerare un fondato timore". L’ansia, la paura e il fondato timore per l’incolumità, infine, possono essere accertati in sede di processo. Infatti, nella sentenza si legge: "Quanto al «perdurante e grave stato di ansia e di paura» e al «fondato timore per l’incolumità», trattandosi di eventi che riguardano la sfera emotiva e psicologica, essi debbono essere accertati attraverso un’accurata osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alle condotte dell’agente, che denotino una apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima".
Innanzitutto, l’art. 612-bis, primo comma, del Codice Penale afferma che: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita". Va sottolineato anche che la pena massima di quattro anni di reclusione è stata innalzata a cinque anni dall’art.1-bis, comma 1, del D.L. 78/2013 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge 97/2013.
Ma tornando al tema dell’incostituzionalità, per il Tribunale di Trapani, tale norma non definisce in modo "sufficientemente determinato il minimum della condotta intrusiva temporalmente necessaria e sufficiente affinché possa dirsi integrata la persecuzione penalmente rilevante". In parole semplici, i giudici siciliani affermano che l’articolo 612-bis del Codice Penale non fissa chiaramente i presupposti per definire con certezza cosa si intenda per condotte reiterate, minacce o molestie. Secondo il Tribunale di Trapani non sarebbero neppure determinati i concetti di "perdurante e grave stato di ansia o di paura" e di "fondato timore per l'incolumità". Infine, sarebbe troppo discrezionale anche il concetto di alterazione delle "abitudini di vita".
La tesi dei giudici di Trapani è stata rigettata dalla Corte Costituzionale secondo la quale l’art. 612-bis è, invece, costituzionale. Nella sentenza, infatti, si legge che: "Il fatto che il legislatore, nel definire le condotte e gli eventi, abbia fatto ricorso a una enunciazione sintetica della norma incriminatrice - come avviene, del resto, nella gran parte dei Paesi dove è stata adottata una normativa cosiddetta "anti-stalking" - e non abbia adottato, invece, una tecnica analitica di enumerazione dei comportamenti sanzionati, non comporta, di per sé, un vizio di indeterminatezza, purché attraverso l’interpretazione integrata, sistemica e teleologica, si pervenga alla individuazione di un significato chiaro, intelligibile e preciso dell’enunciato". E ancora: "Il principio di determinatezza non esclude, infatti, l’ammissibilità di formule elastiche, alle quali non infrequentemente il legislatore deve ricorrere stante la impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a "giustificare" l’inosservanza del precetto e la cui valenza riceve adeguata luce dalla finalità dell’incriminazione e dal quadro normativo su cui essa si innesta".
Per quanto riguarda il concetto di "reiterazione", la Corte chiarisce che sono necessari almeno due episodi di minacce o molestie che devono, comunque cagionare "un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero ingenerare un fondato timore". L’ansia, la paura e il fondato timore per l’incolumità, infine, possono essere accertati in sede di processo. Infatti, nella sentenza si legge: "Quanto al «perdurante e grave stato di ansia e di paura» e al «fondato timore per l’incolumità», trattandosi di eventi che riguardano la sfera emotiva e psicologica, essi debbono essere accertati attraverso un’accurata osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alle condotte dell’agente, che denotino una apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima".
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