Trasferta di lavoro “strutturale” dei dipendenti, quale regime contributivo?


L’inps torna a chiarire chi siano i cosiddetti lavoratori “trasfertisti” e quale sia la corretta disciplina contributiva da applicare
Trasferta di lavoro “strutturale” dei dipendenti, quale regime contributivo?

Il dipendente può essere trasferito dal datore di lavoro in un’altra sede dell’azienda che abbia ubicazione differente. Tale trasferimento può avere natura transitoria oppure “strutturale o per contratto”. In quest’ultimo caso si parla dei cosiddetti lavoratori trasfertisti, ovvero quei dipendenti che, per lo svolgimento della loro attività, sono tenuti a spostarsi periodicamente in luoghi differenti.

L’Inps, attraverso la circolare n. 158 del 23 dicembre 2019, ha fornito chiarimenti in merito agli elementi identificativi del cosiddetto trasfertismo e al corretto regime contributivo da applicare.

Da un punto di vita normativo, la differenza tra un trasferimento “occasionale” e uno “strutturale” è importante poiché si applicano differenti discipline contributive e fiscali previste dal DPR 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero il TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi).

Infatti, il comma 5 dell’articolo 51 del TUIR (così come novellato dal decreto legislativo n. 314/1997) disciplina l’imponibilità dei rimborsi delle spese di trasferta del dipendente (vitto, alloggio, trasporto, ecc…) prevedendo esenzioni giornaliere differenti a seconda che la trasferta sia in altro Comune italiano o all’estero. Sono, invece, totalmente imponibili le spese di trasferta all’interno dello stesso Comune della sede di lavoro.

Il comma 6 dell’articolo 51 del TUIR (così come novellato dal decreto legislativo n. 314/1997) disciplina, invece, le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, dunque di quei lavoratori dipendenti che, per svolgere la loro mansione, sono tenuti a spostamenti e trasferimenti strutturali e previsti dal contratto. Per loro la disciplina fiscale è differente e il comma 6 prevede sempre l’imponibilità del 50% delle indennità e dei premi, anche se corrisposti con carattere di continuità.

Dunque, si può intuire come il comma 5 dell’art. 51 disciplini il regime fiscale delle indennità dei dipendenti in trasferta “occasionale”, mentre il comma 6 della stessa norma si rivolga ai trasfertisti “strutturali”.

 

Chi sono i lavoratori trasfertisti?

Chi sono, dunque, i lavoratori in trasferta strutturale a cui applicare l’imponibilità del 50% sulle indennità e sule maggiorazioni? Lo stesso comma 6, art. 51, afferma che devono essere individuati per decreto dal Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Però, tale decreto non è stato adottato e dunque, gli elementi per individuare chi sia il dipendente trasfertista li ha forniti l’Inps nel messaggio n. 27271 del 5 dicembre 2008 e ribaditi con la recente circolare n. 158 del 23 dicembre 2019. Gli elementi individuati, quindi, sono:

1.    La mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell'attività lavorativa e non quello di assunzione (quest'ultimo, infatti, può non coincidere con quello di svolgimento del lavoro);

2.    Lo svolgimento di una attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente (ossia lo spostamento costituisce contenuto ordinario della prestazione di lavoro);

3.    La corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa vale a dire non strettamente legata alla trasferta poiché attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.

Solo recentemente è intervenuto il legislatore con l’articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016, che ha individuato gli elementi del trasfertismo strutturale e indicato come disciplina residuale, in caso di mancata applicazione del trasfertismo, quella prevista nel comma 5 dell’articolo 51 TUIR.

Il primo comma dell’art. 7-quinquies del decreto-legge n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225/2016, dispone che gli elementi per individuare il lavoratore in trasferta strutturale siano (in armonia con quanto individuato dall’Inps):

a)  la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

b)  lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

c)  la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

 

Qual è la disciplina contributiva del lavoratore in trasferta strutturale?

Il secondo comma dell’art. 7-quinquies del decreto-legge n. 193/2016 recita:

"Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo (art. 7-quinquies del decreto-legge n. 193/2016, ndr), non è applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell'articolo 51 del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è riconosciuto il trattamento previsto per le indennità di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51”.

Dunque, per tale tipologia di lavoratori si deve applicare la disciplina del comma 6 dell’art. 51 del TUIR che prevede l’imponibilità del 50% sulle indennità e le maggiorazioni legate alla trasferta strutturale del dipendente.

 

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