UE, split payment fino alla fine del 2017
L’UE ha autorizzato l’Italia ad adottare lo split payment solo temporaneamente in nome del grave problema dell’evasione fiscale
Come è ormai ampiamente risaputo, con la Finanziaria 2015 è stato introdotto il c.d. "split payment", ovvero il sistema fiscale in base al quale, nel caso di cessione di beni o di prestazione di servizi a un qualsiasi ente della Pubblica Amministrazione, è quest’ultimo a dover provvedere a versare direttamente l’Iva all’Erario e non, in maniera indiretta, il cedente il bene o la prestazione del servizio, a titolo di IVA a debito. Va fatta una piccola precisazione in merito: lo split payment non si applica nel caso in cui a fornire le prestazioni siano i lavoratori autonomi assoggettati a ritenuta alla fonte.
Detto questo, lo split payment è stato introdotto dal Legislatore italiano per contrastare il fenomeno, purtroppo consolidato, dell’evasione fiscale nel nostro Paese.E purtroppo, vien da dire con amarezza, è anche questo il motivo che sta alla base della decisione dell’UE di autorizzare il metodo dello split payment in Italia.
Va detto, infatti, che lo split payment non è compreso tra i metodi previsti dalla normativa comunitaria (Direttiva n. 2006/112/CE) e come tale, per essere introdotto, aveva necessariamente bisogno di ottenere una specifica autorizzazione in deroga da parte dell’Unione Europea. Il nostro Legislatore ha deciso di "anticipare" l’introduzione dello split payment con la speranza di ottenere un via libera europeo successivo.
Speranza che è stata soddisfatta recentemente. Infatti, il Consiglio UE, con la decisione del 14 luglio 2015 n.2015/1401 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 18 agosto 2015 n.217, ha autorizzato l’Italia ad adottare lo split payment a causa dei "considerevoli fenomeni di evasione fiscale per quanto riguarda le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore delle pubbliche amministrazioni".
L’autorizzazione, però, non è definitiva, ma temporanea. L’Italia potrà adottare lo split payment soltanto dall’1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2017. Dopo non potrà chiedere il rinnovo dell’autorizzazione. Tale diniego è motivato dal fatto che l’obbligo di introduzione della fatturazione elettronica, sia già di per sé uno strumento atto - secondo la UE - a garantire i controlli dei dati. Inoltre, entro la fine di giugno del prossimo anno, l’Italia dovrà presentare alla Commissione UE una relazione sulla situazione generale e i risultati ottenuti.
Detto questo, lo split payment è stato introdotto dal Legislatore italiano per contrastare il fenomeno, purtroppo consolidato, dell’evasione fiscale nel nostro Paese.E purtroppo, vien da dire con amarezza, è anche questo il motivo che sta alla base della decisione dell’UE di autorizzare il metodo dello split payment in Italia.
Va detto, infatti, che lo split payment non è compreso tra i metodi previsti dalla normativa comunitaria (Direttiva n. 2006/112/CE) e come tale, per essere introdotto, aveva necessariamente bisogno di ottenere una specifica autorizzazione in deroga da parte dell’Unione Europea. Il nostro Legislatore ha deciso di "anticipare" l’introduzione dello split payment con la speranza di ottenere un via libera europeo successivo.
Speranza che è stata soddisfatta recentemente. Infatti, il Consiglio UE, con la decisione del 14 luglio 2015 n.2015/1401 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 18 agosto 2015 n.217, ha autorizzato l’Italia ad adottare lo split payment a causa dei "considerevoli fenomeni di evasione fiscale per quanto riguarda le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore delle pubbliche amministrazioni".
L’autorizzazione, però, non è definitiva, ma temporanea. L’Italia potrà adottare lo split payment soltanto dall’1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2017. Dopo non potrà chiedere il rinnovo dell’autorizzazione. Tale diniego è motivato dal fatto che l’obbligo di introduzione della fatturazione elettronica, sia già di per sé uno strumento atto - secondo la UE - a garantire i controlli dei dati. Inoltre, entro la fine di giugno del prossimo anno, l’Italia dovrà presentare alla Commissione UE una relazione sulla situazione generale e i risultati ottenuti.
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