Vendita prima casa entro 5 anni, l’aliquota sale dal 20% al 26%

Certamente la misura non è definitiva né certa poiché il Disegno di Legge di Bilancio 2020 deve ancora essere approvato dal Parlamento e potrebbero esserci modifiche, ma di fatto al momento è inserita nel documento bollinato dalla Ragioneria dello Stato.
Stiamo parlando dell’incremento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva da applicare sulle plusvalenze nel caso in cui si venda la prima casa entro i cinque anni dalla sua costruzione o dal suo acquisto.
La norma che prevede tale rialzo è il comma 3 dell’art. 89 del DDL di Bilancio 2020 che recita: <<Al comma 496, dell'articolo l, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 le parole "del 20 per cento" sono sostituite con "del 26 per cento">>.
Per capire meglio, andiamo con ordine.
La legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 496, Legge 23 dicembre 2005, n. 266) stabiliva inizialmente che “In caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, e di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, all’atto della cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, in deroga alla disciplina di cui all’articolo 67, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sulle plusvalenze realizzate si applica un’imposta, sostituiva dell’imposta sul reddito, del 12,50 per cento”.
L’anno dopo, con la Legge finanziaria del 2007 (art. 1, comma 310, Legge n. 296 del 2006) il comma 496 della Legge finanziaria 2006 è stato modificato facendo lievitare l’aliquota sostitutiva dal 12,50% al 20%. Da allora, non vi è stata alcun altra modifica.
Adesso, con il DDL di Bilancio 2020 il governo vuole rimettere mano sulla percentuale dell’aliquota aumentandola dall’attuale 20% al 26%.
La motivazione della decisione sembrerebbe essere quella di allineare l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza derivante dalla cessione della prima casa entro i 5 anni dall’acquisto o dalla sua costruzione a quella applicata sulle plusvalenze delle rendite finanziarie.
Sul piano pratico, però, i risvolti sono due:
1. L’aliquota al 26% potrebbe avere meno appeal rispetto all’imposta ordinaria Irpef a scaglioni;
2. Sarebbero avvantaggiati solo coloro che rientrano negli scaglioni Irpef più alti.
Per capirne i risvolti pratici sopra elencati occorre preliminarmente ricordare che l’applicazione dell’aliquota sostitutiva Irpef è facoltativa e non obbligatoria; dunque, chi vende la casa entro i 5 anni dalla sua costruzione o dal suo acquisto può scegliere se sulla eventuale plusvalenza realizzata (ovvero la differenza tra quanto pagato e quanto incassato successivamente dalla vendita) è meglio applicare l’aliquota sostitutiva dell’Irpef (oggi pari al 20%) oppure l’aliquota Irpef progressiva che varia dal 23% al 43% in base ai redditi percepiti.
E’ evidente che oggi, l’aliquota del 20% è conveniente anche per chi ha dei redditi bassi ed è ricompreso nello scaglione inferiore Irpef (quello del 23%) perché pagherebbe il 3% in meno sulle plusvalenze.
Con l’innalzamento della percentuale al 26%, l’aliquota sostitutiva diventerebbe meno conveniente per chi appartiene al primo scaglione Irpef e il venditore dovrebbe pagare il 3% in più sulle plusvalenze (al posto di applicare la nuova aliquota sostitutiva del 26% sarebbe più conveniente applicare quella Irpef del 23%, seppur più elevata rispetto alla precedente del 20%).
Anche chi rientra negli scaglioni più elevati (dal 27% al 43%) dovrebbe sborsare di più a titolo di tassazione delle plusvalenze, ma soprattutto per chi appartiene ai tre scaglioni più elevati (38%, 41% e 43%), la convenienza resterebbe quella di applicare l’aliquota sostitutiva.
Articolo del: