Finanza, il 2019 registra un buon inizio!
Il nuovo anno sembra partito come se nulla fosse accaduto negli ultimi 3 mesi.
Le prime due settimane del 2019 fanno segnare un +3% di media su quasi tutti i mercati, in particolare negli USA che tanto ha influito negativamente alla fine del 2018.
Cosa è cambiato?
Nulla dal punto di vista sostanziale, la crescita economica è solida soprattutto nei due mercati principali USA e Cina e l’inizio del 2019 ha fatto registrare negli USA l’ennesimo record di crescita dell’occupazione nel IV trimestre 2018 con 312.000 nuovi occupati anziché i 160.000 previsti dagli analisti.
Dal punto di vista dei fondamentali dell’economia, quindi, era corretto pensare a crescite nei corsi azionari o a rimbalzi di fine anno e invece c’è stato una durissima correzione.
Quindi come si conciliano i dati fondamentali dell’economia con l’andamento così negativo delle Borse?
Fondamentalmente si è trattato di nodi politici che si sono aggrovigliati uno dietro l’altro e hanno fatto temere ai grandi operatori che una recessione importante fosse alle porte. Pertanto possiamo riassumere i nodi che hanno danneggiato le borse in:
- politica dei dazi in alcune economie;
- le polemiche tra Trump e la FED con le esternazioni circa i licenziamenti;
- le incertezze europee.
I mercati mi sembra siano in attesa. Se si valutano i rapporti p/e come avviene usualmente, dovremmo pensare ad una ripresa anche forte delle borse considerando che qualunque area geografica si valuti, abbiamo mercati sottovalutati o fortemente sottovalutati.
L’indice Vix che misura il nervosismo degli operatori di Borsa appare diretto nuovamente verso valori abbastanza tranquilli. Viceversa, restano da risolvere i nodi politici. Soprattutto la volontà effettiva di fare un passo indietro nell’imposizione dei dazi dovrebbe essere il punto di ripresa definitiva dei mercati. Farebbe di colpo passare i timori di rallentamento delle economie e riporterebbe in positivo l’andamento dei Pil che negli ultimi trimestri sono arretrati.
Dal lato obbligazionario appare in ripresa l’area dei Paesi emergenti dopo le perdite del 2018 e sembra positivo l’andamento dell’obbligazionario USA ora che il dollaro sembra aver raggiunto valori stabili. Ancora molti dubbi sull’area Euro perché, da una parte si dà per scontato un rialzo dei tassi non appena finisce il mandato di Draghi, dall’altra, visto il rallentamento in atto nelle principali aree economiche e l’inflazione di nuovo stagnante verso valori molto inferiori al target del 2%, non si vede proprio la giustificazione di un rialzo dei tassi per quanto minimo.
Manteniamo, quindi, un certo ottimismo in virtù del fatto che siamo fiduciosi che anche il politico più imprevedibile alla fin fine deve prendere decisioni sensate.
Roberto Galasso
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