Abuso dei mezzi di correzione in danno al minore
Minore colpito ripetutamente sulla schiena, alle gambe e al capo con un battipanni e un mattarello
Con sentenza emessa in data 01 giugno 2016, la Corte di Appello di Torino confermava la Sentenza pronunciata dal Tribunale di Cuneo che aveva condannato una donna per il reato di cui all'Art. 571, primo e secondo comma, Cod. Pen., per aver ripetutamente abusato dei mezzi di correzione in danno a un minore, affidato a lei e al marito dal Tribunale per i minorenni, colpito ripetutamente sulla schiena, alle gambe e al capo utilizzando un battipanni e un mattarello.
Avverso tale Sentenza, la donna presentava ricorso per cassazione lamentando la mancata riqualificazione del fatto in termini di lesioni personali lievi invece che di abuso dei mezzi di correzione.
Con Sentenza n. 2669 del 19 Gennaio 2017, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione dichiarava infondate le censure formulate nel ricorso, precisando che:
"...la compatibilità dell'esercizio di una forma episodica di violenza fisica con il delitto di abuso dei mezzi di correzione è coerente con la previsione del secondo comma dell'art. 571 Cod. Pen., che contempla un'aggravante del reato in questione se dallo stesso deriva una lesione personale o, addirittura, la morte. Queste conseguenze, soprattutto la più estrema, assai difficilmente appaiono determinabili dall'uso di mezzi di correzione non violenti. La pratica impossibilità di ipotizzare tali fattispecie, però, renderebbe priva di significato la previsione normativa, in contrasto con l'elementare principio ermeneutico secondo cui ad ogni disposizione normativa deve assicurarsi un significato di qualche utilità applicativa. Nella vicenda in esame, la sentenza impugnata rappresenta che, almeno in una occasione, l'imputata ha percosso il bambino, colpendolo ripetutamente con un battipanni sulla schiena, le gambe e il capo, cagionandogli ecchimosi costituenti lesioni personali lievi, qualificate dal personale medico del Pronto soccorso come politraumatismo da maltrattamento. Tale situazione fattuale, definita incontroversa dalla Corte di Appello, non è stata concretamente posta in discussione dalla difesa nel ricorso per Cassazione. Corretta, allora, deve ritenersi la qualificazione giuridica del fatto in termini di abuso dei mezzi di correzione...".
Incidentalmente, prosegue la Suprema Corte, si osserva che, se pure si accogliesse la richiesta di riqualificazione del reato avanzata dalla difesa, il fatto sarebbe comunque perseguibile di Ufficio, perché si tratterebbe di lesioni cagionate con l'uso di armi. Nella specie, come risulta contestato nel capo di imputazione ed accertato nelle Sentenze di merito, l'imputata aveva cagionato le lesioni facendo uso del battipanni, oggetto certamente atto ad offendere e non suscettibile di essere portato in luogo pubblico o aperto al pubblico senza giustificato motivo.
Avverso tale Sentenza, la donna presentava ricorso per cassazione lamentando la mancata riqualificazione del fatto in termini di lesioni personali lievi invece che di abuso dei mezzi di correzione.
Con Sentenza n. 2669 del 19 Gennaio 2017, la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione dichiarava infondate le censure formulate nel ricorso, precisando che:
"...la compatibilità dell'esercizio di una forma episodica di violenza fisica con il delitto di abuso dei mezzi di correzione è coerente con la previsione del secondo comma dell'art. 571 Cod. Pen., che contempla un'aggravante del reato in questione se dallo stesso deriva una lesione personale o, addirittura, la morte. Queste conseguenze, soprattutto la più estrema, assai difficilmente appaiono determinabili dall'uso di mezzi di correzione non violenti. La pratica impossibilità di ipotizzare tali fattispecie, però, renderebbe priva di significato la previsione normativa, in contrasto con l'elementare principio ermeneutico secondo cui ad ogni disposizione normativa deve assicurarsi un significato di qualche utilità applicativa. Nella vicenda in esame, la sentenza impugnata rappresenta che, almeno in una occasione, l'imputata ha percosso il bambino, colpendolo ripetutamente con un battipanni sulla schiena, le gambe e il capo, cagionandogli ecchimosi costituenti lesioni personali lievi, qualificate dal personale medico del Pronto soccorso come politraumatismo da maltrattamento. Tale situazione fattuale, definita incontroversa dalla Corte di Appello, non è stata concretamente posta in discussione dalla difesa nel ricorso per Cassazione. Corretta, allora, deve ritenersi la qualificazione giuridica del fatto in termini di abuso dei mezzi di correzione...".
Incidentalmente, prosegue la Suprema Corte, si osserva che, se pure si accogliesse la richiesta di riqualificazione del reato avanzata dalla difesa, il fatto sarebbe comunque perseguibile di Ufficio, perché si tratterebbe di lesioni cagionate con l'uso di armi. Nella specie, come risulta contestato nel capo di imputazione ed accertato nelle Sentenze di merito, l'imputata aveva cagionato le lesioni facendo uso del battipanni, oggetto certamente atto ad offendere e non suscettibile di essere portato in luogo pubblico o aperto al pubblico senza giustificato motivo.
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