Accertamento tecnico preventivo in materia di invalidità civile

Dopo aver discusso dei presupposti dell’indennità di accompagnamento, appare utile proseguire la discussione, in materia di tutela dell’invalidità civile, sui rimedi di tipo processuale.
Il verbale delle commissioni che riconosce o meno l’invalidità civile, la disabilità e l’handicap può essere impugnato entro centottanta giorni davanti al Giudice del Lavoro.
L’articolo 38 del D.l. 06 Luglio 2011 n. 98, introduce nel codice di procedura civile il nuovo articolo 445 bis c.p.c., ossia l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio.
La nuova disciplina è entrata in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2012.
L’espletamento di questo accertamento tecnico preventivo è condizione di procedibilità della domanda diretta al riconoscimento delle prestazioni.
L’articolo 445 bis c.p.c. prevede che l’interessato, per il riconoscimento dei propri diritti in materia di invalidità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, deve depositare, presso la cancelleria del Tribunale nel cui circondario risiede, un’istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa che intende far valere davanti al giudice; tale istanza rappresenta atto interruttivo della prescrizione e vale anche ai fini del rispetto dei termini decadenziali previsti dalle disposizioni vigenti.
Il Giudice, all’udienza di comparizione, nomina il consulente tecnico d’ufficio conferendogli l’incarico di espletare la visita medica.
L’istituto, senz’altro, è una agevolazione per il riconoscimento dello stato di invalidità.
Di più, consente un giudizio equidistante anche dalle commissioni INPS, di modo tale che, la terzietà del perito, nominato dal Tribunale, permetta un giudizio certo sui requisiti e sui presupposti, anche al fine di domandare giudizialmente, con ricorso, una tutela di uno stato invalidante.
Per tale motivo, le questioni di costituzionalità che sono state proposte relativamente a detto istituto, alla fine hanno, di fatto, ampliato le maglie per ricorrere a detto istituto, specificando, proprio, che la proponibilità di tale rimedio non deve contrastare con il diritto di difesa costituzionalmente garantito.
Più specificatamente, infatti, il Giudice delle leggi ha stabilito che “la determinazione concreta di modalità e oneri non deve rendere difficile o impossibile l’esercizio del diritto” (C.f.r.: Staiano: pag. 281 ss. Manuale pratico per invalidità civile, autismo, disabilità e handicap, ed. Maggioli).
Nella pratica, difatti, forse anche a motivo del fatto che l’istituto e le relative questioni sono abbastanza giovani, capita di vedere difese dell’istituto previdenziale volte a censurare la natura prevalentemente esplorativa, cioè finalizzata all’accertamento dello stato invalidante, del ricorso.
Poco si comprende in merito alle suddette censure.
Sia perché il perito, nominato dal Tribunale, ha la specifica funzione di accertare lo stato invalidante, ma proprio per la ratio dell’istituto, sottesa al reale e concreto accertamento dei presupposti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni.
Peraltro, sempre nella prassi, semmai il problema concreto sono gli orientamenti di ciascun giudicante: accanto al giudice che fa discutere delle questioni sottese alla controversia, c’è quello che si attiene più agli aspetti di tipo procedurale, procedendo a una rapida nomina del c.t.u..
Certo che le questioni, anche in sede di a.t.p. vanno sempre affrontate.
E’ il principio della domanda giudiziale.
Tuttavia, ritenere che tale istituto abbia natura esplorativa, forse denota ancora una mancanza di rodaggio nelle aule giudiziali.
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