Accesso al credito, come tutelarsi da garanzie richieste dalla banca

Quando si parla di banche, affidarsi al fai da te o al sentito dire può costare caro, nel vero senso della parola.
Mi è capitato spesso negli ultimi anni, come avvocato e consulente, di prestare assistenza a clienti che mi chiedevano di impostare operazioni di accesso al credito per le più disparate esigenze, dall’acquisto immobiliare al finanziamento di attività d’impresa e di partire da una condizione di svantaggio nei confronti della banca per una non ottimale valutazione del correntista, solitamente percepito dall’istituto bancario come soggetto a rischio.
Indice:
1. Il rapporto tra l'accesso al credito e le garanzie
È fondamentale premettere che un correntista avveduto oggi non può non sapere che il rapporto garanzie/credito è notevolmente cambiato rispetto a 20/30 anni fa; fino ad allora, le banche avevano continuato a ritenere fondamentale per la erogazione di un credito di qualsiasi tipo l’aspetto delle garanzie, perché queste potevano mettere al riparo il soggetto finanziante dal rischio di mancato recupero del prestito, laddove la garanzia principale restava quel buon andamento di cassa e quella ordinaria circolazione della moneta che garantivano nella sostanza e non nella forma le operazioni di prestito.
Oggi che i bilanci delle banche sono pieni di immobili e le stesse risultano patrimonializzate, ma in realtà svuotate di valore per la nota difficoltà di rimettere sul mercato le garanzie immobiliari e ritrasformarle in danaro, l’aspetto delle garanzie che di fatto si assicurano mediante l’accensione di un’ipoteca sull’immobile del richiedente il finanziamento o del terzo datore di ipoteca che funge da garante rivestono una particolare importanza nella misura in cui ribaltano il rapporto credito/garanzia.
In sostanza, una banca a cui ci si rivolga per una concessione di credito guarderà nell’ordine, la qualità del soggetto richiedente intesa come storicità, affidabilità nelle pregresse operazioni, poi passerà all’analisi del rating, quindi alla valutazione di quegli indicatori che rivelano la salute del conto corrente, quali gli andamentali di cassa, cioè le entrate e le uscite del conto corrente e la tipologia delle stesse; ancora, valuterà il rapporto debito/credito, inteso come capacità di indebitamento e di restituzione da parte del soggetto richiedente della somma oggetto di contratto.
Nell’esame del dossier di quel cliente la banca, fatte le analisi preliminari, si preoccuperà di indagare se quel tipo di attività per cui viene richiesto il finanziamento, ha delle potenzialità che rendano non “a rischio” l’operazione.
Nel farlo chiederà un business plan, cioè un piano economico-finanziario da cui risulti con chiarezza il tipo di attività che si svolge, gli obiettivi dell’imprenditore, gli strumenti di cui si dispone per il raggiungimento degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, i risultati raggiungibili secondo previsione ed anche i piani alternativi da porre in essere laddove quelle previsioni di piano non si verifichino in tutto o in parte.
Come è immaginabile non si tratta di attività da sognatori: un uomo di banca il cui compito principale è di non far perdere soldi al proprio datore di lavoro vorrà conoscere ogni aspetto dell’attività o dell’operazione che dovrebbe finanziare e per questo dovrete preoccuparvi voi per primi di scrivere e conoscere ogni aspetto del business plan che non è come tale attività delegabile al commercialista. Semmai quest’ultimo potrà aiutarvi a rendere nella migliore forma il vostro piano, ma i conti veri li deve conoscere il richiedente perché questa è la vera garanzia per la banca.
Come avrete notato da quanto fino ad ora evidenziato, nell’affrontare la questione garanzie bancarie di tutto si è parlato meno che della garanzia in quanto tale. Questo perché nella realtà e nelle dinamiche di accesso al credito, nella valutazione della bontà dell’operazione l’aspetto garanzie viene affrontato solo alla fine, quando l’operazione sta in piedi già da sola.
A quel punto la banca si tutela con una garanzia la cui misura varia a seconda di quanto è grande il gap da colmare nella capacità di restituzione del danaro richiesto. State sicuri che laddove il finanziatore si accorga che l’operazione ha degli elevati profili di rischio, pur nella meritevolezza creditizia del richiedente, o desisterà nella concessione o aumenterà la garanzia a sostegno.
2. Le garanzie richieste dalla banca
Veniamo all’argomento specifico della “garanzia”: possiamo classificare le garanzie in interne ed esterne. Nella prima categoria rientrano quelle forme di garanzia in cui è lo stesso richiedente: il mutuo o il finanziamento a fornire gli elementi che sono presi appunto a garanzia del prestito, ad esempio un titolo di credito come la cambiale, una garanzia personale come la fideiussione, una garanzia reale come l’ipoteca immobiliare.
Nella seconda categoria rientrano quelle forme di garanzia in cui soggetti esterni si sostituiscono al richiedente la misura creditizia garantendo in tutto o in parte il prestito o l’operazione finanziaria e agevolando di fatto l’accesso al credito da parte dell’utente che è assistito nel fornire la garanzia: è il caso dei Confidi oppure del Medio credito centrale.
2.1. Cos'è il Confidi?
Confidi è l’acronimo di consorzio di garanzia collettiva dei fidi e ha in sostanza la funzione di agevolare le PMI nell’accesso al credito fornendo una garanzia in sostituzione del richiedente; solitamente il Confidi assume una obbligazione di garanzia nei confronti della Banca in misura percentuale rispetto al prestito erogato proprio perché ha una funzione ausiliaria dell’utente bancario e non di sostituzione assoluta.
La garanzia opera, o dovrebbe operare, come leva finanziaria anche nella fase della istruttoria bancaria in quanto, lo stesso fatto che il richiedente sia iscritto al Confidi significa che ha caratteristiche di affidabilità tali da poterlo ritenere un cliente a minor rischio anche per l’istituto di credito chiamato ad erogare.
In concreto, la garanzia sarà utilizzata dalla banca nella ipotesi di mancato pagamento del debito da parte dell’utente. In tal caso la maggior parte delle garanzie prevede che vi sia una obbligazione solidale assunta in sede contrattuale verso la banca da parte del consorzio fidi e dell’associato.
Nell’ipotesi in cui vi sia un incaglio o una sofferenza bancaria che si verificano, il primo quando non sono state pagate più rate del mutuo o del prestito e la seconda quando vi è la certezza che non si tratti più di semplici ritardi ma la condizione di mancato pagamento di più rate è divenuta cronica e apparentemente non risolvibile, la banca chiederà il recupero all’obbligato principale e ove questi non onori il debito, all’obbligato in solido che è appunto il consorzio fidi.
Bisogna prestare attenzione al tipo di contratto che si sottoscrive con il Confidi perché nell’ottica dell’utente bancario il massimo vantaggio si otterrà laddove la garanzia possa essere fruita in modo ampio e, quindi, ove la stessa preveda il dovere per la Banca di escutere il Confidi in sostituzione dell’utente bancario. In questa ipotesi si è quasi in presenza di in un contratto con l’associato che assume per alcuni aspetti i vantaggi del contratto assicurativo. Nella maggior parte dei casi, però, i contratti stipulati dai confidi prevedono una seconda escussione e, quindi, attuano la garanzia solo in via sussidiaria e cioè laddove l’utente bancario, benché sollecitato dalla banca anche con azioni giudiziarie, non restituisca il capitale. A mio avviso questa seconda forma di garanzia, più diffusa della prima, è anche quella più rispettosa delle obbligazioni assunte tra le parti perché opera solo nell’ipotesi di mancato pagamento del debito da parte di chi lo ha effettivamente contratto. Se così non fosse i consorzi assumerebbero rischi di impresa che sono estranei allo scopo mutualistico del consorzio stesso.
2.2 Cos'è il Medio Credito Centrale?
Il Medio Credito Centrale SPA, invece è una vera e propria banca operante soprattutto nell’ottica del miglioramento delle imprese del mezzogiorno d’Italia mediante l’agevolazione dell’accesso al credito, che presta una garanzia diretta in favore dell’utente bancario garantendo nella misura massima dell’80% prestiti bancari non superiori ai 2,5 milioni di euro.
La garanzia può essere anche indiretta e cioè non prestata a favore dell’obbligato principale e del suo prestito, ma del Confidi mediante il meccanismo della riassicurazione laddove sarà il Confidi ad essere garantito dal Medio Credito Centrale in caso di mancato pagamento del debito. In entrambi i casi il meccanismo ha come scopo quello di alleggerire il rischio di impresa della banca e considerare l’utente come un cliente affidabile e l’operazione proposta come a minor rischio indebito.
In casi eccezionali, come quello della emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus Covid -19 si è arrivati ad estendere la garanzia del Medio Credito Centrale al 100% dell’importo erogato in favore della partita Iva richiedente il che per alcuni aspetti ha tranquillizzato la Banca nella erogazione.
Come abbiamo prima evidenziato le garanzie di cui discutiamo hanno una loro valenza concreta nella misura in cui l’utente bancario richiedente abbia un suo merito creditizio certo e provi la sua capacità di restituzione del richiesto con un reddito adeguato all’operazione a prescindere dalla garanzia del terzo.
3. Le possibili condotte scorrette da parte delle Banche
Sia nella operatività delle garanzie interne che in quelle esterne possono presentarsi criticità in corso di rapporto laddove il finanziatore sia costretto ad azionare la garanzia: ad esempio laddove un mutuo chirografario sia garantito, come avveniva spesso in passato da una cambiale in bianco, cioè una cambiale che è priva di alcuni elementi quali l’importo e la scadenza, ma è sottoscritta dal debitore, occorrerà verificare se si è in presenza o meno di un accordo di riempimento e cioè se la banca e il cliente abbiano previsto le modalità di riempimento della cambiale in modo certo ed inequivocabile.
Purtroppo le condotte scorrette da parte delle Banche sono state numerose, specie in passato, ma bisogna pur dire che queste sono state possibili nella misura in cui il Cliente, forte di un buon rapporto con la Banca, ha assecondato condotte poco trasparenti o palesemente scorrette con una buona dose di sprovvedutezza da parte dell’utente, specie se la condotta contrattuale di quest’ultimo è analizzata ex post alla luce dell’incrinarsi di quel rapporto bancario che sembrava idilliaco.
Laddove la Banca esibisca a garanzia del proprio credito un titolo come la cambiale, i profili da esaminare in sede di contestazione saranno molteplici e andranno dalla mancanza o dall’abuso dell’accordo di riempimento fino alla mancata esistenza o utilizzabilità del titolo come titolo esecutivo.
È bene ricordare che la cambiale, così come il vaglia cambiario e l’assegno bancario non hanno la qualità di titoli esecutivi ove non siano in regola con il bollo e che l’inefficacia del titolo esecutivo può essere rilevata dal giudice anche d’ufficio, quindi, a prescindere da eccezioni sollevate dalla parte processuale che si veda chiamata in giudizio in forza del ritenuto titolo esecutivo.
È evidente che la questione andrà risolta nelle sedi opportune e con le dovute strategie di tutela dell’utente bancario, anche considerando che un contenzioso determina delle segnalazioni nei sistemi di informazione creditizia che possono avere effetti più deleteri dello stesso contenzioso se non gestiti con la dovuta oculatezza.
Quando in particolare il correntista rilascia a garanzia del credito cambiali in bianco, nella data e nell’importo, il comportamento della banca che ne faccia richiesta è inquadrabile tra le pratiche bancarie scorrette in quanto non conformi ai principi di correttezza e di buona fede cui le banche e le finanziarie devono attenersi nelle relazioni con i propri clienti.
Lo conferma un orientamento dell’Arbitro bancario oramai consolidato e in particolare la decisione n. 3254 del 2013 a cui hanno fatto seguito molte altre in tal senso.
La Banca d’Italia, inoltre, ha più volte ribadito nelle proprie disposizioni l’onere da parte della Banca di inserire in virtù del principio di trasparenza nelle relazioni e negli affari tutte le condizioni di cui la cambiale sicuramente fa parte se prevista nel rapporto contrattuale.
Pertanto, in caso di contenzioso derivante dall’impiego come titolo esecutivo della cambiale non inserita nel contratto di finanziamento, sicuramente il correntista potrà opporsi per carenza del rapporto sostanziale e la prova della riconducibilità della garanzia al contratto incomberà tutta sul creditore.
Il caso della cambiale sopra indicato può essere inquadrato in altra pratica scorretta della Banca che è quella di dotarsi di una garanzia “eccessiva” rispetto all’onere contrattuale assunto dal correntista.
Lo vediamo nei casi più semplici, quali ad esempio quello della richiesta di un mutuo finalizzato all’acquisto di un immobile.
Capitava spesso, soprattutto in passato, ma ancora oggi la pratica è frequente, che a fronte della richiesta di un mutuo di liquidità utilizzato per acquisto casa o anche per scopi diversi, la banca chiedesse oltre alla firma del correntista, garanzie ulteriori e sproporzionate rispetto al credito da garantire.
Il correntista, dal suo canto, avendo come fine immediato l’ottenimento della misura creditizia cede alle richieste della banca che solitamente vengono presentate come condizione indefettibile per la concessione del mutuo.
I casi vanno analizzati con le dovute distinzioni, ma il consiglio che mi sento di dare dopo quasi 20 anni di esperienze vissute in questo settore fuori e dentro i tribunali è di consultare per il medesimo servizio più istituti di credito e di verificare in sostanza di “quanta” garanzia necessita quel credito che si sta chiedendo alla banca dovendo ritenere che quella non dovuta è da considerarsi eccessiva.
È questione di giustizia, ma soprattutto di sostanza in quanto offrire garanzie eccessive rispetto al credito significa non poter accedere ad alcuna forma di credito successivo se non a costo di laboriose e costose operazioni di riduzione e sostituzione delle garanzie che difficilmente la banca accetterà spontaneamente.
In pratica pur di ottenere il mutuo il correntista accetta di far garantire lo stesso da ipoteche non giustificate o dalla firma di congiunti percettori di reddito fisso finendo per bloccare o limitare consistentemente anche la futura possibilità di questi ultimi di accedere al credito.
Il consiglio è di non far fare tutto ai direttori di banca in quanto gli stessi versano in uno stato di palese conflitto di interessi con il correntista dovendo principalmente fare gli interessi della proprietà e, quindi, della Banca.
Sulla questione dell’eccesso della garanzia e sulla sua utilizzabilità si è più volte pronunciata la Suprema Corte di Cassazione.
In particolare con sentenza n. 6533/2016 Sez. III è stato precisato che costituisce abuso di diritto esporre il debitore ad una garanzia eccessiva rispetto al debito. Sempre secondo la Corte, l’art. 2828 c.c. che consente al creditore di iscrivere ipoteca su qualunque immobile del debitore è applicabile a condizione che il valore del bene non ecceda la cautela.
Altro esempio di pratica scorretta bancaria finalizzata a fornire alla Banca una eccessiva garanzia del credito o della posizione debitoria del correntista è quello della cosiddetta “fideiussione omnibus”. Di cosa si tratta?
Si tratta di una garanzia personale originariamente non prevista dal legislatore tra le forme di garanzia tipiche che impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto o assumerà nei confronti del creditore, spesso una banca, in dipendenza di qualsiasi operazione.
Per come è strutturata, tale garanzia differisce dalla fideiussione ordinaria che garantisce solo quel determinato contratto e quella specifica esposizione.
La Cassazione è intervenuta sul tema anche di recente con sentenza n. 13846 del 22.05.2019 a conferma che le garanzie bancarie denominate “fideiussioni omnibus” sono nulle, a seguito di un’accertata intesa anti-concorrenziale raggiunta tra gli istituti bancari sin dal 2003.
La storia e le prassi tendono a ripetersi, specie quando vi è un contraente forte (la Banca) e uno debole (il correntista).
Per arginare il fenomeno dell’abuso di garanzia, nella specie quella della fideiussione omnibus, il legislatore era intervenuto nel 1992 con la Legge n. 154/92 modificando l’art. 1938 del codice civile e stabilendo per le fideiussioni omnibus prestate a garanzie di una obbligazione futura che fosse previsto un tetto massimo.
Nel corso degli anni, però, le prassi bancarie e la tendenza ad elevare tale tetto in modo da far rientrare nella copertura somme anche non proporzionate e prevedibili rispetto alla natura e alla esposizione del contrante bancario al momento della valutazione della garanzia hanno indotto molti giudici di merito, sollecitati dalle istanze giudiziarie avviate dai correntisti, a ritenere che si debba sempre valutare nel merito se la garanzia prestata in favore della banca sia legittima proprio partendo dal contratto sottoscritto e dal profilo del debitore al momento della conclusione del contratto.
La Cassazione con sentenza n. 27005 del 2008 ha a sua volta ribadito la necessità di verificare che l’indicazione di un tetto massimo non si traduca nella sostanza in una limitazione solo apparente che abbia in realtà lo scopo di sovra garantire la banca eludendo il limite della norma.
4. Che cosa insegna la storia bancaria degli ultimi venti anni?
Che non si può essere sprovveduti nei rapporti che di fatto vedono sullo stesso piano un contraente fortemente tecnicizzato che ha dalla sua una contrattualistica a cui il correntista può solo aderire e un contraente debole, a volte reso assai più debole dallo stato di bisogno di accesso al credito e che le operazioni finanziarie richiedono consapevolezza, ma soprattutto strategia di pianificazione e di tutela che non tutti hanno.
Soprassedere su tale fase programmatica significa spesso creare le basi per far sorgere criticità che non solo minano per lungo tempo i rapporti bancari e, quindi, privano, specie quando il correntista fa impresa, l’utente bancario di un fondamentale effetto leva derivante appunto dall’accesso al credito, ma significa molto probabilmente affrontare l’alea di contenziosi bancari che, pur sgraditi, diventano necessari proprio per l’esigenza di tutelare se stessi e i propri patrimoni da attacchi di chi in fondo agisce per perseguire lo stesso obiettivo.
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