Accordi di cooperazione tra Enti pubblici
Breve analisi della giurisprudenza nazionale e comunitaria sugli accordi di cooperazione tra enti pubblici

Ai sensi dell'art. 15 della L. 241/90 le Pubbliche Amministrazioni possono concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività che rivestono un interesse comune. Tale articolo prevede, infatti, che al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 14 (cioè della partecipazione alla conferenza di servizi) "le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune".
Tale previsione normativa si inserisce nell'ambito della più ampia disciplina comunitaria in tema di cooperazione "istituzionalizzata" come ben chiarito dalla recente sentenza del Consiglio di Stato del 11/03/2015.
Come ben chiarito in tale pronuncia la stessa Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha ampiamente affrontato il tema delle cooperazione tra amministrazioni con la c.d. "Sentenza Amburgo" (sentenza 9 giugno 2009, Causa C-480/06, Commissione delle Comunità europee c/ Repubblica Federale di Germania), ove si legge che gli accordi finalizzati all’esecuzione congiunta di compiti comuni d’interesse pubblico non sono soggetti alle direttive appalti.
Non solo. Tale sentenza specificava anche che non è necessario che ciascuna delle parti stipulanti partecipi nella identica misura all’effettiva esecuzione dell’oggetto dell’accordo di cooperazione, essendo viceversa eventuale l'assunzione di diritti ed obblighi reciproci pur restando esclusa la previsione di trasferimenti finanziari tra le parti cooperanti, fatti salvi i rimborsi dei costi sostenuti per l’esecuzione delle attività oggetto dell’accordo di cooperazione, in quanto la cooperazione non deve essere riconducibile ad accordi di natura commerciale. Pertanto è di fondamentale importanza che il servizio oggetto della cooperazione non possa essere per la sua natura e finalità cercato sul mercato privato (gli stessi principi sono stati ribaditi nelle sentenze 19/12/2012, Causa C-159/11 ASL Lecce c/Univ. Salento e Ordine Ing. Prov. Lecce; nell’ordinanza del 16/05/2013, Causa C-564/11, Consulta Reg. Ord. Ing. della Lombardia c/ Comune di Pavia, Univ. degli Studi di Pavia;. Causa C-352/12, Cons. Naz. Ing. c/ Comune di Castelvecchio Subequo, Univ. degli Studi di Chieti Pescara - Dip. Scienze e Storia dell’Architettura, Cons. Naz. Ing., Comune di Barisciano, Scuola di Architettura e Design Vittoria dell’Univ. di Camerino, del 20/06/2013; sentenza del 13/06/2013, causa C- 159/11 e C-386/11, Piepenbrock Dienstleistungen GmbH & Co. KG c/ Kreis Duren, Stadt Duren).
Il Consiglio di Stato ha poi espressamente chiarito che, alla luce della normativa nazionale, "per "attività" oggetto di cooperazione si intende qualsiasi tipo di attività giuridica, comprese quelle materiali da svolgere nell’espletamento di un pubblico servizio e direttamente in favore della collettività, e che gli accordi ai sensi dell'art. 15 L. 241/1990 rappresentano una particolare categoria di cooperazione pubblico-pubblico cd. "non istituzionale/orizzontale", cui restano del tutto estranee le reciproche controprestazioni e la logica dello scambio" (si vedano anche Consiglio di Stato, Sez. V, 15/07/2013 n. 3849; Consiglio di Stato, 28/11/2012 n. 9004).
Spesso gli Enti Locali ricorrono a tali forme di cooperazione al fine di ottenere il supporto di Università che grazie all’attività scientifica da esse istituzionalmente svolta garantiscono ricerca e consulenza di cui l'Ente usufruisce in quanto strumentali allo svolgimento dei propri compiti istituzionali. Ed, infatti, le Università sono organismi di diritto pubblico che, stante la loro natura giuridica, rientrano tra quegli enti a cui, secondo l’art. 15 della legge n. 241/1990, è consentita la stipula di accordi di cooperazione per lo svolgimento di attività di comune interesse.
Proprio tali forme di collaborazione hanno destato particolare interesse sia nella giurisprudenza nazionale che in quella comunitaria alla luce del trentunesimo Considerando della direttiva 2014/24/UE ove si legge che è "(..) necessario precisare in quali casi i contratti conclusi nell'ambito del settore pubblico non sono soggetti all'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici. Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l'applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche. Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti".
Risultano, pertanto, perfettamente legittimi, alla luce dei principi del diritto dell’Unione, tali accordi a condizione che siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.
Tale previsione normativa si inserisce nell'ambito della più ampia disciplina comunitaria in tema di cooperazione "istituzionalizzata" come ben chiarito dalla recente sentenza del Consiglio di Stato del 11/03/2015.
Come ben chiarito in tale pronuncia la stessa Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha ampiamente affrontato il tema delle cooperazione tra amministrazioni con la c.d. "Sentenza Amburgo" (sentenza 9 giugno 2009, Causa C-480/06, Commissione delle Comunità europee c/ Repubblica Federale di Germania), ove si legge che gli accordi finalizzati all’esecuzione congiunta di compiti comuni d’interesse pubblico non sono soggetti alle direttive appalti.
Non solo. Tale sentenza specificava anche che non è necessario che ciascuna delle parti stipulanti partecipi nella identica misura all’effettiva esecuzione dell’oggetto dell’accordo di cooperazione, essendo viceversa eventuale l'assunzione di diritti ed obblighi reciproci pur restando esclusa la previsione di trasferimenti finanziari tra le parti cooperanti, fatti salvi i rimborsi dei costi sostenuti per l’esecuzione delle attività oggetto dell’accordo di cooperazione, in quanto la cooperazione non deve essere riconducibile ad accordi di natura commerciale. Pertanto è di fondamentale importanza che il servizio oggetto della cooperazione non possa essere per la sua natura e finalità cercato sul mercato privato (gli stessi principi sono stati ribaditi nelle sentenze 19/12/2012, Causa C-159/11 ASL Lecce c/Univ. Salento e Ordine Ing. Prov. Lecce; nell’ordinanza del 16/05/2013, Causa C-564/11, Consulta Reg. Ord. Ing. della Lombardia c/ Comune di Pavia, Univ. degli Studi di Pavia;. Causa C-352/12, Cons. Naz. Ing. c/ Comune di Castelvecchio Subequo, Univ. degli Studi di Chieti Pescara - Dip. Scienze e Storia dell’Architettura, Cons. Naz. Ing., Comune di Barisciano, Scuola di Architettura e Design Vittoria dell’Univ. di Camerino, del 20/06/2013; sentenza del 13/06/2013, causa C- 159/11 e C-386/11, Piepenbrock Dienstleistungen GmbH & Co. KG c/ Kreis Duren, Stadt Duren).
Il Consiglio di Stato ha poi espressamente chiarito che, alla luce della normativa nazionale, "per "attività" oggetto di cooperazione si intende qualsiasi tipo di attività giuridica, comprese quelle materiali da svolgere nell’espletamento di un pubblico servizio e direttamente in favore della collettività, e che gli accordi ai sensi dell'art. 15 L. 241/1990 rappresentano una particolare categoria di cooperazione pubblico-pubblico cd. "non istituzionale/orizzontale", cui restano del tutto estranee le reciproche controprestazioni e la logica dello scambio" (si vedano anche Consiglio di Stato, Sez. V, 15/07/2013 n. 3849; Consiglio di Stato, 28/11/2012 n. 9004).
Spesso gli Enti Locali ricorrono a tali forme di cooperazione al fine di ottenere il supporto di Università che grazie all’attività scientifica da esse istituzionalmente svolta garantiscono ricerca e consulenza di cui l'Ente usufruisce in quanto strumentali allo svolgimento dei propri compiti istituzionali. Ed, infatti, le Università sono organismi di diritto pubblico che, stante la loro natura giuridica, rientrano tra quegli enti a cui, secondo l’art. 15 della legge n. 241/1990, è consentita la stipula di accordi di cooperazione per lo svolgimento di attività di comune interesse.
Proprio tali forme di collaborazione hanno destato particolare interesse sia nella giurisprudenza nazionale che in quella comunitaria alla luce del trentunesimo Considerando della direttiva 2014/24/UE ove si legge che è "(..) necessario precisare in quali casi i contratti conclusi nell'ambito del settore pubblico non sono soggetti all'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici. Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l'applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l'applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche. Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti".
Risultano, pertanto, perfettamente legittimi, alla luce dei principi del diritto dell’Unione, tali accordi a condizione che siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti, e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.
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