Acque sotterranee contaminate da tetracloroetilene


L'emungimento di acque sotterranee contaminate in sito con attività in esercizio è da considerarsi Misura di Messa in Sicurezza d'Emergenza (MISE)
Acque sotterranee contaminate da tetracloroetilene
In Italia, in particolare negli ultimi anni, si sono verificati nuemrosi casi di inquinamento di acque sotterranee da tetracloroetilene. Le aree interessate da questo inquinamento sono distribuite a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Questo avviene perché questa sostanza viene largamente utilizzata in molti processi produttivi.

Il tetracloroetilene, noto come PerCloroEtilene (PCE) fa parte della famiglia dei solventi e la sua formulazione consente di sciogliere altre sostanze senza subire trasformazione. L'eccellente potere solvente permette tempi brevi di lavaggio, la sua rapida evaporazione favorisce un'asciugatura rapida e la sua ininfiammabilità garantisce un lavoro intrinsecamente sicuro. Il PCE è un prodotto di sintesi dal momento che in natura non esistono meccanismi che ne determinano la sua naturale produzione. Il PCE è un solvente organico clorurato: la sua molecola é composta da due atomi di carbonio e quattro di cloro (C2Cl4). Le caratteristiche chimico-fisiche sono tali da averne favorito l'utilizzo nel lavaggio e pulizia dei tessuti (industria tessile e lavanderie a secco) e, anche, dei pezzi meccanici (industria meccanica e galvanica). La densità più alta dell'acqua e la viscosità molto più bassa dell'acqua, favoriscono il movimento verticale per gravità verso la falda acquifera che, in letteratura tecnica, è stimato essere tre volte più rapido di quello dell'acqua di infiltrazione.

Una volta raggiunta la falda freatica si deposita sul fondo dell'acquifero causando un livello di contaminazione in funzione della idrosolubilità. In questo modo, anche una modesta quantità, può costituire una sorta di serbatoio in grado di determinare un inquinamento costante e diffuso. Nelle acque sotterranee l'assenza di luce ne impedisce l'ossidazione fotolitica e le elevate pressioni ne riducono drasticamente la volatilità: il risultato è un aumento dei tempi di permanenza che compromettono la qualità delle risorse idriche per tempi molto lunghi. A seguito di rilasci consistenti al suolo, il PCE può raggiungere i corpi idrici sotterranei se presente in quantità tale da superare la capacità di ritenzione del suolo. All'interno di una stessa fase, il principale meccanismo di trasporto è di tipo diffusivo, ovvero promosso da differenze di concentrazioni all'interno dello stesso mezzo.

Per le acque sotterranee la tecnica di trattamento più utilizzata è quella del pump and treat, ovvero emungimento dell'acqua con trattamento in sito in superficie. Il processo di adsorbimento è un processo dove un materiale solido è usato per la rimozione di un inquinante in forma disciolta dall'acqua. Nella filtrazione il carbone attivo granulare è il materiale solido che trattiene l'inquinante che è il PCE. Il carbone attivo granulare (GAC), che si presenta solido a scaglie o a cilindretti, ha una elevata superficie specifica interna (500 - 1500 m2/g) e, di conseguenza, una elevata capacità di adsorbimento ed é normalmente utilizzato nel trattamento delle acque.

Il TAR di Salerno, con sentenza del 23.03.2015 avversa alla Provincia di Avellino, si è pronunciato a favore dell'emungimento e della depurazione in sito delle acque sotterranee contaminate. Il TAR di Salerno ha ritenuto che, in presenza di inquinamento diffuso, come nel caso del polo conciario di Solofra, al fine di impedire, arrestare, limitare l'inquinamento delle acque sotterranee è possibile utilizzare le acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito al fine garantire la conservazione e il risparmio delle risorse idriche. L'emungimento delle acque sotterranee in sito con attività in esercizio è da considerarsi misura di messa in sicurezza d'emergenza (MISE) che non ha bisogno di alcuna autorizzazione. Il proprietario o il gestore dell'attività, non responsabile dell'inquinamento, una volta informato dell'inquinamento, è obbligato a mettere in campo idonee misure di prevenzione. Dall'esame della sentenza, risulta altresì evidente che le acque di falda emunte contaminate che, dopo idoneo trattamento, vengono utilizzate nel ciclo produttivo, sono assimilate alle acque reflue industriali e soggette alla parte III (tutela delle acque) e non alla parte IV (rifiuti e siti contaminati) del D. Lgs. 152/06 e s. m. e i.

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di ing Antonio Tomasetta

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