Acquisto della cittadinanza italiana (parte II)


Cittadinanza italiana per residenza (precedono introduzione e parte I)
Acquisto della cittadinanza italiana (parte II)
CITTADINANZA PER RESIDENZA (ART. 9 L. 91/92)
La cittadinanza può essere richiesta anche da chi risiede in Italia da un determinato lasso di tempo e sia in possesso di specifici requisiti. In particolare il richiedente deve dimostrare di avere redditi sufficienti al proprio sostentamento, di non avere precedenti penali e di non rappresentare un pericolo per la sicurezza della Repubblica. La concessione della cittadinanza per c.d. naturalizzazione consente allo Stato, qualora non abbia interessi contrari, di riconoscere ad un soggetto il legame particolare che costui ha instaurato con un Paese in determinati lassi temporali.
A differenza della dichiarazione di cittadinanza per matrimonio, qui l’interessato non vanta alcun diritto nei confronti dello Stato che potrà valutare discrezionalmente l’istanza.
Competenza: Come detto, i decreti di concessione di cui all’art. 9 della l. 91/92 sono caratterizzati da una valutazione discrezionale di opportunità che implica l’accertamento di un interesse pubblico accanto al riconoscimento dell’interesse privato del richiedente allo status civitatis. Tali atti costituiscono un’espressione della funzione politico-amministrativa dello Stato e pertanto sono inseriti nel ristretto novero di quelli che, ai sensi dell’art. 1 della l. 13/91, debbono assumere la forma del decreto del Presidente della Repubblica.
La domanda va pertanto indirizzata al Presidente della Repubblica, per il tramite del Prefetto territorialmente competente, ovvero quello nella cui provincia risiede l’interessato. Nel caso in cui il richiedente risieda all’estero la domanda di naturalizzazione avviene attraverso la presentazione di un’istanza al Consolato Italiano.
Requisiti: Ai sensi dell’art. 9 l. 91/92 possono richiedere la cittadinanza italiana sette categorie di soggetti:
a) lo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni;
b) lo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) lo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) il cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea che risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio della Repubblica;
e) l’apolide che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) lo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica;
g) lo straniero che abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero nel caso in cui ricorra un eccezionale interesse dello Stato.
La norma in esame si riferisce a diverse categorie di stranieri ed in base alla particolare situazione in cui essi si trovano sono richiesti diversi periodi di residenza.
Nella pratica, il caso più frequente è quello di cui alla lettera f) dell’art. 9 l. 91/92 relativa allo straniero extracomunitario con residenza ultradecennale in Italia. Questa è proprio l’ipotesi a cui si farà principalmente riferimento in questo scritto.
Sebbene l’unico requisito apparentemente richiesto dalla lettera della legge sembri essere il periodo di residenza legale, poiché è attribuito un ampio margine di discrezionalità in capo all’amministrazione nel valutare l’opportunità o meno di concedere al richiedente la cittadinanza, devono doverosamente essere valutati anche altri aspetti. Ciò in quanto, attraverso la naturalizzazione, il soggetto acquisisce tutti i diritti ed i doveri che la Costituzione riconosce ai cittadini. Pertanto, la concessione della cittadinanza richiede la sussistenza, oltre che dei requisiti previsti dalla legge, di tutti quegli altri elementi che motivano l’opportunità della concessione.
Sussistendo quindi il requisito della residenza, la Pubblica Amministrazione dovrà comunque considerare la situazione complessiva del richiedente. La giurisprudenza amministrativa sostiene che la scelta di incrementare la collettività nazionale sia legittima solo quando l’Amministrazione ritenga che lo straniero "possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale (Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 4748 del 01/10/2008)".
Un eventuale diniego potrà essere determinato, dunque, anche da motivi inerenti la sicurezza della Repubblica, così come dalla presenza di precedenti penali, dalla insufficienza dei redditi del nucleo familiare, ovvero dall’insufficiente livello di integrazione e dalla scarsa conoscenza della lingua italiana.
Nella pratica sovente è sufficiente dimostrare, oltre alla residenza legale, la buona condotta, cioè l’assenza di precedenti penali (quantomeno per reati di particolare gravità), e l’autosufficienza economica. Tuttavia può essere opportuno produrre documenti aggiuntivi volti a comprovare particolari meriti ovvero il notevole livello di integrazione raggiunto nel tessuto socioculturale.
Il requisito reddituale, in particolare, trova ragion d’essere in considerazione del fatto che, acquisendo la cittadinanza, il richiedente avrà gli stessi diritti e doveri di tutti i cittadini italiani, per cui sarebbe contrario all’interesse pubblico se il nuovo cittadino non disponesse di mezzi idonei per mantenere sé e la propria famiglia. L’accertamento del reddito è pertanto fondamentale al momento di valutare la richiesta di cittadinanza, visto che l’interessato deve disporre di mezzi adeguati a garantirgli l’autosufficienza economica ed il soddisfacimento degli obblighi di solidarietà.
Il reddito minimo richiesto per presentare la domanda di cittadinanza per residenza è individuato in € 8.500 per ogni anno del triennio precedente alla data in cui si presenta la domanda. Tale reddito, individuato considerando l’importo per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, deve provenire da fonti lecite, come attività lavorative subordinate o autonome e può essere dimostrato tramite la dichiarazione dei redditi mediante modelli 730 o Unico oppure con la certificazione unica CU (ex CUD).
In base alla circolare K. 60.1 del 05/01/2007, il Ministero dell’Interno ha chiesto alle amministrazioni di valutare il reddito posseduto dal richiedente, non solo in base alla posizione individuale, ma in relazione al reddito dell’intero nucleo familiare, considerando quindi i redditi prodotti da tutti i soggetti iscritti nello stato di famiglia.
Ciò vuol dire che se il cittadino straniero che presenta la domanda non raggiunge il minimo previsto di € 8.500 per ogni anno del triennio precedente, può integrare il proprio reddito con quello del nucleo familiare, ma in questi casi il minimo richiesto diventa di €11.500 in caso di coniuge e di €550 in più per ogni figlio.
In tal modo, anche chi non dispone autonomamente di un proprio reddito sufficiente per la richiesta, se risulta effettivamente a carico del capofamiglia ed è in possesso degli altri requisiti previsti dalla l. 91/92 può presentare domanda di concessione della cittadinanza (in tal senso anche Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza del 5 giugno 2012, n. 3306 secondo cui è illegittimo negare la cittadinanza se il richiedente non dimostra il reddito richiesto in modo autonomo ma lo raggiunge grazie alle condizioni economiche della famiglia nel suo complesso).
Inoltre, ai sensi delle leggi n. 15/2005 e n. 80/2005, la pubblica amministrazione, prima di emettere un eventuale diniego, è tenuta a chiedere un’attualizzazione dei redditi consentendo in tal modo all’interessato di far valere favorevolmente gli eventuali miglioramenti della propria posizione economica, specialmente quando è considerevole il lasso di tempo trascorso dalla data di presentazione a quella del perfezionamento della domanda.
Infine, si rappresenta che il Consiglio di Stato, con la sentenza del 2 marzo 2009 n. 1175, ha ritenuto illegittima l’imposizione di una precisa soglia di reddito ai fini della naturalizzazione, dovendosi valutare l’inserimento complessivo dell’interessato. L’amministrazione, pertanto, aldilà delle cifre reddituali, deve valutare la condotta dell’interessato, il livello di integrazione nel tessuto sociale e l’inequivocabile volontà di entrare a far parte della collettività italiana.
Per quanto concerne invece la pericolosità sociale e la valutazione dei precedenti penali, l’esistenza di tali precedenti non costituisce di per sé preclusione automatica e tassativa alla concessione della cittadinanza italiana. La giurisprudenza amministrativa sostiene difatti la necessarietà di un’adeguata istruttoria in ordine alla concreta vicenda personale dello straniero naturalizzando al fine di valutarne il comportamento complessivo. In particolare, il Consiglio di Stato ha statuito che l’ampia discrezionalità della P.A. in tema di concessione di cittadinanza deve fondarsi su parametri di ragionevolezza e di proporzionalità e che la valutazione discrezionale sull’integrazione dello straniero nel tessuto sociale della Repubblica deve tener conto degli illeciti penali commessi nel periodo in cui dimora in Italia, ma non può prescindere dalla valutazione della gravità della vicenda penale, a fronte di ogni altro comportamento del soggetto.
Si è così sostenuto, ad esempio, che, nonostante la discrezionalità della amministrazione in questi casi sia amplissima, una condanna penale per una violazione di legge solo formale, peraltro di scarsa rilevanza, non possa essere l’unico motivo per negare la cittadinanza. Ciò soprattutto se non sono stati valutati tutti gli altri elementi a favore dell’extracomunitario (Consiglio di Stato, terza sezione, sentenza n. 5544 pubblicata l’11 novembre 2014).
Sintetizzando pertanto, per ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione, lo straniero extracomunitario deve principalmente soddisfare tre requisiti: aver risieduto continuativamente per almeno dieci anni in Italia, non aver riportato condanne per reati di particolare gravità e dimostrare di avere un reddito più che sufficiente al proprio sostentamento.
Procedura operativa: Una volta effettuato l’accesso sul sito del Ministero dell’Interno nel caso di richiesta di cittadinanza per residenza si dovrà compilare il Modello B - Cittadini Stranieri residenti in Italia - Art.9 (lett. a, b, d, e, f) e/o Art.16 - Richiesta per Residenza, composto da 23 sezioni.
Anche in questo caso sarà necessario inserire le informazioni a supporto della domanda: dati personali, situazione di fatto su cui si fonda la richiesta, residenza (con relativa decorrenza), documento di identità e titolo di soggiorno, titolo di studio e attività svolta, eventuale coniuge, indirizzi avuti nel paese di origine e/o in qualsiasi altro paese ad esclusione dell’Italia a partire dall’età di 14 anni, primo ingresso e ultimo rientro in Italia, residenza storica, stato di famiglia, posizione giudiziaria in Italia, estremi della marca da bollo da 16 euro.
A differenza della richiesta per matrimonio, in questo modulo è doveroso indicare i redditi percepiti negli ultimi tre anni, se si è fiscalmente a carico di un familiare, gli eventuali redditi del familiare presente nello stato di famiglia da calcolare ad integrazione dei propri, l’eventuale proprietà di beni immobili.
Andranno infine anche in questo caso allegati: documento di identità, estratto dell’atto di nascita completo di tutte le generalità con l’indicazione della paternità e maternità del richiedente, tradotto e legalizzato, certificato penale rilasciato dal Paese di origine del richiedente e dagli eventuali Paesi terzi di residenza, tutti tradotti e legalizzati, ricevuta di versamento del contributo di € 200,00, da effettuarsi sul conto corrente postale n.809020 intestato al Ministero dell’Interno-DLCI, causale cittadinanza. Sarà infine opportuno produrre anche tutta la documentazione atta a fondare e sostenere la richiesta, come ad esempio: fotocopia del permesso/carta di soggiorno per cittadini extracomunitari, ovvero dell’attestazione di soggiorno rilasciata dal comune di residenza per cittadini comunitari; modelli fiscali (CUD, UNICO, 730) relativi ai redditi propri percepiti negli ultimi tre anni nonché eventualmente ai redditi dei componenti il nucleo familiare, ecc.
Conclusione del procedimento: Una volta conclusa l’istruzione della pratica da parte del Ministero dell’Interno, la cittadinanza è concessa con Decreto del Presidente della Repubblica.
La legge prevede che i procedimenti per la concessione della cittadinanza si concludano entro settecentotrenta giorni (2 anni) dalla data di presentazione della domanda; tuttavia nella prassi si riscontrano spesso attese maggiori.
Nel caso in cui decorra inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, il privato può chiedere l’intervento sostitutivo del Capo dell’Ispettorato Generale di Amministrazione, il quale è tenuto a concludere, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario (art. 2 co. 9-bis, 9-ter e 9-quater L. 241/1990, introdotti da art. 1, co. 1 L. 35/2012).
Se l’istruttoria si conclude con esito favorevole, il decreto di conferimento della cittadinanza italiana, a firma del Presidente della Repubblica, viene notificato dal Comune di residenza (o dalla Prefettura - U.T.G. nel solo caso di residenza nel Comune di Ancona) all’interessato. Costui, entro sei mesi dalla notifica, deve recarsi presso il Comune di residenza per prestare il giuramento di essere fedele alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato. In tal modo acquista la cittadinanza italiana dal giorno successivo al giuramento.
Nel caso in cui il predetto termine di sei mesi decorra senza che l’interessato presti alcun giuramento, il decreto di concessione della cittadinanza non ha effetto.
Se invece il procedimento ha esito sfavorevole, al richiedente è riconosciuta la possibilità ricorrere in Tribunale.

Articolo del:


di Avv. Sara Sbarbati

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