Amministratore di sostegno e tutela della persona
Il rapporto tra la nomina giudiziale dell'amministratore di sostegno e la tutela della persona: lettura costituzionalmente orientata delle norme.

La figura dell’amministratore di sostegno è entrata a far parte del nostro ordinamento giuridico con la legge n. 6 del 9 gennaio 2004 con il chiaro scopo di affiancare il soggetto la cui capacità di agire risulti limitata o del tutto compromessa per "tutelare ... le persone prive in tutto o in parte di autonomia, con la minore limitazione possibile della capacità di agire".
La giurisprudenza tutelare ha recepito la lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui all’amministratore di sostegno ed ha chiarito che "la necessità di un amministratore di sostegno sempre e in ciascuna situazione di bisogno comporta una necessaria istituzionalizzazione di ogni figura di assistente e tradisce la lettera e lo spirito della legge". (cfr. Uff. G.t. Milano, decr. del 03.11.2014, Est. Buffone).
In altre parole, la nomina di un amministratore di sostegno non può contrastare la lettura costituzionalmente orientata delle norme volte a disciplinare l’istituzione di misure di protezione.
Invero, se da un lato la Carta Costituzionale sancisce che "E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." (articolo 3 Costituzione), è altrettanto vero che l’articolo 2 della Carta statuisce un vero e proprio adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale.
Proprio tali doveri di solidarietà sociale sono posti, in primo luogo, a carico dei soggetti che siano prossimi a chi, per qualsivoglia motivo, si trovi in situazione di bisogno: "lo Stato, infatti, non può di certo prefiggersi l'obiettivo, del tutto irrealistico, che ogni suo singolo consociato abbia la "possibilità di provvedere ai propri interessi" del tutto autonomamente, e senza l'aiuto del prossimo." (cfr. Tribunale Vercelli, 16/10/2015, ud. 16/10/2015).
Circostanza del tutto pacifica è che, in ottica generale, è che il tessuto sociale italiano è formato da categorie di persone - anziani, analfabeti, soggetti privi di mezzi culturali, stranieri - hanno possibilità solo da un punto di vista astratto di provvedere alla cura dei propri interessi, mentre, in concreto tali soggetti possono svolgere le attività ordinarie e straordinarie della vita solo con l’ausilio di altri soggetti o istituti: famiglia, servizi sociali, associazioni.
Anche dal punto di vista del compimento di atti giuridici, il legislatore ha previsto l’istituto del mandato, della procura, del testamento.
Senza tali strumenti e senza l’ausilio di soggetti vicini, semplicemente, non sarebbero in grado di svolgere le minime attività della vita quotidiana.
Dunque, alla luce degli istituti sociali e giuridici consacrati nel tessuto sociale e normativo, non si vede il motivo per il quale alcuni individui, solo perché affetti da patologie o, semplicemente, anziani, debbano necessariamente essere assistiti da un soggetto nominato dal Tribunale laddove siano concretamente in grado, sebbene con l’aiuto di terzi soggetti (familiari, assistenti sociali) anche a mezzo di istituti giuridici (mandato, procura), di esercitare con pienezza i propri diritti.
La giurisprudenza tutelare ha recepito la lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui all’amministratore di sostegno ed ha chiarito che "la necessità di un amministratore di sostegno sempre e in ciascuna situazione di bisogno comporta una necessaria istituzionalizzazione di ogni figura di assistente e tradisce la lettera e lo spirito della legge". (cfr. Uff. G.t. Milano, decr. del 03.11.2014, Est. Buffone).
In altre parole, la nomina di un amministratore di sostegno non può contrastare la lettura costituzionalmente orientata delle norme volte a disciplinare l’istituzione di misure di protezione.
Invero, se da un lato la Carta Costituzionale sancisce che "E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." (articolo 3 Costituzione), è altrettanto vero che l’articolo 2 della Carta statuisce un vero e proprio adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale.
Proprio tali doveri di solidarietà sociale sono posti, in primo luogo, a carico dei soggetti che siano prossimi a chi, per qualsivoglia motivo, si trovi in situazione di bisogno: "lo Stato, infatti, non può di certo prefiggersi l'obiettivo, del tutto irrealistico, che ogni suo singolo consociato abbia la "possibilità di provvedere ai propri interessi" del tutto autonomamente, e senza l'aiuto del prossimo." (cfr. Tribunale Vercelli, 16/10/2015, ud. 16/10/2015).
Circostanza del tutto pacifica è che, in ottica generale, è che il tessuto sociale italiano è formato da categorie di persone - anziani, analfabeti, soggetti privi di mezzi culturali, stranieri - hanno possibilità solo da un punto di vista astratto di provvedere alla cura dei propri interessi, mentre, in concreto tali soggetti possono svolgere le attività ordinarie e straordinarie della vita solo con l’ausilio di altri soggetti o istituti: famiglia, servizi sociali, associazioni.
Anche dal punto di vista del compimento di atti giuridici, il legislatore ha previsto l’istituto del mandato, della procura, del testamento.
Senza tali strumenti e senza l’ausilio di soggetti vicini, semplicemente, non sarebbero in grado di svolgere le minime attività della vita quotidiana.
Dunque, alla luce degli istituti sociali e giuridici consacrati nel tessuto sociale e normativo, non si vede il motivo per il quale alcuni individui, solo perché affetti da patologie o, semplicemente, anziani, debbano necessariamente essere assistiti da un soggetto nominato dal Tribunale laddove siano concretamente in grado, sebbene con l’aiuto di terzi soggetti (familiari, assistenti sociali) anche a mezzo di istituti giuridici (mandato, procura), di esercitare con pienezza i propri diritti.
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