Amministrazione inadempiente


Quando si può agire in giudizio contro il “ritardo” dell’Amministrazione nei pagamenti
Amministrazione inadempiente
Nei rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione il privato si percepisce sovente privo di mezzi adeguati a difesa dei propri diritti, in particolare laddove il soggetto pubblico si renda inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte. Soprattutto in un periodo di crisi economica quale quello attuale, infatti, non è infrequente che una Pubblica Amministrazione non adempia alle proprie obbligazioni contrattuali, ad esempio non pagando puntualmente i propri fornitori, i quali si troveranno a dover tutelare i propri diritti.

La disciplina dei contratti pubblici, in ragione anche delle peculiarità del pubblico contraente, è estremamente complessa e può far sorgere dubbi interpretativi o applicativi.
Molto spesso, peraltro, i cittadini non sono consapevoli, e quindi non utilizzano, gli strumenti offerti dall’ordinamento per far valere le loro ragioni e, in particolare, per esigere che l’Amministrazione si comporti secondo i canoni di "buona amministrazione" normativamente previsti.

È opportuno richiamare allora alcune regole allo scopo di chiarire come può essere tutelato il credito dei privati nei confronti dell'Amministrazione.

In primo luogo, affinché un’Amministrazione possa essere considerata inadempiente, occorre che il tempo trascorso dall’emissione della fattura da parte del creditore configuri un "ritardo" dell’ente pubblico, vale a dire che si possa ritenere superato il termine entro il quale deve essere effettuato il pagamento.

Al fine di arginare il fenomeno dei ritardati pagamenti, non solo da parte dell’Amministrazione ma in generale da parte di ogni operatore economico, il D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192 ha recepito la direttiva dell’Unione Europea 2011/7/UE e, con decorrenza 1 gennaio 2013, ha sostituito le vecchie prescrizioni del D.Lgs. n. 231/2002. I principi in esso riportati rivestono carattere generale e, ad eccezione delle procedure concorsuali, si applicano "a ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale" effettuata "tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni".

La normativa fissa in 30 giorni il termine entro il quale deve essere effettuato il pagamento nelle transazioni concluse dopo il 1° gennaio 2013. Questo termine è valido sia per le transazioni concluse tra aziende private sia per quelle in cui un contraente sia la Pubblica Amministrazione. Esistono tuttavia delle differenze: infatti, mentre gli operatori economici privati possono portare tale termine a 60 giorni, e anche oltre se intervenga un accordo scritto tra le parti, con l’unica condizione che le clausole pattuite non siano inique per il creditore, in generale le Pubbliche Amministrazioni possono solo prevedere, purché in modo espresso, un termine di 60 giorni (e non oltre) quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione.

Nel caso particolare, invece, in cui il contraente pubblico sia una impresa pubblica o un ente che fornisce assistenza sanitaria il termine è già ab origine fissato dalla legge in 60 giorni, senza necessità di previsione espressa da parte dei contraenti.

Il termine decorre a partire dal ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento equivalente da parte del debitore.

La Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008) ha stabilito per i fornitori di beni e servizi alle Pubbliche Amministrazioni l’obbligo di emettere le stesse fatture nella sola forma elettronica. Successivamente il D.M. n. 55/2013 ha stabilito le modalità attuative di tale regime di fatturazione, sicché a far data dal 31 marzo 2015 l’obbligo di ricevere le fatture solo in formato elettronico è entrato a pieno regime per tutte le Amministrazioni, comprese quelle locali.

Nel caso in cui l’Amministrazione non paghi nei termini suddetti, cominceranno a decorrere gli interessi moratori nella misura legale (pari al tasso di riferimento determinato con decreto, maggiorato di otto punti) senza che sia necessaria una preventiva costituzione in mora.

Naturalmente a quel punto sarà possibile adire le vie giurisdizionali, salvo si preferisca optare per eventuali accordi tra le parti, che non potranno in ogni caso essere gravemente iniqui o escludere totalmente gli interessi moratori.
A ciò si aggiunga che il creditore avrà diritto a un importo forfetario simbolico di 40 euro a titolo di risarcimento del danno, salva la prova dei maggiori costi sostenuti per il recupero delle somme.

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di Studio legale Prof. Avv. Valentina Sessa

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