Anche in bici bisogna rispettare la legge!
Gli obblighi del ciclista sulla strada, in particolare rispetto alla guida in stato di ebbrezza

In città capita sempre più spesso di abbandonare l’auto e di girare in bicicletta, mezzo più agile e veloce, vista anche la sempre maggior pedonalizzazione dei centri storici.
Non va dimenticato, tuttavia, che la circolazione in bicicletta non esime dal rispetto delle norme del Codice della Strada.
Se le considerazioni sopra riportate possono sembrare abbastanza banali, l’attenzione di questo articolo si focalizzerà su due particolari questioni, piuttosto sottovalutate dall’utente medio della strada, ma che possono avere potenzialmente conseguenze anche gravi.
Si tratta cioè della possibilità o meno di contestare al ciclista la guida in stato in ebbrezza e, in caso affermativo, della possibilità di applicare le conseguenze di tale contestazione in relazione alla pena accessoria della sospensione della patente.
La guida in stato di ebbrezza, come abbastanza noto, è sanzionata dall’art. 186 del Codice della Strada, che letteralmente dispone come sia “vietato guidare in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche”; la semplice lettura di questa disposizione fa subito capire come il comportamento illecito sia indipendente dal veicolo utilizzato, in quanto la condotta contraria alla legge dell’utente della strada (qualunque esso sia) consiste nel porsi alla guida di un mezzo in stato di ebbrezza.
Il principio, che talvolta era stato posto in dubbio, giungendosi anche all’assoluzione del ciclista ubriaco sulla base del principio che condurre la bicicletta è cosa diversa dal concetto di guidare (in questo senso si era pronunciato il Tribunale di Modena nel 2005) è stato stabilito dalla Cassazione con chiarezza nel 2007 (con la sentenza che cassò proprio la citata pronuncia del Tribunale di Modena); essa rilevò che “la norma incriminatrice della contravvenzione di guida sotto l'influenza dell'alcool si riferisce indistintamente a tutti i veicoli in circolazione, compresi i velocipedi la cui specifica disciplina è dettata dal Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 182 (che i velocipedi siano veicoli, è esplicitamente affermato dall'articolo 50, di detto Decreto Legislativo). Anche il ciclista che guida in stato di ebbrezza incorre, pertanto, nel reato di cui al Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 186, comma 2).
Di qui è agevole concludere che il ciclista ubriaco cade sotto la scure della sanzione in questione (che ha risvolti penali non indifferenti, specie nel caso in cui si verifichi un indicente stradale); semplificando, non si pensi di essere indenni dal bicchiere di troppo se si torna a casa in bicicletta.
Così chiarito un punto essenziale, rimane la questione della possibilità, per l’eventuale accertatore dell’illecito, di comminare la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, che l’art. 186 del Codice della Strada prevede in misura via via maggiore (a seconda del tasso alcolemico riscontrato nel sangue) per il conducente contravvenzionato.
Ebbene, anche in questo caso la questione può apparire per certi versi bizzarra, ma più volte è stato necessario che la giurisprudenza la analizzasse; infatti, l’art. 219 del Codice della Strada, che prevede la disciplina della sospensione della patente, era stato ritenuto applicabile al ciclista sorpreso ubriaco alla guida del proprio mezzo, anche in tempi molto recenti (Tribunale di Trento, sentenza n. 53 del 9 febbraio 2010).
Tuttavia, va detto che il principio prevalente è nel senso contrario, come ribadito molto più recentemente dalla Suprema Corte (sentenza n. 13085 del 21 marzo 2013, la quale ha sottolineato che “secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte di legittimità, in tema di violazioni al codice della strada, nel caso di guida in stato di ebbrezza di un veicolo per la conduzione del quale non e' richiesta la patente, non si applica la sanzione amministrativa della sospensione della patente medesima, atteso che non sussiste alcun collegamento diretto tra il mezzo con il quale il reato è stato commesso e l'abuso dell'autorizzazione amministrativa in conseguenza del quale va applicata la sanzione accessoria”).
A chiosa di tale principio, si aggiunge che esso vale anche nel caso di contestazione al ciclista di sanzioni che prevedano la decurtazione di punti della patente oltre alla sanzione pecuniaria; anche in tale caso i punti non verranno tolti, per il medesimo criterio di mancanza di collegamento.
Concludendo, quindi, il ciclista ricordi che la sua particolare natura di utente “minore” della strada non lo esime dal rispetto delle norme di circolazione in generale (se ne indica una per tutte: attraversamento con semaforo rosso) e di quella relativa alla guida in stato di ebbrezza in particolare; unico suo vantaggio sarà quello di non vedersi mai applicare sanzioni accessorie relative alla patente di guida (siano esse la sospensione del documento di abilitazione o la decurtazione dei punti).
Non va dimenticato, tuttavia, che la circolazione in bicicletta non esime dal rispetto delle norme del Codice della Strada.
Se le considerazioni sopra riportate possono sembrare abbastanza banali, l’attenzione di questo articolo si focalizzerà su due particolari questioni, piuttosto sottovalutate dall’utente medio della strada, ma che possono avere potenzialmente conseguenze anche gravi.
Si tratta cioè della possibilità o meno di contestare al ciclista la guida in stato in ebbrezza e, in caso affermativo, della possibilità di applicare le conseguenze di tale contestazione in relazione alla pena accessoria della sospensione della patente.
La guida in stato di ebbrezza, come abbastanza noto, è sanzionata dall’art. 186 del Codice della Strada, che letteralmente dispone come sia “vietato guidare in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche”; la semplice lettura di questa disposizione fa subito capire come il comportamento illecito sia indipendente dal veicolo utilizzato, in quanto la condotta contraria alla legge dell’utente della strada (qualunque esso sia) consiste nel porsi alla guida di un mezzo in stato di ebbrezza.
Il principio, che talvolta era stato posto in dubbio, giungendosi anche all’assoluzione del ciclista ubriaco sulla base del principio che condurre la bicicletta è cosa diversa dal concetto di guidare (in questo senso si era pronunciato il Tribunale di Modena nel 2005) è stato stabilito dalla Cassazione con chiarezza nel 2007 (con la sentenza che cassò proprio la citata pronuncia del Tribunale di Modena); essa rilevò che “la norma incriminatrice della contravvenzione di guida sotto l'influenza dell'alcool si riferisce indistintamente a tutti i veicoli in circolazione, compresi i velocipedi la cui specifica disciplina è dettata dal Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 182 (che i velocipedi siano veicoli, è esplicitamente affermato dall'articolo 50, di detto Decreto Legislativo). Anche il ciclista che guida in stato di ebbrezza incorre, pertanto, nel reato di cui al Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285, articolo 186, comma 2).
Di qui è agevole concludere che il ciclista ubriaco cade sotto la scure della sanzione in questione (che ha risvolti penali non indifferenti, specie nel caso in cui si verifichi un indicente stradale); semplificando, non si pensi di essere indenni dal bicchiere di troppo se si torna a casa in bicicletta.
Così chiarito un punto essenziale, rimane la questione della possibilità, per l’eventuale accertatore dell’illecito, di comminare la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, che l’art. 186 del Codice della Strada prevede in misura via via maggiore (a seconda del tasso alcolemico riscontrato nel sangue) per il conducente contravvenzionato.
Ebbene, anche in questo caso la questione può apparire per certi versi bizzarra, ma più volte è stato necessario che la giurisprudenza la analizzasse; infatti, l’art. 219 del Codice della Strada, che prevede la disciplina della sospensione della patente, era stato ritenuto applicabile al ciclista sorpreso ubriaco alla guida del proprio mezzo, anche in tempi molto recenti (Tribunale di Trento, sentenza n. 53 del 9 febbraio 2010).
Tuttavia, va detto che il principio prevalente è nel senso contrario, come ribadito molto più recentemente dalla Suprema Corte (sentenza n. 13085 del 21 marzo 2013, la quale ha sottolineato che “secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte di legittimità, in tema di violazioni al codice della strada, nel caso di guida in stato di ebbrezza di un veicolo per la conduzione del quale non e' richiesta la patente, non si applica la sanzione amministrativa della sospensione della patente medesima, atteso che non sussiste alcun collegamento diretto tra il mezzo con il quale il reato è stato commesso e l'abuso dell'autorizzazione amministrativa in conseguenza del quale va applicata la sanzione accessoria”).
A chiosa di tale principio, si aggiunge che esso vale anche nel caso di contestazione al ciclista di sanzioni che prevedano la decurtazione di punti della patente oltre alla sanzione pecuniaria; anche in tale caso i punti non verranno tolti, per il medesimo criterio di mancanza di collegamento.
Concludendo, quindi, il ciclista ricordi che la sua particolare natura di utente “minore” della strada non lo esime dal rispetto delle norme di circolazione in generale (se ne indica una per tutte: attraversamento con semaforo rosso) e di quella relativa alla guida in stato di ebbrezza in particolare; unico suo vantaggio sarà quello di non vedersi mai applicare sanzioni accessorie relative alla patente di guida (siano esse la sospensione del documento di abilitazione o la decurtazione dei punti).
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