Anonimato del Whistleblower: è per sempre?


La durata delle garanzie dell’anonimato del segnalante opera solamente in ambito disciplinare e comunque entro determinati limiti
Anonimato del Whistleblower: è per sempre?
In un articolo già pubblicato il 22/11/2017 si è illustrata la portata delle norme introdotte dalla legge n. 179/2017 a tutela degli autori di segnalazioni di reati o di irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.
In una recente sentenza, la n. 9047/2018, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla durata delle garanzie dell’anonimato del segnalante ed ha precisato che opera solamente in ambito disciplinare e comunque entro determinati limiti.
Precisa la Corte che il cosiddetto "realizza "un sistema che garantisce la riservatezza del segnalante nel senso che il dipendente che utilizza una casella di posta elettronica interna al fine di segnalare eventuali abusi non ha necessità di firmarsi, ma il soggetto effettua la segnalazione attraverso le proprie credenziali ed è quindi individuabile seppure protetto"".
Aggiunge, a miglior comprensione, che il secondo comma dell’art. 54 bis del d.lvo n. 165/2001 "è esplicito nel significare che l’anonimato del denunciante - che, in realtà, è solo riserbo sulle generalità, salvo ovviamente il consenso dell’interessato alla loro divulgazione - opera unicamente in ambito disciplinare, essendo peraltro subordinato al fatto che la contestazione "sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione", giacchè ove detta contestazione si basi, in tutto o in parte, sulla segnalazione stessa, "l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato".
Logico corollario di quanto illustrato è il fatto che in caso di utilizzo della segnalazione in ambito penale, non vi è alcuno spazio per l’anonimato - rectius: per il riserbo sulle generalità - in tal senso essendo altresì significativa l’espressa salvezza delle ordinarie previsioni di legge operata dal comma 1 della succitata norma, per il caso che la denuncia integri gli estremi dei reati di calunnia o diffamazione, ovvero ancora sia fonte di responsabilità civile, ai sensi dell’art. 2043 di quel codice. Il che trova ancor più tangibile riscontro nella recentissima modifica del detto art. 54 bis di cui alla legge 30.11.2017 n. 179 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14.12.2017), ove, con disciplina più puntuale, coerentemente alla perseguita finalità di apprestare un’efficace tutela del dipendente pubblico che riveli illeciti, è precisato espressamente che, "Nell’ambito del procedimento penale, l’identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’art. 329 del codice di procedura penale".

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di Avv. Gianna Manferto

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