Appalti, riserve nei lavori pubblici
Riserve nei lavori pubblici: la loro evoluzione nel tempo, cosa sono, quando e come scriverle per non perdere il diritto al loro riconoscimento
La legislazione Nazionale in tema di appalti di lavori pubblici ha da sempre consentito alle ditte contraenti la possibilità di iscrivere riserve negli atti contabili. Sia infatti il Regio Decreto n° 350 del 1895, che le varie riforme del settore intervenute nel secolo scorso e culminate con una pietra miliare quale la legge 109/94 "Merloni", ne hanno definito l’argomento e le modalità puntuali per la corretta applicazione di tale strumento.
Gli anni 2000 sono stati caratterizzati dal primo tentativo di realizzare un Testo Unico degli Appalti, D. lgs 163/2006, che da solo regolasse l’affidamento di lavori, servizi e forniture, ma che tuttavia prevedeva un regolamento attuativo a se stante, quale il D.P.R. 207/2010 (sostitutivo del precedente DPR 554/99).
Con il nuovo Codice, D. Lgs. 50/2016 in vigore dal 19/04/2016, si è prospettata la concreta possibilità di realizzare un solo strumento Legislativo, costituito da un numero limitato di articoli e prevedendo l’abolizione del regolamento attuativo, ma comunque supportato da specifiche linee guida di indirizzo per la sua corretta interpretazione ed applicazione.
Fatta luce sulle "origini" lontane di questo istituto, si può dare quale esatta definizione di riserva ciò che consiste in "domande" dell’appaltatore in luogo ad eventuali maggiori oneri da lui sostenuti, in ragione di lavori e prestazioni aggiuntive, non da lui preventivabili in fase di gara d’appalto e concretizzatasi in fase esecutiva.
Le cause possono spaziare dalle errate previsioni progettuali, alla non corrispondenza dello stato dei luoghi rispetto a ciò che è descritto nel contratto, fatti che possono comportare maggiori costi in termini di forniture e mano d’opera oltre a danni finanziari legati al prolungarsi dell’appalto oltre i tempi programmati.
Fin qui il discorso può apparire semplice, ma vedersi riconoscere economicamente le riserve per l’appaltatore risulta essere un percorso per nulla facile, seppur ben definito dalla normativa, ed i cui passaggi vanno eseguiti alla lettera, onde evitare di ritrovarsi con un pugno di mosche al termine dell’appalto, seppur trovandosi nella ragione di reclamare i maggiori esborsi sostenuti.
Una delle caratteristiche principali delle riserve è la tempestività. Ciò significa che le riserve vanno esposte all’Amministrazione Committente al loro verificarsi o comunque a stretto giro dal loro manifestarsi; questo perché nell’eseguire l’opera pubblica il RUP deve poter avere il quadro economico sempre sott’occhio per poter adeguatamente intervenire.
Altro fattore identificativo delle riserve, dopo il "quando", è il "dove". La norma infatti specifiche che le riserve vanno apposte nel primo atto amministrativo idoneo a riceverle.
Tali atti possono riassumersi in:
- Verbali di consegna, sospensione e ripresa dei lavori (anche parziali);
- Giornale dei lavori, Libretti delle misure, Stati di avanzamento dei lavori;
L’appaltatore potrebbe, all’atto della firma con riserva, non aver ancora definito l’ultima delle essenziali caratteristiche delle stesse, ovverosia la loro "quantificazione".
In questo caso il dettato normativo prevede che una volta siglata la firma con riserva in atti, l’appaltatore abbia 15 giorni di tempo per motivare dettagliatamente e quantificare ogni sua domanda, richiedendo di tornare in possesso del documento successivamente alla firma apposta in prima istanza.
Tutte le riserve, pena la loro decadenza, vanno riportate sul registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al loro verificarsi.
Pur avendo pedissequamente eseguito tutti i passaggi descritti, l’Appaltatore non ha la matematica certezza di vedersi riconosciuti i maggiori oneri richiesti.
Una volta iscritta la riserva infatti la palla passa dapprima al Direttore dei Lavori, che entro 15 giorni dall’espletamento deve produrre le sue controdeduzioni al Responsabile del Procedimento, ed infine a quest’ultimo che provvederà, per quanto in suo potere, a definire la controversia.
Infatti, a seconda a degli importi derivanti dalla somma totale delle riserve, possono essere adottate più di una procedura direttamente da parte del RUP, o coinvolgendo figure più in alto nella struttura dell’Ente Appaltante.
La controversia può essere definita, in fase esecutiva del contratto di appalto, con le seguenti possibilità:
- Non accoglimento delle riserve per mancata tempestività, errori formali nell’iscrizione, incongruità, e/o altre fondate motivazioni di diniego;
- Proposta di transazione a saldo e stralcio;
- Accordo bonario.
Nel caso in cui sia stato nominato un organo di collaudo, quest’ultimo nell’espletare le proprio funzioni può esprimere, a seguito di verifiche tecniche e contabili, il proprio qualificato parere in ordine alle vertenze ancora aperte.
In ogni caso, qualora non si arrivi ad un consensuale accordo, l’appaltatore deve obbligatoriamente confermare tutte le proprie riserve alla sottoscrizione del conto finale, questo per garantirsi l’ultima possibilità di vedersi riconoscere, pur se con esiti e tempistiche quasi mai scontati, le proprie domande in un aula di Tribunale
Gli anni 2000 sono stati caratterizzati dal primo tentativo di realizzare un Testo Unico degli Appalti, D. lgs 163/2006, che da solo regolasse l’affidamento di lavori, servizi e forniture, ma che tuttavia prevedeva un regolamento attuativo a se stante, quale il D.P.R. 207/2010 (sostitutivo del precedente DPR 554/99).
Con il nuovo Codice, D. Lgs. 50/2016 in vigore dal 19/04/2016, si è prospettata la concreta possibilità di realizzare un solo strumento Legislativo, costituito da un numero limitato di articoli e prevedendo l’abolizione del regolamento attuativo, ma comunque supportato da specifiche linee guida di indirizzo per la sua corretta interpretazione ed applicazione.
Fatta luce sulle "origini" lontane di questo istituto, si può dare quale esatta definizione di riserva ciò che consiste in "domande" dell’appaltatore in luogo ad eventuali maggiori oneri da lui sostenuti, in ragione di lavori e prestazioni aggiuntive, non da lui preventivabili in fase di gara d’appalto e concretizzatasi in fase esecutiva.
Le cause possono spaziare dalle errate previsioni progettuali, alla non corrispondenza dello stato dei luoghi rispetto a ciò che è descritto nel contratto, fatti che possono comportare maggiori costi in termini di forniture e mano d’opera oltre a danni finanziari legati al prolungarsi dell’appalto oltre i tempi programmati.
Fin qui il discorso può apparire semplice, ma vedersi riconoscere economicamente le riserve per l’appaltatore risulta essere un percorso per nulla facile, seppur ben definito dalla normativa, ed i cui passaggi vanno eseguiti alla lettera, onde evitare di ritrovarsi con un pugno di mosche al termine dell’appalto, seppur trovandosi nella ragione di reclamare i maggiori esborsi sostenuti.
Una delle caratteristiche principali delle riserve è la tempestività. Ciò significa che le riserve vanno esposte all’Amministrazione Committente al loro verificarsi o comunque a stretto giro dal loro manifestarsi; questo perché nell’eseguire l’opera pubblica il RUP deve poter avere il quadro economico sempre sott’occhio per poter adeguatamente intervenire.
Altro fattore identificativo delle riserve, dopo il "quando", è il "dove". La norma infatti specifiche che le riserve vanno apposte nel primo atto amministrativo idoneo a riceverle.
Tali atti possono riassumersi in:
- Verbali di consegna, sospensione e ripresa dei lavori (anche parziali);
- Giornale dei lavori, Libretti delle misure, Stati di avanzamento dei lavori;
L’appaltatore potrebbe, all’atto della firma con riserva, non aver ancora definito l’ultima delle essenziali caratteristiche delle stesse, ovverosia la loro "quantificazione".
In questo caso il dettato normativo prevede che una volta siglata la firma con riserva in atti, l’appaltatore abbia 15 giorni di tempo per motivare dettagliatamente e quantificare ogni sua domanda, richiedendo di tornare in possesso del documento successivamente alla firma apposta in prima istanza.
Tutte le riserve, pena la loro decadenza, vanno riportate sul registro di contabilità all’atto della firma immediatamente successiva al loro verificarsi.
Pur avendo pedissequamente eseguito tutti i passaggi descritti, l’Appaltatore non ha la matematica certezza di vedersi riconosciuti i maggiori oneri richiesti.
Una volta iscritta la riserva infatti la palla passa dapprima al Direttore dei Lavori, che entro 15 giorni dall’espletamento deve produrre le sue controdeduzioni al Responsabile del Procedimento, ed infine a quest’ultimo che provvederà, per quanto in suo potere, a definire la controversia.
Infatti, a seconda a degli importi derivanti dalla somma totale delle riserve, possono essere adottate più di una procedura direttamente da parte del RUP, o coinvolgendo figure più in alto nella struttura dell’Ente Appaltante.
La controversia può essere definita, in fase esecutiva del contratto di appalto, con le seguenti possibilità:
- Non accoglimento delle riserve per mancata tempestività, errori formali nell’iscrizione, incongruità, e/o altre fondate motivazioni di diniego;
- Proposta di transazione a saldo e stralcio;
- Accordo bonario.
Nel caso in cui sia stato nominato un organo di collaudo, quest’ultimo nell’espletare le proprio funzioni può esprimere, a seguito di verifiche tecniche e contabili, il proprio qualificato parere in ordine alle vertenze ancora aperte.
In ogni caso, qualora non si arrivi ad un consensuale accordo, l’appaltatore deve obbligatoriamente confermare tutte le proprie riserve alla sottoscrizione del conto finale, questo per garantirsi l’ultima possibilità di vedersi riconoscere, pur se con esiti e tempistiche quasi mai scontati, le proprie domande in un aula di Tribunale
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