Apprendistato senza progetto formativo: convertito


Apprendistato senza progetto formativo: convertito in lavoro subordinato
Apprendistato senza progetto formativo: convertito
Qualora un’azienda occupante personale apprendista non elabori il relativo piano formativo, il quale stabilisce tempi, modi e contenuti al fine della formazione dell’apprendista finalizzata alla professionalizzazione specifica per la qualifica da acquisire, costituente parte integrante del contratto di lavoro stipulato tra le parti, il rapporto di apprendistato viene convertito in rapporto di lavoro subordinato, oltre all’applicazione delle relative sanzioni.
Questo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. lavoro, con la sentenza n. 13823 del 6 luglio 2015.


Corte di Cassazione. sez. Lavoro, sentenza 17 marzo - 6 luglio 2015, n. 13823
Presidente Macioce - Relatore Buffa

Svolgimento del processo

Con sentenza 30/6/08, la corte d’appello di Roma, confermando la sentenza del 26/1/05 del tribunale di Cassino, ha dichiarato la nullità del CFL stipulato tra le parti ed accertato la natura subordinata del rapporto di lavoro, condannando il datore al pagamento della retribuzione con riferimento alla qualifica D1 (rigettando la domanda di inquadramento in qualifica C2).
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto non dimostrata l’osservanza di un obbligo formativo, non essendo stato neppure depositato in primo grado il Progetto formativo (ritenendo tardiva la produzione dello stesso in appello); ha accordato il risarcimento del danno dalla lettera di messa in mora, ritenendo tardiva l’eccezione relativa all’"aliunde perceptum" sollevata solo in appello.
Avverso tale sentenza ricorre la società con quattro motivi; resiste il lavoratore con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce (ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.) la violazione degli artt. 429 e 437 c.p.c., per mancata attivazione dei poteri istruttori di ufficio in ordine alla acquisizione del Progetto formativo.
Con il secondo motivo si lamenta (ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.), violazione dell’art. 2697 c.c. e della l. 863/84, per aver trascurato la prova comunque data della formazione del lavoratore.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce (ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.) violazione degli artt. 3 co. 9 l. 863/84, 1321 e 1173 c.c., per aver convertito il rapporto senza considerare che la causa del contratto (che non mira a differenza dell’apprendistato al conseguimento di una qualifica professionale ma all’acquisizione di conoscenze specifiche) è stata comunque conseguita tanto che il lavoratore è stato inserito in azienda.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce (ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.) violazione degli artt. 2697 c.c., e 414, 416, 420, 435, 436, 437 c.p.c. e 2094 e 2099 c.c., per aver trascurato che l’eccezione sull’"aliunde perceptum" è eccezione lata su fatti non controversi, come nel caso, attesa la non contestazione del lavoro presso terzi.
Il primo motivo di ricorso è infondato.

Questa Corte ha già affermato l’indispensabilità della produzione del progetto formativo, la cui mancanza impedisce l’adeguata verifica dell’obbligo formativo a carico della parte datoriale, ritenendo che, nel contratto di formazione e lavoro - previsto dall’art. 3 del d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1984, n. 863 (come successivamente modificato con d.l. n. 108 del 1991, convertito con la legge n. 169 del 1991)-, l’addestramento pratico finalizzato all’acquisizione da parte del lavoratore della professionalità necessaria all’immissione nel mondo del lavoro costituisce parte integrante della causa del contratto stesso, il quale, perciò, non può avere ad oggetto l’esclusivo svolgimento delle mansioni tipiche di un determinato profilo professionale; in difetto della predeterminazione legislativa di specifici modelli di formazione, il giudice, per accertare che non vi sia stato inadempimento degli obblighi formativi, può e deve fare riferimento al progetto formativo approvato, indipendentemente dal fatto che il lavoratore abbia o meno tempestivamente dedotto la mancanza di formazione anche in relazione al progetto (Cass. 149097/2006).
Nel caso, la parte non ha prodotto nei termini il progetto e la Corte ha ritenuto la decadenza dalla produzione (conformemente a quanto indicato da Cass. SU 8202/2005).

In tale contesto, il mancato esercizio - censurato dal ricorrente - del potere istruttorio officioso in ordine alla acquisizione del documento non è censurabile, in considerazione della essenzialità della produzione in questione con onere a carico della parte sin dal primo atto del giudizio di primo grado e della decadenza maturata a carico della parte: questa Corte, del resto, ha ritenuto che nel processo del lavoro, l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio in grado d’appello presuppone la ricorrenza di alcune circostanze: l’insussistenza di colpevole inerzia della parte interessata, con conseguente preclusione per inottemperanza ad oneri procedurali, l’opportunità di integrare un quadro probatorio tempestivamente delineato dalle parti, l’indispensabilità dell’iniziativa ufficiosa, volta non a superare gli effetti inerenti ad una tardiva richiesta istruttoria o a supplire ad una carenza probatoria totale sui fatti costitutivi della domanda, ma solo a colmare eventuali lacune delle risultanze di causa; non ricorrono, pertanto, i suddetti presupposti, allorché la parte sia incorsa in decadenze per la tardiva costituzione in giudizio in primo grado e non sussista, quindi, alcun elemento, già acquisito al processo, tale da poter offrire lo spunto per integrare il quadro probatorio già tempestivamente delineato (Cass. 5878/2011).

Anche il secondo motivo è infondato, in quanto la mancata produzione del progetto ha impedito alla corte di verificare la corrispondenza tra l’eventuale formazione impartita al lavoratore e l’obbligo specificamente e precisamente assunto dal datore, essendo rilevante ai fini della qualificazione del rapporto non un generico contenuto formativo del contratto ma la precisa rispondenza dello svolgimento di fatto del rapporto al modello formativo pattuito, che solo, giustifica la deroga alla costituzione di un rapporto di lavoro subordinato: infatti, l’inadempimento datoriale ha un’obiettiva rilevanza ove si concretizzi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto (Cass. 6068/14), dovendo il giudice, in difetto di predeterminazione legislativa di specifici modelli di formazione, per accertare che non vi sia stato inadempimento degli obblighi formativi, fare riferimento al progetto formativo approvato (Cass. 9294/2011).
Il terzo motivo è del pari infondato in quanto la conversione è conseguenza della fittizietà del rapporto formativo.

Si è infatti ritenuto dalla già richiamata giurisprudenza che, in materia di contratto di formazione e lavoro, l’inadempimento integrale degli obblighi formativi integra un vizio che incide sulla causa contrattuale ed è suscettibile di determinare, sin dall’inizio del rapporto, la trasformazione in lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nel contratto di formazione e lavoro la divergenza fra obblighi contrattuali ed il concreto svolgimento del rapporto realizza un inadempimento del datore di lavoro sanzionabile con la conversione del rapporto medesimo in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ove detto svolgimento - secondo la valutazione del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata - avvenga con modalità tali da compromettere la funzione del contratto, che è volta a favorire, attraverso l’acquisizione di specifiche conoscenze, l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale in funzione dell’accesso nel mondo del lavoro.

Anche il quarto motivo va rigettato, in quanto l’eccezione relativa all’aliunde perceptum ed all’allegazione dei fatti su cui la stessa si fonda sono tardivi, a nulla rilevando che parte dei fatti in questione non siano controversi.
In proposito, occorre rilevare che, se il cosiddetto "aliunde perceptum" non costituisce oggetto di eccezione in senso stretto ed è, pertanto, rilevabile d’ufficio dal giudice, ciò è possibile solo se le relative circostanze di fatto risultano ritualmente acquisite al processo (Cass. 26828 e 18093/2013); nel caso al più la ricollocazione del lavoro è pacifica, ma non anche tutti gli elementi che sono alla base dell’eccezione della deduzione dell’aliunde perceptum (ed in particolare le somme specificamente e concretamente corrisposte al lavoratore), sicché le stesse non possono essere introdotte tardivamente.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 2500 per compensi ed Euro 100,00, per spese, oltre accessori come per legge e spese generali nella misura del 15%.

Articolo del:


di C.d.L. Marco Angelo Zimmile

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