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Arbitrato rituale e irrituale: cosa sono e le differenze


Cosa sono gli arbitrati rituali e iirrituali? E come si fa a qualificare un arbitrato come rituale o irrituale?
Arbitrato rituale e irrituale: cosa sono e le differenze

Definizione di arbitrato rituale: ricorre quando le parti di una controversia demandano ad un arbitro l’esercizio di una giurisdizione concorrente con quella ordinaria per la risoluzione di una lite.

Definizione di arbitrato irrituale: si ha un arbitrato irrituale quando agli arbitri è conferita la risoluzione di un rapporto controverso mediante una dichiarazione di volontà che viene imputata alle stesse parti del rapporto.

Nella prima ipotesi l’arbitrato è espressamente disciplinato dal codice di rito; nella seconda invece l’arbitrato non trova una compiuta regolamentazione legislativa e si concretizza nell’accordo con cui al terzo viene affidato il compito di risolvere la controversia con una dichiarazione sostanzialmente transattiva o accertativa dei diritti e degli obblighi delle parti, a seconda del contenuto dell’incarico.

L’arbitrato rituale si conclude con un lodo che ha gli stessi effetti di una sentenza pronunciata in primo grado dal Giudice ordinario mentre l’arbitrato irrituale è una procedura conosciuta tipicamente solo in Italia e si conclude con una decisione avente valore contrattuale ed impugnabile dianzi al Tribunale.

Oggi, qualora le parti optino per un arbitrato irrituale dovranno esplicitarlo nella convenzione arbitrale (art. 803 ter c.p.c.). Il lodo reso nell’arbitrato rituale fa stato tra le parti ai sensi dell’art. 2909 c.c., e determina le preclusioni di cui all’ art. 324 c.p.c., ovverosia è idoneo a determinare sia il giudicato formale che sostanziale. Nell’arbitrato irrituale invece il lodo ha solo efficacia contrattuale per cui questo secondo tipo di lodo non può acquistare esecutorietà, né essere impugnato per nullità davanti alla Corte d’appello, rimanendo l’unica impugnazione possibile quella di annullabilità di cui all’art. 808 ter c. 2 per i motivi tassativamente elencati, omologhi ai motivi di impugnazione del lodo rituale di cui all’art. 829 c.p.c. n. 1, 2, 3, 4 e 9.

Come si fa a qualificare un arbitrato come rituale o irrituale?

Occorre innanzitutto analizzare la clausola compromissoria così come formulata dalle parti. Per orientamento costante della Cassazione l’interpretazione della clausola compromissoria e del compromesso, alla stregua di ogni altra espressione di volontà delle parti, spetta esclusivamente al giudice di merito, dovendosi all’uopo esaminare circostanze di fatto, valutare comportamenti, accertare il significato grammaticale delle espressioni utilizzate, ed indagare circa la comune volontà delle parti. L’indagine, dunque, non può fermarsi alla superficie delle espressioni letterali adottate, ma deve accertare la concreta volontà negoziale che ad essa sottende. In tale ottica la distinzione tra arbitrato rituale ed irrituale va compiuta indagando, al di là delle espressioni letterali usate, se esse avessero inteso affidare agli arbitri una funzione sostitutiva di quella propria del giudice ordinario, derogando alla sua competenza, ovvero conferire all’arbitro un mandato a definire la controversia sul piano negoziale. Nel dubbio, in mancanza di una chiara volontà derogatoria desumibile dal compromesso o dalla clausola compromissoria, il riferimento delle parti alla soluzione di determinate controversie all’arbitrato, normalmente costituisce espressione della volontà di far riferimento all’istituto tipico dell’arbitrato regolato dal codice di rito.

Ancora di recente la Cassazione (sentenza del 7.4.2015 n. 6909) ha definitivamente statuito che in ipotesi di clausola arbitrale dubbia si deve dare preferenza all’arbitrato rituale. Affinchè vi sia arbitrato irrituale occorre comunque che vi sia una espressa disposizione scritta delle parti volta a stabilire che gli arbitri si pronuncino mediante determinazione contrattuale (art. 808 ter c.p.c.). La forma scritta è richiesta ad probationem - vd. Cass. Civ. n. 18679 del 12.9.2011 che così si è espressa in relazione ad una clausola del seguente tenore non sottoscritta da entrambe le parti ma soltanto da una di esse “il presente contratto n. 134/136/138 è regolato dalle borse mercato di categoria i cui arbitri saranno incaricati a dirimere eventuali controversie tra le parti”. Tale clausola è stata ritenuta da un lato indeterminata e dall’altro lato non indicativa della volontà di deferire ad arbitrato irrituale la controversia in quanto non era stata fornita la prova che le parti avessero condiviso (anche con successivi documenti scritti) la scelta espressa da una sola di esse di risolvere la controversia mediante arbitrato irrituale.

Ancora nel dubbio la convenzione arbitrale si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce. Questo vale sia per l’arbitrato rituale che irrituale. Esiste anche un’importante differenza tra lodo rituale ed irrituale: il primo va impugnato avanti la Corte d’Appello per i motivi di cui all’art. 829 c. 1 c.p.c. e, se previsto dalle parti, può essere impugnato anche per error in iudicando (nei termini di cui all’art. 828 c.p.c.) mentre il lodo irrituale può essere impugnato solo davanti al Giudice ordinario per i cinque motivi di cui al secondo comma dell’art. 808 ter c.p.c. L’azione è di annullamento e va proposta nell’ordinario termine quinquennale.

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