ASD: individuazione delle attività connesse a quelle istituzionali

Il calcolo dell’Ires sul 3% dei ricavi conseguiti dalle associazioni sportive dilettantistiche si
applica solo per i proventi connessi all’attività istituzionale. L’Agenzia delle Entrate con la
circolare n. 18 dell’1 agosto 2018 ha fornito i criteri da utilizzare per individuare tali
proventi.
L’attività sportiva dilettantistica in forma associata può essere esercitata sia sotto la forma
giuridica di “associazione sportiva dilettantistica” (con o senza personalità giuridica) sia sotto
la forma di “società sportiva dilettantistica”. Quest’ultima può essere costituita nella forma di
società di capitale o di società cooperativa senza scopo di lucro. In presenza di determinate
condizioni, le associazioni sportive dilettantistiche possono assumere la qualifica di
Organizzazione non Lucrativa di Utilità Sociale (ONLUS).
Gli enti di tipo associativo, di cui fanno parte anche le associazioni sportive dilettantistiche,
sono assoggettate, in linea di principio, alla disciplina generale degli enti non commerciali.
Gli enti non commerciali determinano il reddito in maniera forfetaria, applicando al totale dei
ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività commerciali un coefficiente di redditività
variabile a seconda dell’attività svolta e dell’ammontare dei ricavi conseguiti.
Per le associazioni che invece scelgono il regime fiscale agevolato contenuto nella legge 16
dicembre 1991 n. 398, è stato individuato un coefficiente ancora più favorevole.
Esse, infatti, determinano il reddito sempre in maniera forfetaria, ma applicando ai proventi di
natura commerciale un coefficiente di redditività molto più basso (3 per cento).
Al reddito così determinato vanno aggiunte le plusvalenze patrimoniali. Non si tiene conto, invece,
delle indennità percepite per la formazione e l’addestramento nel caso del trasferimento di un
atleta da una società sportiva dilettantistica ad una società professionistica.
Le associazioni sportive dilettantistiche possono considerare connesse all’attività istituzionale,
con i conseguenti vantaggi fiscali, determinate attività rese nell’ambito della vita associativa, a
condizione, però, che abbiano redatto l’atto costitutivo e lo statuto nella forma dell’atto
pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata e che in essi siano presenti le
seguenti clausole:
il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione;
l’obbligo, in caso di scioglimento, di devoluzione del patrimonio a fini di pubblica utilità;
l’obbligo di redazione di un rendiconto annuale economico e finanziario;
l’intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di
morte.
Ad esempio, non si considera mai “commerciale” l’attività svolta nei confronti dei propri associati
in conformità agli scopi istituzionali. In ogni caso, si considera di natura commerciale l’attività
resa dietro corrispettivi specifici.
E’ prevista una deroga a tale principio in base alla quale non vengono considerate di natura
commerciale (e quindi non sono tassabili) le operazioni svolte in conformità allo statuto e in
attuazione del fine istituzionale dell’ente, anche se comportano prestazioni dietro corrispettivi
specifici.
Inoltre, con un’ulteriore deroga il legislatore ha previsto che la cessione di pubblicazioni anche
a terzi non soci dietro corrispettivo non è considerata commerciale se le stesse vengono cedute,
prevalentemente, agli associati.
Vi sono delle attività considerate comunque oggettivamente commerciali.
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