Assegno di mantenimento del coniuge debole
L'assegno di mantenimento del coniuge e la sua indipendenza economica
La sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017 della I Sezione della Corte di Cassazione ha segnato un’importante inversione di rotta, cambiando in maniera radicale l’ormai da tempo consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di diritto all’assegno di divorzio del coniuge debole.
Con la suddetta sentenza, la Corte Suprema ha riconosciuto un nuovo parametro di riferimento da adottare nel giudizio per l’attribuzione dell’assegno di divorzio: l’indipendenza economica del richiedente, vale a dire la capacità del soggetto di provvedere al proprio sostentamento autonomamente e dignitosamente, prescindendo dal tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Ai sensi dell’art. 5 l. 898/1970, il coniuge economicamente più debole ha il diritto di ricevere l’assegno di divorzio ogni qual volta non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive. Con riferimento al parametro con cui valutare l’adeguatezza dei mezzi, se l’orientamento precedentemente adottato dalla Corte lo identificava nel "tenore di vita goduto in costanza di matrimonio", a partire dalla sopra ricordata sentenza il requisito a cui far riferimento è quello dell’autosufficienza economica del coniuge beneficiario dell’assegno. A fondamento del nuovo orientamento, la Suprema Corteha ritenuto che, con lo scioglimento del vincolo matrimoniale si estingue anche il dovere reciproco di assistenza morale e materiale previsto dall’art 143 c.c., escludendo per l’assegno di divorzio il principio della solidarietà post-coniugale.
Il matrimonio non è ormai più considerato un atto indissolubile, in tal senso il criterio del tenore di vita analogo a quello avuto nel corso del matrimonio tenderebbe a scontrarsi proprio con la natura e con la logica dell’istituto del divorzio, rappresentando anche un ostacolo alla costituzione di una nuova vita e dunque alla formazione di un nuovo nucleo familiare.
La stessa Corte ha, inoltre, riconosciuto i seguenti indici in base ai quali viene presunta l’indipendenza economica:
1) possesso dei redditi necessari per provvedere alle spese primarie;
2) possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari;
3) effettive possibilità di lavorare da valutarsi in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro;
4) disponibilità di un alloggio.
Quanto al regime della prova della non indipendenza economica, avente ad oggetto i predetti indici, spetta al coniuge che richiede l’assegno dimostrare l’inadeguatezza dei mezzi, provando di non essere in grado di provvedere autonomamente al proprio mantenimento.
L’applicazione di questo nuovo orientamento ha suscitato perplessità da parte di alcuni operatori giuridici, i quali hanno sostenuto che il principio in questione debba essere applicato al singolo caso con l’opportuna valutazione dei particolari aspetti che caratterizzano ogni situazione.
Benché, il nuovo indirizzo sia sulla strada del consolidamento, si è voluto sottolineare come, in effetti, sia necessario guardare al caso concreto, facendo particolare attenzione alla situazione dei coniugi ed in particolare a quella del coniuge più debole.
Con la suddetta sentenza, la Corte Suprema ha riconosciuto un nuovo parametro di riferimento da adottare nel giudizio per l’attribuzione dell’assegno di divorzio: l’indipendenza economica del richiedente, vale a dire la capacità del soggetto di provvedere al proprio sostentamento autonomamente e dignitosamente, prescindendo dal tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Ai sensi dell’art. 5 l. 898/1970, il coniuge economicamente più debole ha il diritto di ricevere l’assegno di divorzio ogni qual volta non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive. Con riferimento al parametro con cui valutare l’adeguatezza dei mezzi, se l’orientamento precedentemente adottato dalla Corte lo identificava nel "tenore di vita goduto in costanza di matrimonio", a partire dalla sopra ricordata sentenza il requisito a cui far riferimento è quello dell’autosufficienza economica del coniuge beneficiario dell’assegno. A fondamento del nuovo orientamento, la Suprema Corteha ritenuto che, con lo scioglimento del vincolo matrimoniale si estingue anche il dovere reciproco di assistenza morale e materiale previsto dall’art 143 c.c., escludendo per l’assegno di divorzio il principio della solidarietà post-coniugale.
Il matrimonio non è ormai più considerato un atto indissolubile, in tal senso il criterio del tenore di vita analogo a quello avuto nel corso del matrimonio tenderebbe a scontrarsi proprio con la natura e con la logica dell’istituto del divorzio, rappresentando anche un ostacolo alla costituzione di una nuova vita e dunque alla formazione di un nuovo nucleo familiare.
La stessa Corte ha, inoltre, riconosciuto i seguenti indici in base ai quali viene presunta l’indipendenza economica:
1) possesso dei redditi necessari per provvedere alle spese primarie;
2) possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari;
3) effettive possibilità di lavorare da valutarsi in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro;
4) disponibilità di un alloggio.
Quanto al regime della prova della non indipendenza economica, avente ad oggetto i predetti indici, spetta al coniuge che richiede l’assegno dimostrare l’inadeguatezza dei mezzi, provando di non essere in grado di provvedere autonomamente al proprio mantenimento.
L’applicazione di questo nuovo orientamento ha suscitato perplessità da parte di alcuni operatori giuridici, i quali hanno sostenuto che il principio in questione debba essere applicato al singolo caso con l’opportuna valutazione dei particolari aspetti che caratterizzano ogni situazione.
Benché, il nuovo indirizzo sia sulla strada del consolidamento, si è voluto sottolineare come, in effetti, sia necessario guardare al caso concreto, facendo particolare attenzione alla situazione dei coniugi ed in particolare a quella del coniuge più debole.
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