Assegno di mantenimento e presunzioni
Come si calcola l'importo dell'assegno quando l'ex coniuge lavora in nero?

Uno dei grossi problemi in cui si incorre in sede di separazione/ divorzio dei coniugi, o comunque in sede di determinazione di assegno di mantenimento a seguito dello scioglimento di una coppia di fatto, è quello della reale entità del reddito dell’obbligato al pagamento quando questo lavora "in nero".
La domanda è infatti: come si determina un corretto ed equo assegno di mantenimento se il coniuge onerato al versamento ha una dichiarazione dei redditi decisamente più bassa rispetto al proprio tenore di vita perché, nei fatti, riesce ad evadere e a fare del "nero"?
Incerti casi sia l’anagrafe tributaria che la polizia tributaria non riescono a determinare con esattezza il reddito dell’ex coniuge.
Sul punto è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 9 giugno - 7 settembre 2015, n. 17738, statuendo chiaramente che quando non è possibile determinare il reddito effettivo sulla base della documentazione fiscale e delle indagini della polizia tributaria, il giudice può limitarsi a tenere conto del tenore di vita.
Secondo la Suprema Corte dovrebbe prendere campo, in queste situazioni, la strada delle cosiddette "presunzioni".
Il giudice nel determinare l’importo di tale assegno dovrà valutare se l’ex coniuge ha molto più di quanto effettivamente dichiara partendo da quello che è il tenore di vita da questi condotto, la circostanza che abbia un nuovo nucleo familiare e un’attività di lavoro autonomo o imprenditoriale dove può capitare che i redditi sfuggono alla tassazione.
Quindi non farà più fede il fatto che la dichiarazione dei redditi del soggetto onerato al mantenimento sia particolarmente bassa, rispetto all’assegno preteso dall’ex coniuge, se il suo tenore di vita dimostra inequivocabilmente che spende di più di quanto guadagna.
Diventa inverosimile mostrare una dichiarazione da 15 mila euro all’anno se l’uomo ha una seconda casa, un affitto particolarmente caro, una nuova compagna da cui può aver avuto altri figli.
Insomma, via libera alle "presunzioni", come prove del reddito non dichiarato, ma goduto, nei fatti, dall’ex.
Il giudice potrà fare, nel vero senso della parola, "i conti in tasca" al contribuente reticente e stabilire quindi un assegno di mantenimento ben più alto di quanto potrebbe essere pattuito valutando le sole dichiarazioni fiscali prodotte in giudizio dall’ex coniuge.
La domanda è infatti: come si determina un corretto ed equo assegno di mantenimento se il coniuge onerato al versamento ha una dichiarazione dei redditi decisamente più bassa rispetto al proprio tenore di vita perché, nei fatti, riesce ad evadere e a fare del "nero"?
Incerti casi sia l’anagrafe tributaria che la polizia tributaria non riescono a determinare con esattezza il reddito dell’ex coniuge.
Sul punto è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 9 giugno - 7 settembre 2015, n. 17738, statuendo chiaramente che quando non è possibile determinare il reddito effettivo sulla base della documentazione fiscale e delle indagini della polizia tributaria, il giudice può limitarsi a tenere conto del tenore di vita.
Secondo la Suprema Corte dovrebbe prendere campo, in queste situazioni, la strada delle cosiddette "presunzioni".
Il giudice nel determinare l’importo di tale assegno dovrà valutare se l’ex coniuge ha molto più di quanto effettivamente dichiara partendo da quello che è il tenore di vita da questi condotto, la circostanza che abbia un nuovo nucleo familiare e un’attività di lavoro autonomo o imprenditoriale dove può capitare che i redditi sfuggono alla tassazione.
Quindi non farà più fede il fatto che la dichiarazione dei redditi del soggetto onerato al mantenimento sia particolarmente bassa, rispetto all’assegno preteso dall’ex coniuge, se il suo tenore di vita dimostra inequivocabilmente che spende di più di quanto guadagna.
Diventa inverosimile mostrare una dichiarazione da 15 mila euro all’anno se l’uomo ha una seconda casa, un affitto particolarmente caro, una nuova compagna da cui può aver avuto altri figli.
Insomma, via libera alle "presunzioni", come prove del reddito non dichiarato, ma goduto, nei fatti, dall’ex.
Il giudice potrà fare, nel vero senso della parola, "i conti in tasca" al contribuente reticente e stabilire quindi un assegno di mantenimento ben più alto di quanto potrebbe essere pattuito valutando le sole dichiarazioni fiscali prodotte in giudizio dall’ex coniuge.
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