Assegno di mantenimento e redditi in nero


Una breve guida per scovare i guadagni in nero dell’ex coniuge
Assegno di mantenimento e redditi in nero
In base all’art. 337 ter c.c., l’assegno di mantenimento, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, dovrà essere versato in maniera proporzionale al reddito del coniuge e verrà determinato dal giudice avendo riguardo a:
1) le attuali esigenze del figlio
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore
4) le risorse economiche di entrambi i genitori
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore
Senza dimenticare, come spesso accade, che tale assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT, in difetto di altri parametri.
L’articolo in questione prosegue statuendo che:"Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi".
La norma della legge, infatti, consapevole che spesso il genitore gravato dal versamento dell’assegno di mantenimento tenta di nascondere beni o redditi, ha voluto fornire un valido sostegno per far emergere quanto intenzionalmente occultato.
L’interesse a nascondere quanto realmente nelle proprie disponibilità economiche, può essere in verità interesse di entrambi i coniugi: di quello obbligato a corrisponderlo, per versarne di meno, di quello che lo percepisce, per vederne aumentato l’ammontare.
Ma il solo ricorso alla polizia tributaria, cui è possibile accedere però solo attraverso una pronuncia favorevole del Giudice, spesso in realtà non risulta di per sé determinante ed il suo ricorso è subordinato comunque alla dimostrazione di una possibile o quantomeno probabile presenza di fonti di guadagno non dichiarate.
Per tutti questi motivi, spesso molti tribunali, oltre alle ultime tre dichiarazioni dei redditi, richiedono una visura completa al Pra, una visura catastale e anche gli estratti del conto corrente.
Se tutto ciò non fosse sufficiente, si potrà ricorrere anche all’ausilio di investigatori privati - molto costosi in realtà - ma il cui lavoro spesso sortisce l’effetto desiderato.
Ancora, le testimonianze di parenti, dipendenti, vicini di casa, domestici, ristoratori potranno aiutare a determinare l’effettiva presenza di redditi non dichiarati in sede di separazione o, addirittura, al fisco.
È oramai costante la giurisprudenza che riconosce come anche i redditi in nero debbano essere valutati per la determinazione dell'assegno di mantenimento, in quanto contribuiscono a determinare l'effettivo tenore di vita della famiglia.
Oggi, in più, con l’introduzione dell’art. 492 bis del c.p.c., il giudice avrà un ulteriore strumento a sua disposizione per far emergere le discrepanze della documentazione depositata.
Con tale articolo, difatti, è stato introdotto il potere degli ufficiali giudiziari di controllo di tutta la situazione tributaria, Inps, dell’agenzia delle Entrate e bancaria, tramite una semplice ricerca telematica all’Anagrafe Tributaria.
Nei procedimenti di separazione e divorzio e, più in generale, in tutti i procedimenti di diritto di famiglia, il giudice ha un più ampio potere di valutazione delle prove, non dovendosi necessariamente fermare a considerare in via esclusiva i documenti ufficiali esibiti dalla parte.
Naturalmente, in base al principio dell’onere della prova tipico del processo italiano, spetterà a chi ne ha interesse, fornire al giudice tutti quei documenti, testimoni, relazioni, che potranno indurlo a ritenere che le disponibilità economiche della controparte siano maggiori rispetto a quelle dichiarate.
Tutto ciò in quanto, la decisione del giudice in merito alla quantificazione dell’assegno di mantenimento è discrezionale e non per forza vincolata alla documentazione fiscale depositata, alla quale, in realtà, potrà attribuire anche solo un valore solo indiziario.
La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che, quando non sia possibile determinare il reddito effettivo del coniuge, il giudice possa far ricorso al tenore di vita tenuto dalla famiglia in costanza di matrimonio.
In questo ambito, pertanto, vengono ammesse tutta una serie di presunzioni per superare quanto dichiarato e giungere invece a valutare il quantum dovuto in maniera effettiva, valutando anche il tenore di vita della famiglia.
Il tenore di vita, concludendo, è da tenere ben distinto dallo stile di vita che, per scelta personale e/o familiare, può essere improntato alla parsimonia o, al contrario, alla sregolatezza, ma attiene alle potenzialità economiche dei coniugi che una certa disponibilità economica avrebbe consentito loro.

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di Avv. Camilla Bulgarini

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