Assegno divorzile al coniuge che ha sacrificato le proprie aspettative


L'assegno divorzile, nel quadro dei principi di dignità ed eguaglianza tra i coniugi, è riconosciuto e determinato tenendo conto dei sacrifici derivati da scelte comuni
Assegno divorzile al coniuge che ha sacrificato le proprie aspettative

Se qualcosa ancora risulta condiviso dai coniugi al momento nel quale il matrimonio giunge al suo scioglimento è certamente l’intento di entrambi di vivere in funzione di una realizzazione propria ed autoreferenziale, naturale proiezione del disinvestimento, emotivo e patrimoniale che propriamente caratterizza questa fase della vita coniugale.

Questa premessa permette di assumere un approccio corretto al tema del conflitto di ordine patrimoniale in sede divorzile ove i coniugi disinvestono anche rispetto alle richieste, uno nei confronti dell’altra, che, oggettivamente, costituiscono per gli stessi un elemento critico proprio rispetto all'intento di realizzazione personale che, come tale, richiede certamente anche risorse economiche.

Ecco spiegata la ragione per la quale tanto contenzioso anima l’aspetto dell’assegno di divorzio, curiosamente richiesto, da una parte, e negato, dall’altra, per il medesimo motivo ossia perché il matrimonio è finito.

E sull’assegno di divorzio si gioca una fondamentale partita, ultima e determinante, sul terreno dell’uguaglianza e della dignità dei coniugi, i quali possono aver condiviso progetti comuni, concepiti in un'epoca nella quale al matrimonio essi guardavano al matrimonio nella sola prospettiva della sua esistenza, e che possono per questo aver comportato, concordi entrambi i coniugi, il sacrificio di uno di essi a beneficio dell’arricchimento, ad es. economico o professionale, dell’altro.

La normativa che regola questo delicato aspetto dell’istituto matrimoniale è l’art. 05 della Legge sul divorzio (L. 1 dicembre 1970, n. 898) il quale stabilisce che «Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive».

E’ evidente che laddove, a fronte dell'accertamento di un consenso tra i coniugi circa il sacrificio delle aspettative professionali di uno a beneficio di quelle dell'altro, nulla si stabilisse in termini di compensazione del sacrificio sofferto, questo determinerebbe una grave lesione della dignità e dell’uguaglianza tra i coniugi, in base alle quali, al contrario, il peso delle scelte dai coniugi di comune accordo adottate deve rapirtisi su entrambi in egual misura.

Strumento per garantire il rispetto della dignità ed uguaglianza dei coniugi è proprio l’assegno divorzile sul cui riconoscimento è intervenuta la Corte di Cassazione che, pronunciandosi a Sezioni Unite, con sentenza 11/07/2018, n. 18287 ha stabilito che «All'assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Ai fini del riconoscimento dell'assegno si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo. Il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale».

E in epoca recentissima, sempre la Corte di Cassazione [Cass., Sez. I Civ., Ord. 6 aprile 2023, n. 9512] sulla scorta di questi principi, è nuovamente intervenuta, stavolta per rinviare alla Corte d’Appello una decisione adottata con criteri non adeguati alla realizzazione dei principi suddetti. E le linee di indirizzo per il nuovo pronunciamento, al quale la Corte d’Appello di Lecce sarà presto chiamata sul caso in esame, contribuiscono a chiarire sul piano pratico alcuni fra i principali presupposti e criteri di determinazione dell’assegno divorzile.

L’assegno, ricorda la Cassazione, che l'assegno non è volto «a retribuire ex post il coniuge per l'attività endofamiliare svolta durante la vita coniugale, ma a compensarlo in presenza di una significativa sproporzione economica rispetto all'altro coniuge, manifestatasi dopo lo scioglimento del vincolo, che non vi sarebbe stata se egli non avesse, per una scelta condivisa, sacrificato concrete aspettative professionali e reddituali per dedicarsi prevalentemente all'attività domestica (cfr. Cass. 29920-2022)». Il Giudice deve altresì «verificare se quella sproporzione sia determinata direttamente dalla decisione (condivisa) di rinunciare alla (o parzialmente sacrificare la) attività lavorativa all'esterno della famiglia oppure da fattori pregressi e indipendenti, legati alle diverse condizioni e percorsi di vita dei singoli coniugi, alle loro attitudini, esperienze e scelte individuali, nel quale ultimo caso non potrà ravvisarsi un nesso causale tra la sproporzione reddituale e il venir meno del vincolo matrimoniale».

Attenzione, infine, al caso in cui i frutti della scelta condivisa non si siano già prodotti in costanza di convivenza matrimoniale, come potrebbe avvenire quando i coniugi abbiano mantenuto il regime di comunione legale, nel qual caso occorre verificare se anche il reddito del coniuge “sacrificatosi” maggiormente abbia beneficiato dei proventi derivati all’altro dalla crescita professionale registrata. In tale ipotesi il Giudice «è tenuto a valutare se e in che misura l'esigenza di riequilibrio delle condizioni degli ex coniugi, cui è funzionale l'istituto dell'assegno divorzile, non sia già coperta dal regime patrimoniale prescelto, giacché, se i coniugi abbiano optato per la comunione, ciò potrà aver determinato (all'esito della divisione dei beni residui) un incremento del patrimonio del coniuge richiedente, tale da escludere o ridurre la detta esigenza (cfr. Cass. 11787-2021)».

Articolo del:


di Giuseppe Mazzotta

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse