Associazione Sportiva Dilettantistica


Attenzione alla denominazione per poter usufruire dei benefici fiscali
Associazione Sportiva Dilettantistica
Recentemente l’Agenzia delle Entrate ha preso di mira le associazioni sportive dilettantistiche, le contestazioni sono le più varie, ma quasi sempre l’avviso inizia non riconoscendo i benefici della legge 398/91 in particolare nel caso di una associazione l’Ufficio rileva:
- che l’Associazione ha adottato e registrato lo statuto conforme al Codice Civile, all’articolo 148 comma 8 TUIR e all’ art. 90 della legge 289/2002;
- che ha regolarmente presentato il modello EAS;
- che risulta iscritta al CONI e affiliata alla Federazione Italiana Tennis;
ciò nonostante l’Ufficio, sulla scorta della documentazione prodotta dall’ente rileva:
1) che l’ente ha assunto quale denominazione ".............." in contrasto con quanto previsto dall’art. 90 comma 17 della legge n. 289/2002 e "tale omissione preclude, pertanto, l’accesso al regime di favore previsto dalla legge n. 398/1991 all’ente in esame.

L’Ufficio cita che "anche la Corte di Cassazione ha a più riprese chiarito che l’autoqualificazione dell’ente non ha affatto efficacia vincolante, ma il riconoscimento della spettanza delle agevolazioni fiscali va fatto in base alla reale natura dell’ente ed alla attività in concreto esercitata, non essendo possibile ammettere che un soggetto sia arbitro della propria intassabilità".

L’Associazione si è difesa sostenendo che l’articolo 7 del D.L. 28 maggio 2004 n. 136 ha confermato che "il CONI è unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche". Sulla base di ciò, il Coni, con Delib. n. 1288 dell'11 novembre 2004, ha istituito il Registro telematico delle società sportive dilettantistiche dove l’associazione in questione regolarmente compare ed i cui dati sono stati inviati all'Agenzia delle entrate.

Quanto alla Suprema Corte, la stessa ha più volte ribadito che non ci si possa limitare alla valutazione degli aspetti formali, ma debba prevalere la sostanza sulla forma e verificare in concreto se l’ente sia effettivamente una associazione sportiva dilettantistica senza fine di lucro.

In questo senso anche la giurisprudenza tributaria, per tutte la Commissione Tributaria Regionale di Firenze sentenza n. 839/5/15 del 20 aprile 2015 e la Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza n.1000/2014) hanno ritenuto "irrilevante la mancata indicazione della locuzione dilettantistica nella ragione sociale dell’associazione, trattandosi di un elemento meramente formale che non può incidere nella natura sostanziale dell’associazione stessa..." "l’unica mancanza è l’acronimo A.S.D: nelle comunicazioni verso l’esterno e laddove sia effettivamente verificata la natura sportiva dilettantistica dell’attività svolta dall’ente, il fatto che lo stesso si presenti come "scuola di danza" anziché "tennis club" è per i giudici, un elemento puramente formale e per tanto superabile."
In ogni caso l’articolo 90 della Legge 289/2002 non impone "l'uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione "associazione sportiva dilettantistica" o dell'acronimo "asd", diversamente da quanto espressamente contemplato dal legislatore con esclusivo riferimento alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (in tal senso art.10 del DLgs 460/1997). Detto onere viene desunto esclusivamente da una Circolare dell’Agenzia delle Entrate (Circolare n.21 del 22.4.2003), per l’ appunto circolare che, come è noto, non costituisce fonte normativa.

Nel caso esaminato l’Associazione ha avuto il riconoscimento, forse per il solo fatto che in molte comunicazioni ufficiali (Regione, Comune, CONI e Federazione) appariva l’acronimo A.S.D. dopo la denominazione, quindi onde evitare spiacevoli sorprese si consiglia di integrare la denominazione con la diciture associazione sportiva dilettantistica o quantomeno A.S.D. e controllare se lo statuto è conforme alle prescrizioni di legge oltre che ottemperare all’invio del modello EAS ad ogni cambio di "governance".

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di Paolo Minchillo

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