Attribuzioni patrimoniali tra ex coniugi ed ex conviventi
L`ex coniuge ha diritto alla restituzione di parte delle spese di ristrutturazione della casa familiare di proprietà dell`altro ex coniuge?

1. La crisi coniugale porta alla luce molto spesso problemi relativi alla gestione del patrimonio della famiglia in costanza di matrimonio. L’art. 143 c.c. prevede che entrambi i coniugi, indipendentemente dal regime patrimoniale prescelto, devono contribuire ai bisogni della famiglia, ciascuno in relazione alle proprie sostanze.
Al momento della crisi matrimoniale talvolta emerge che il contributo economico alla vita familiare dato da ciascun coniuge sia stato "sproporzionato" in eccesso o difetto, quando addirittura non abbia prodotto un vero e proprio arricchimento di uno nei confronti dell’altro.
Il caso classico è costituito dall’acquisto o dalla ristrutturazione di immobili intestati a uno dei coniugi con denari esclusivamente o parzialmente dell’altro. Nel caso di acquisti o ristrutturazioni immobiliari, le richieste di restituzione o indennizzo si sono spesso scontrate con una interpretazione giurisprudenziale molto ampia del dovere di contribuzione previsto dall’art. 143 c.c.. Difatti, la giurisprudenza ha, in taluni casi, negato la restituzione al coniuge di somme, anche ingenti, spese per ristrutturazioni di immobile di proprietà dell’altro, in quanto si trattava di immobile destinato all’uso familiare (Cass.18749/04).
Alle stesse conclusioni, tra l’altro, è arrivata la giurisprudenza in tema di attribuzioni in costanza di convivenza more uxorio, riconducendo il contributo alla vita familiare alle obbligazioni naturali previste dall’art. 2034 c.c., con una presunzione di gratuità che viene meno soltanto "allorchè risulti che la prestazione stessa esula dai doveri di carattere morale e civile di mutua assistenza e collaborazione" che, nel contesto delle condizioni economiche dei coniugi abbia determinato un "inspiegabile" e "illogico" arricchimento del convivente (Cass. 3713/03 - conf. Cass. 1277/2014).
2. Nel corso del tempo varie sono state le strade percorse dinanzi ai tribunali (dall’applicazione dell’art.1150 c.c. in caso di ristrutturazioni immobiliari, in virtù della posizione di possessore del coniuge che effettua l’elargizione a tale scopo, all’azione di arricchimento ai sensi dell’art.2041 c.c.) per giungere allo scopo di consentire un regime di restituzioni che nell’ambito matrimoniale, facendo leva soltanto sulla proporzionalità di cui all’art.143 c.c., avrebbe trovato accoglimento solo in casi di manifesta sproporzione nel contesto economico familiare.
Nell’analisi di queste fattispecie ha sempre dominato la generale presunzione di gratuità di tutto quanto conferito, in termini di beni ma spesso anche di prestazioni professionali, in favore della famiglia. Le stesse considerazioni possono valere anche nel caso della convivenza more uxorio, che difficilmente superava lo scoglio dell’irripetibilità delle somme prevista dall’art. 2034 c.c., ovverosia di quanto "spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali".
In questo contesto alcune recenti sentenze di merito sono senza dubbio portatrici di maggior favore all’accoglimento delle domande volte alla "restituzione" e/o comunque ad una sorta di riequilibrio delle attribuzioni patrimoniali effettuate in costanza di matrimonio o convivenza. Il Tribunale di Modena, con sentenza del 6/4/2012, analizzava la richiesta di restituzione di somme spese per migliorie e ampliamenti di un bene mobile di proprietà esclusiva dell’altro coniuge, e confermava l’applicabilità dell’art. 1150 c.c. a fattispecie di questo tipo pur dovendola escludere nel caso esaminato, in quanto il coniuge interessato era stato mero detentore dell’immobile. nella stessa decisione il Tribunale ha riconosciuto un "ingiustificato arricchimento ad esclusivo vantaggio del coniuge proprietario dell'immobile, non considerando legittima una definitiva perdita patrimoniale a carico dell'altro coniuge." e ritenuto applicabile il rimedio generale e sussidiario dell'art. 2041 c.c., invocato dalla difesa del coniuge in via subordinata. Il Tribunale Vicenza con sentenza del 23/10/2013, ha applicato al matrimonio quanto statuito dalla Cassazione in tema di convivenza more uxorio, effettuando una completa equiparazione. Infine, ancor più interessante è la decisione del Tribunale di Brindisi 26/5/2014 perché il giudice pugliese ha dato un contenuto economico, se non una vera e propria quantificazione alle prestazioni in favore della famiglia che eccedono i confini della contribuzione alla vita familiare come delineata dall’art.143 c.c., fissando, in assenza di ulteriori fonti di reddito o beni eventualmente derivanti dalla famiglia di origine, in un quarto del reddito annuale del coniuge che ha effettuato gli esborsi.
Al momento della crisi matrimoniale talvolta emerge che il contributo economico alla vita familiare dato da ciascun coniuge sia stato "sproporzionato" in eccesso o difetto, quando addirittura non abbia prodotto un vero e proprio arricchimento di uno nei confronti dell’altro.
Il caso classico è costituito dall’acquisto o dalla ristrutturazione di immobili intestati a uno dei coniugi con denari esclusivamente o parzialmente dell’altro. Nel caso di acquisti o ristrutturazioni immobiliari, le richieste di restituzione o indennizzo si sono spesso scontrate con una interpretazione giurisprudenziale molto ampia del dovere di contribuzione previsto dall’art. 143 c.c.. Difatti, la giurisprudenza ha, in taluni casi, negato la restituzione al coniuge di somme, anche ingenti, spese per ristrutturazioni di immobile di proprietà dell’altro, in quanto si trattava di immobile destinato all’uso familiare (Cass.18749/04).
Alle stesse conclusioni, tra l’altro, è arrivata la giurisprudenza in tema di attribuzioni in costanza di convivenza more uxorio, riconducendo il contributo alla vita familiare alle obbligazioni naturali previste dall’art. 2034 c.c., con una presunzione di gratuità che viene meno soltanto "allorchè risulti che la prestazione stessa esula dai doveri di carattere morale e civile di mutua assistenza e collaborazione" che, nel contesto delle condizioni economiche dei coniugi abbia determinato un "inspiegabile" e "illogico" arricchimento del convivente (Cass. 3713/03 - conf. Cass. 1277/2014).
2. Nel corso del tempo varie sono state le strade percorse dinanzi ai tribunali (dall’applicazione dell’art.1150 c.c. in caso di ristrutturazioni immobiliari, in virtù della posizione di possessore del coniuge che effettua l’elargizione a tale scopo, all’azione di arricchimento ai sensi dell’art.2041 c.c.) per giungere allo scopo di consentire un regime di restituzioni che nell’ambito matrimoniale, facendo leva soltanto sulla proporzionalità di cui all’art.143 c.c., avrebbe trovato accoglimento solo in casi di manifesta sproporzione nel contesto economico familiare.
Nell’analisi di queste fattispecie ha sempre dominato la generale presunzione di gratuità di tutto quanto conferito, in termini di beni ma spesso anche di prestazioni professionali, in favore della famiglia. Le stesse considerazioni possono valere anche nel caso della convivenza more uxorio, che difficilmente superava lo scoglio dell’irripetibilità delle somme prevista dall’art. 2034 c.c., ovverosia di quanto "spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali".
In questo contesto alcune recenti sentenze di merito sono senza dubbio portatrici di maggior favore all’accoglimento delle domande volte alla "restituzione" e/o comunque ad una sorta di riequilibrio delle attribuzioni patrimoniali effettuate in costanza di matrimonio o convivenza. Il Tribunale di Modena, con sentenza del 6/4/2012, analizzava la richiesta di restituzione di somme spese per migliorie e ampliamenti di un bene mobile di proprietà esclusiva dell’altro coniuge, e confermava l’applicabilità dell’art. 1150 c.c. a fattispecie di questo tipo pur dovendola escludere nel caso esaminato, in quanto il coniuge interessato era stato mero detentore dell’immobile. nella stessa decisione il Tribunale ha riconosciuto un "ingiustificato arricchimento ad esclusivo vantaggio del coniuge proprietario dell'immobile, non considerando legittima una definitiva perdita patrimoniale a carico dell'altro coniuge." e ritenuto applicabile il rimedio generale e sussidiario dell'art. 2041 c.c., invocato dalla difesa del coniuge in via subordinata. Il Tribunale Vicenza con sentenza del 23/10/2013, ha applicato al matrimonio quanto statuito dalla Cassazione in tema di convivenza more uxorio, effettuando una completa equiparazione. Infine, ancor più interessante è la decisione del Tribunale di Brindisi 26/5/2014 perché il giudice pugliese ha dato un contenuto economico, se non una vera e propria quantificazione alle prestazioni in favore della famiglia che eccedono i confini della contribuzione alla vita familiare come delineata dall’art.143 c.c., fissando, in assenza di ulteriori fonti di reddito o beni eventualmente derivanti dalla famiglia di origine, in un quarto del reddito annuale del coniuge che ha effettuato gli esborsi.
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