Banca: omessa produzione degli estratti, saldo zero
Art. 2220 c.c., omessa produzione da parte della banca degli estratti conto, partenza da saldo zero

il diritto del correntista a vedersi restituire tutte le somme indebitamente sottrattegli dalla banca a partire dall'inizio del rapporto verrebbe di fatto frustrato ove si ponesse a suo carico l'onere di produrre tutti i contratti, le pattuizioni successive e soprattutto gli estratti conto periodicamente inviati dalla banca. Tale onere costituirebbe la pretesa di una probatio diabolica oltre ad essere contrario al principio, ormai affermatosi in giurisprudenza (S.U. n. 12533 del 2001), di vicinanza della prova.
Sul punto la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi recentemente con sentenza n. 18541 del 2 agosto 2013, affermando che: "non si può confondere l'onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito" (nello stesso senso anche Cass. n. 23974 del 2010). "La contestazione relativa all'illegittima capitalizzazione degli interessi, determina, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte (S.U. 21095 del 2004), la necessità di verificare fin dall'inizio del rapporto e nei limiti dell'applicabilità della prescrizione (S.U. 24418 del 2010), ove eccepita, l'esistenza e l'applicazione della previsione negoziale invalida. La produzione degli estratti conto relativi ad una frazione temporale unilateralmente individuata dalla banca nella fase più recente di operatività del rapporto, è radicalmente inidonea ad assolvere all'onus probandi posto a carico di essa.
La norma contenuta nell'art. 2220 cod. civ., secondo la quale le scritture contabili devono essere conservate per dieci anni dall'ultima registrazione costituisce uno strumento di tutela per i terzi estranei all'attività imprenditoriale volto a garantire l'accesso, la conoscibilità e la trasparenza delle attività d'impresa. Così definita (Cass. 1842 del 2011) la ratio legis dell'art. 2220 cod. civ., la previsione di un così ampio lasso temporale di operatività dell'obbligo di conservazione dei documenti contabili, non può essere interpretata come una limitazione legale dell'onus probandi posto a carico di chi è tenuto, conformemente ai creditori non imprenditori, a fornire la prova integrale del proprio credito, non potendo sottrarsi a tale onere, nel giudizio a cognizione piena, quando le contestazioni del debitore riguardano l'intera durata del rapporto".
Partendo da tale principio, il Tribunale di Brindisi, con sent. del 9 agosto 2012 ha inoltre affermato: "nel giudizio di ripetizione dell'indebito, anche se la banca non abbia proposto domanda riconvenzionale, se non siano stati depositati gli estratti conti fin dall'inizio del rapporto e il saldo contabile risulti negativo per il correntista, deve assumersi, quale base del riconteggio, un saldo di partenza pari a zero, in quanto il principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., deve essere adeguatamente temperato avuto riguardo al principio della vicinanza alla fonte della prova che le Sezioni Unite, n. 12533 del 2001, hanno elevato a criterio principe nella ripartizione dell'onere stesso".
"Poiché, come ribadito dalle Sezioni Unite n. 13533 del 2001, negativa non sunt probanda, la prova che non esista un credito della banca o che lo stesso non abbia una determinata consistenza quantitativa non può essere posta a carico dell'attore; per contro, esponendosi lo stesso all'onere di una prova diabolica". Ancora: "il debitore può limitarsi ad allegare l'inesistenza del credito, dovendo per contro la banca convenuta fornire la prova dell'esistenza della pretesa creditoria vantata ed, eventualmente, già azionata nei riguardi del primo; criterio, rispondente ad un principio di razionalità logica e valevole per qualunque ipotesi in cui sia dedotta in giudizio l'esistenza di un credito o di una posizione giuridica attiva, anche di carattere reale e se ne imponga l'accertamento negativo".
Nello stesso senso si è pronunciato il Tribunale di Latina, con sent. del 19 giugno 2012: "L'omessa produzione da parte della banca degli estratti conto dall'apertura del rapporto, non consentendo di verificare la giustificazione del saldo, ancorché sia necessario verificare la legittimità delle modalità di addebito di interessi, spese e commissioni, comporta la necessità di ricondurre a zero il primo saldo disponibile".
Sul punto la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi recentemente con sentenza n. 18541 del 2 agosto 2013, affermando che: "non si può confondere l'onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito" (nello stesso senso anche Cass. n. 23974 del 2010). "La contestazione relativa all'illegittima capitalizzazione degli interessi, determina, alla luce del consolidato orientamento di questa Corte (S.U. 21095 del 2004), la necessità di verificare fin dall'inizio del rapporto e nei limiti dell'applicabilità della prescrizione (S.U. 24418 del 2010), ove eccepita, l'esistenza e l'applicazione della previsione negoziale invalida. La produzione degli estratti conto relativi ad una frazione temporale unilateralmente individuata dalla banca nella fase più recente di operatività del rapporto, è radicalmente inidonea ad assolvere all'onus probandi posto a carico di essa.
La norma contenuta nell'art. 2220 cod. civ., secondo la quale le scritture contabili devono essere conservate per dieci anni dall'ultima registrazione costituisce uno strumento di tutela per i terzi estranei all'attività imprenditoriale volto a garantire l'accesso, la conoscibilità e la trasparenza delle attività d'impresa. Così definita (Cass. 1842 del 2011) la ratio legis dell'art. 2220 cod. civ., la previsione di un così ampio lasso temporale di operatività dell'obbligo di conservazione dei documenti contabili, non può essere interpretata come una limitazione legale dell'onus probandi posto a carico di chi è tenuto, conformemente ai creditori non imprenditori, a fornire la prova integrale del proprio credito, non potendo sottrarsi a tale onere, nel giudizio a cognizione piena, quando le contestazioni del debitore riguardano l'intera durata del rapporto".
Partendo da tale principio, il Tribunale di Brindisi, con sent. del 9 agosto 2012 ha inoltre affermato: "nel giudizio di ripetizione dell'indebito, anche se la banca non abbia proposto domanda riconvenzionale, se non siano stati depositati gli estratti conti fin dall'inizio del rapporto e il saldo contabile risulti negativo per il correntista, deve assumersi, quale base del riconteggio, un saldo di partenza pari a zero, in quanto il principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., deve essere adeguatamente temperato avuto riguardo al principio della vicinanza alla fonte della prova che le Sezioni Unite, n. 12533 del 2001, hanno elevato a criterio principe nella ripartizione dell'onere stesso".
"Poiché, come ribadito dalle Sezioni Unite n. 13533 del 2001, negativa non sunt probanda, la prova che non esista un credito della banca o che lo stesso non abbia una determinata consistenza quantitativa non può essere posta a carico dell'attore; per contro, esponendosi lo stesso all'onere di una prova diabolica". Ancora: "il debitore può limitarsi ad allegare l'inesistenza del credito, dovendo per contro la banca convenuta fornire la prova dell'esistenza della pretesa creditoria vantata ed, eventualmente, già azionata nei riguardi del primo; criterio, rispondente ad un principio di razionalità logica e valevole per qualunque ipotesi in cui sia dedotta in giudizio l'esistenza di un credito o di una posizione giuridica attiva, anche di carattere reale e se ne imponga l'accertamento negativo".
Nello stesso senso si è pronunciato il Tribunale di Latina, con sent. del 19 giugno 2012: "L'omessa produzione da parte della banca degli estratti conto dall'apertura del rapporto, non consentendo di verificare la giustificazione del saldo, ancorché sia necessario verificare la legittimità delle modalità di addebito di interessi, spese e commissioni, comporta la necessità di ricondurre a zero il primo saldo disponibile".
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