Banche centrali in attesa di tempi migliori?

Secondo la tradizione, gli ultimi tre giorni di gennaio (o gli ultimi due di gennaio e il primo di febbraio) coincidono con i tre giorni più freddi dell'anno e vengono chiamati “giorni della merla”.
Nonostante non ci siano elementi scientifici a supporto della credenza e le statistiche meteorologiche intervengano prontamente a contrastare il detto popolare, il volgersi al termine di un anno e l’inizio del nuovo coincide spesso con il palesarsi di perturbazioni che portano mal tempo e gelo nel nostro Paese. E, quest’anno, il meteo è metaforicamente riconducibile a quanto successo a livello macroeconomico in tutto il mondo: nelle ultime settimane del 2018 i mercati finanziari sono arrivati a prezzare un marcato peggioramento dello scenario macro a livello globale (con timori, in particolare, sulla domanda interna della Cina). In realtà, pur se in deterioramento, l’andamento dei dati nel complesso non sta segnalando un netto mutamento del quadro congiunturale, nonostante la debolezza nell’Area Euro si stia rivelando più persistente delle attese.
Provviste di termometro, le Banche centrali stanno monitorando quanto succede: proprio per la complessità di leggere le effettive condizioni cicliche dell’economia dell’Area Euro, la BCE ha finora mantenuto invariata la linea di politica monetaria e, oltreoceano, la FED una condotta sostanzialmente neutrale.
L’Area Euro sta, infatti, attraversando una fase di indebolimento ciclico più prolungata del previsto e i dati sulla fiducia delle imprese continuano a sorprendere al ribasso, mantenendo un tono negativo anche ad inizio anno. Tuttavia, un miglioramento “climatico” è atteso a partire dal secondo trimestre, non appena saranno risolti alcuni fattori di rischio, e non si intravedono condizioni per un ingresso in recessione.
Il rischio che il deterioramento del quadro macro impedisca alla BCE di avviare la normalizzazione dei tassi tra fine 2019 e inizio 2020 è decisamente aumentato nel corso delle ultime settimane e, nel frattempo, Draghi ha segnalato che le prossime mosse saranno decise sulla base dei nuovi dati.
Le tensioni sui mercati finanziari nelle ultime settimane del 2018 hanno anche annuvolato il cielo statunitense: abbiamo rivisto al ribasso la crescita dell’economia USA nella prima parte dell’anno in corso, prevenendo la crescita annualizzata al 2% e quella media per il 2019 al 2.4% (dal 2.6% precedente). Il nostro scenario contempla un ulteriore rallentamento (intorno all’1.5%) nella parte finale del 2019, ritmo che dovrebbe essere mantenuto anche nel corso del prossimo anno. Riteniamo ancora piuttosto remoto il rischio di recessione nell’anno in corso.
La pressione dei mercati ha peraltro indotto la Fed ad un repentino cambio di rotta: la banca centrale USA ha assunto un atteggiamento improntato alla “prudenza” e il rialzo dei tassi è, quindi, in una fase di pausa. I mercati stanno prezzando che il ciclo dei rialzi si sia ormai concluso, mentre a nostro avviso rimane lo spazio per altri rialzi nella seconda metà dell’anno ma con un elevato rischio che la Fed possa essere più morbida (anche se riteniamo improbabile un taglio dei tassi nel corso di quest’anno).
In presenza di temi politici non ancora risolti, il dollaro statunitense mantiene una certa attrattività nel breve termine, ma in un orizzonte di più lungo periodo il potenziale di rialzo della divisa americana è più limitato.
Volando in Giappone, le prospettive per l’inflazione nell’anno in corso restano dimesse: alle misure di policy si è aggiunto il calo del prezzo petrolio e il recente apprezzamento dello yen. Abbiamo pertanto rivisto al ribasso le nostre previsioni per il 2019 dallo 0.7% allo 0.5%.
Il 2019 si prospetta un anno difficile per la BoJ: il sentiero dell’inflazione è ancora lontano dal target rendendo molto difficile una prossima uscita dall’attuale politica ultra-espansiva.
Anche i dati provenienti dalla Cina sono risultati deboli. Come atteso, la crescita del PIL nel quarto trimestre ha rallentato dal 6.6% annualizzato al 6.1%. Gli investimenti e le vendite al dettaglio sono in ripresa mentre gli scambi commerciali continuano a rappresentare il principale fattore di rischio: le negoziazioni con gli USA sono ancora in corso, ma non sembrano trapelare notizie confortanti.
Il disgelo potrebbe arrivare dai mercati azionari che, grazie a un rimbalzo avvenuto a inizio d’anno, hanno recuperato parte delle perdite precedenti. Per il 2019 prevediamo un cambio di andatura a passo più moderato e omogeneo tra le aree quindi, in assenza di un deterioramento macro che determini una contrazione degli utili, le valutazioni appaiono interessanti sia in termini assoluti sia rispetto al reddito fisso.
Sul fronte aziendale la combinazione di valutazioni e stime di crescita degli utili appare antitetica rispetto all’anno precedente: le valutazioni, infatti, si sono riportate sotto la media storica (apparivano un po’ care all’inizio dello scorso anno), gli utili sono oggetto di continue revisioni al ribasso, il sentiment è in modo generalizzato più cauto e si nota una ri-convergenza verso tassi di crescita più bassi nei cicli del fatturato tra le principali regioni. Il contesto di mercato e l’evoluzione del mix di crescita e inflazione suggeriscono la preferenza per titoli di maggiore qualità e visibilità degli utili e con minore indebitamento. Siamo neutrali sulle principali aree geografiche, in considerazione anche di un maggiore allineamento degli utili tra di esse.
In ogni caso, anche volendo credere alla tradizione, i giorni della merla sono solo tre e - in concomitanza di questo periodo - si allungano le giornate: aumentano le ore di sole e si prevede un clima più mite.
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