Barclays, HSBC, Morgan Stanley e JPMorgan Chase riducono le emissioni

Negli ultimi mesi, molte banche di affari hanno sviluppato piani per rendere le loro operazioni più “green” entrando a far parte di un meccanismo in cui vogliono essere degli attori virtuosi.
Gli investimenti non sono immuni dal creare effetti negativi sull’ambiente, così molte banche d’affari anglosassoni hanno deciso di darsi degli obiettivi più o meno a lungo termine per ridurre il loro impatto sull’ambiente e contribuire alla lotta per evitare che entro il 2050 le temperature medie del pianeta siano più alte di 1,5° rispetto all’era preindustriale.
Tra le prime banche a presentare un piano, Barclays ha creato una strategia con sei punti: divulgazione trasparente, lavoro a fianco dei clienti, evoluzione dell’approccio, riconoscimento delle opportunità commerciali, sostegno alle tecnologie che riducono le emissioni, bilanciamento negli investimenti futuri che potrebbero causare emissioni.
Questa strategia è stata decisa seguendo le linee della Partnership for Carbon Accounting Financials (PCAF) e del Paris Agreement Capital Transition Assessment Tool (PACTA), uno strumento elaborato dalla 2 Degrees Investing Initiative (2DII) per la creazione di portafogli finanziari a zero emissioni.
La prima è una partnership tra compagnie finanziarie mentre la seconda è una think tank. Entrambe hanno lo scopo di studiare l’impatto degli investimenti finanziari in termino di emissioni di gas serra ed entrambi le istituzioni hanno come punto di riferimento nella loro mission gli Accordi di Parigi del 2015.
La seconda banca britannica che negli ultimi mesi ha intrapreso questo sentiero è la HSBC, che nella sua strategia ha specificato come si concentrerà nei prossimi su tre fronti: diventare una banca ad emissioni zero attraverso le direttive del PACTA e coordinandosi con altri istituti finanziari; sostegno ai clienti durante questa transizione (che la banca vuole completare entro il 2030); investimenti in tutti quei progetti che accelerino questo processo, progetti che la banca negli ultimi anni ha iniziato a finanziare.
Nel 2020 anche le banche americane Morgan Stanley e JPMorgan Chase hanno rivelato i loro piani per il raggiungimento delle emissioni zero nei loro investimenti.
Morgan Stanley ha deciso di creare delle soluzioni finanziarie all’interno della PCAF con un proprio istituto chiamato Morgan Stanley Institute for Sustainable Investing, strutturato in organi relativi ai vari aspetti del concetto di Environment Sustainable Governance (ESG).
A differenza delle banche citate finora, Morgan Stanley si è data come limite temporale per il raggiungimento dei suoi obiettivi il 205. La banca americana non è nuova a iniziative del genere: già da qualche tempo sta applicando un protocollo di rispetto dei diritti umani per quanto riguarda i suoi investimenti.
La JPMorgan Chase ha definito ha in ottobre la sua missione in maniera più dettagliata delle banche finora elencate. L’aspetto sul quale da qui al 2050 si concentrerà di più è quello energetico perché è il settore che crea più emissioni a livello globale.
In particolare, la banca di affari americana ha annunciato che investirà in maniera decisa in tre settori: petrolio e gas naturale, energia elettrica (come alternativa alle prime due) e automotive.
Il punto principale di questo piano è che nonostante la necessità di ridurre le emissioni entro il 2050 come previsto degli Accordi di Parigi, il petrolio resterà ancora la principale fonte di energia per i prossimi decenni.
Questi piani però si scontrano con un problema, scrive l’Economist in uno dei suoi ultimi numeri.
Come misurare la reale riduzione delle emissioni?
A questo proposito ci sono due metodi di misurazione sviluppati dalla PCAF e dalla 2DII.
Nel primo caso consiste nel misurare il valore di un’azienda o di un progetto e di agganciare la quantità di inquinamento atmosferico creato da un istituto bancario in base alla partecipazione alla azienda stessa. In questo caso, quindi, l’istituto bancario contribuirà principalmente in termini percentuali alle emissioni inquinanti.
Mentre il secondo metodo consiste semplicemente nel seguire gli Accordi di Parigi, ma in questo caso molti degli asset finanziari non sarebbero considerati nel computo degli agenti inquinanti.
Il dibattito attorno agi obiettivi delle banche in merito alle emissioni inquinanti è solo all’inizio ed è prevedibile che molte altre banche in futuro svilupperanno piani per la riduzione dell’inquinamento atmosferico.
Il vero nodo della questione sarà se gli enti privati potranno svilupparli in maniera indipendente o seguendo le direttive di organi pubblici.
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