Bitcoin e oro per me pari sono. Oppure no...


La possibile nuova frontiera della diversificazione degli investimenti
Bitcoin e oro per me pari sono. Oppure no...

La diversificazione degli investimenti, nell'era dei tassi a zero e della nuova Modern Monetary Theory, è sempre più difficile, come anche indicato nel mio precedente articolo.

Dove si potrebbe allora spostare la ricerca degli operatori finanziari per diversificare gli investimenti?

L’accesso a questo ulteriore livello è, probabilmente, individuato in alcune criptovalute, in particolare la più conosciuta: il BITCOIN.

Maldestramente ignorate da parte delle autorità (politiche, monetarie e regolamentari) nella loro fase embrionale. Studiate e non contrastate come fenomeni isolati ed ipotesi di scuola per scenari futuri dalle autorità monetarie e regolamentari, nella loro fase di sviluppo, si sono praticamente autolegittimate per l’entità dei volumi economici raggiunti. Insomma, l’ennesimo errore di sottostima da parte dei regolatori e della politica.

Ulteriore dimostrazione di questa incapacità previsionale e di sottostima del fenomeno da parte delle autorità, sono gli importanti danni economici causati al sistema finanziario, come è emerso durante la conferenza sulla cybersecurity del Salone del Risparmio 2019, tenutasi a Milano il 3 aprile scorso, a cui hanno partecipato: Melissa Hathaway, senior advisor per la cybersecurity della Harvard Kennedy School,  in passato consigliere per la sicurezza informatica per l’amministrazione di George W. Bush e di Barack Obama ed Alessandro Armando, esperto di cybersicurezza e professore dell’Università degli Studi di Genova.

La mancanza di regole circa la creazione, l’utilizzo e l’effettiva tracciabilità dei movimenti delle criptovalute ha consentito, ad esempio, la chiusura del cerchio di truffe e attacchi informatici a scopo economico dove, altrimenti, non ci sarebbe stato alcun interesse, se non quello di tipo militare e politico.

Non faccio riferimento ai furti su singoli rapporti individuali, come ad esempio l’utilizzo improprio dei dati della carta di credito altrui, ma a decine, se non centinaia di milioni di Dollari che sono stati sottratti al sistema finanziario internazionale, attraverso l’intrusione fraudolenta nei sistemi informatici di pagamento, come lo SWIFT, da parte di organizzazione illegali come COBALT o CARBANAK e resi irrintracciabili tramite le criptovalute.

Al fenomeno più notorio e dalle maggiori dimensioni economiche raggiunte (la prima criptovaluta: il BITCOIN, nemmeno più eliminabile senza evitare probabili contraccolpi economici), si è cercato di dare sfogo con la creazione di un future su un mercato regolamentato, il CBOE di Chicago, consentendone così, de facto, un uso legale, anche se, dal punto di vista normativo, il BITCOIN ha ancora la stessa valenza delle banconote del Monopoli.

L’apertura alle contrattazioni in un mercato ufficiale, con la benedizione delle Autorità di Vigilanza americane (SEC), anziché portarlo all’autodistruzione, ha consentito alla Grande Finanza, rimasta fino ad allora fuori dal gioco ed al margine con prese di posizioni ambigue, di poterne accumulare grandi quantità e di potervi mettere, finalmente, le mani sopra.

Il BITCOIN, dal punto di vista del sistema finanziario, è riuscito, infatti, ad accumulare tutta una serie di pregi che piacciono ai Signori della Finanza che conta.

L’elevato numero di BITCOIN presenti sul mercato, rispetto alla quantità totale estraibile, se da un lato rende poco conveniente la cosiddetta attività di “mining”, cioè la creazione di nuovi BITCOIN, rende più manovrabile il prezzo da parte degli operatori dotati di mezzi finanziari importanti.

La natura stessa della Blockchain rende il clearing delle operazioni di scambio più sicuro e più veloce rispetto, ad esempio, al regolamento delle operazioni di acquisto e vendita di oro fisico.

La sicurezza informatica adottata per altre attività dagli operatori finanziari di grandi dimensioni, rende impossibile il furto dei BITCOIN, come invece è accaduto e può succedere ai singoli risparmiatori a cui viene rubato il wallet (un “borsellino” elettronico in cui vengono custoditi i BITCOIN e le altre cripto valute).

Anche i costi  di scambio fisico e di magazzino delle criptovalute risultano inferiori a quello del bene rifugio per eccellenza: l’oro.

I tassi di interesse molto bassi danno, in assenza di costi,  le stesse opportunità di detenzione dell’oro fisico.

Il mercato future sul BITCOIN ha potenzialmente consentito ai grandi operatori finanziari di entrarvi e contemporaneamente di buttar fuori gran parte dei precedenti detentori della criptovaluta che erano persone fisiche.

La clearing house delle operazioni di future sul BITCOIN, lo rende liquido e consente un agevole passaggio, finchè non interverranno norme legali di regolamentazione del fenomeno, fra la moneta reale e quella virtuale e viceversa.

Le barriere di prezzo e regolamentari favoriscono ora gli investitori professionali rispetto agli investitori retail.

Nella pratica tutto questo si è tradotto, negli ultimi mesi, in un andamento del BITCOIN che è stato quasi speculare a quello dei mercati, in particolare del NASDAQ, come indicato dai movimenti dei prezzi. In pratica il BITCOIN è, probabilmente, risultato il bene rifugio per eccellenza, a scapito dell’oro stesso, nelle fase più concitate e di volatilità di mercato. Dove, però, solo grandi operatori possono operare senza scottarsi più di tanto le mani e fino a quando i Legislatori ed i Regolatori decideranno sul suo destino finale.

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di Andrea Maramotti

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