"Braccialetti Rossi": messa in scena di emozioni
Ecco un altro potentissimo esempio di come la televisione possa avvicinarci a dinamiche di sofferenza, altrimenti quasi inaffrontabili

In questi giorni la Rai sta riproponendo la seconda stagione di "Braccialetti Rossi" in vista della terza e inedita stagione, che andrà in onda in autunno.
Per l’occasione ho rivisto tutto d’un fiato la prima stagione.
Questa miniserie TV racconta le vicende di 6 ragazzi (Leo, Vale, Toni, Rocco e Cris e Davide) che per vari motivi si ritrovano ricoverati in un ospedale di lungo-degenza.
Leo (Leone) e Vale (Valentino) combattono con un tumore (per il quale entrambi hanno subito l’amputazione di una gamba), Cris (Cristina) combatte contro l’anoressia e la sua "paura" di vivere mentre Toni ha fatto un incidente con il motorino e deve "riparare le sue ammaccature".
Rocco, voce narrante, è in coma da 8 mesi a causa della "caduta" in piscina da un trampolino di 10 metri. Da quel giorno è sul bordo della stessa piscina, sul confine tra la vita e la morte, in un coma vigile dove sente e percepisce tutto, incontra le persone che stanno per morire (o tornare alla vita) e comunica con Toni (personaggio apparentemente "svitato", ma dotato di alcune caratteristiche che lo rendono splendidamente "speciale").
Grazie ai consigli del "vecchio e saggio" Nicola, Leo decide di creare un gruppo, i "Braccialetti Rossi" appunto.
Grazie alla loro amicizia e al Gruppo riescono a gestire le difficoltà che devono affrontare: l’amputazione di Vale, l’ennesima chemio di Leo e le "prove bilancia" di Cris.
Davide, invece, ragazzo apparentemente antipatico, scontroso e indisponente, sviene misteriosamente giocando a calcio e, nonostante la sua giovane età, è vittima di un arresto cardiaco.
Dopo un periodo di "studio" in cui i medici cercano di capire cos’abbia Davide, la diagnosi arriva: aneurisma dell’aorta, molto pericoloso perché molto vicino al cuore.
La notte prima dell’operazione (che purtroppo per Davide risulterà fatale) il dottore che lo opererà racconta a Davide una storia su un giovane chirurgo (lui) e il suo maestro, che nei suoi ultimi sette giorni di vita gli ha rivelato i "sette segreti per la felicità"; l’unico che il dottore si sente di rivelare, in via eccezionale, è questo: "LE PERDITE POSSONO ESSERE DELLE CONQUISTE".
Davide non capisce cosa possa voler dire questa frase ma basta poco (molta fatica, tanto impegno e un cambio di prospettiva, in realtà) per capire quanto sia vero. E’ una situazione che tutti vorremmo evitare ma quante emozioni, quanti amici, quanti legami e, soprattutto, quanta forza scopriamo di avere soltanto grazie agli ostacoli che troviamo sul nostro percorso (perchè altrimenti non avremmo motivi per "farla uscire").
Io personalmente mi sono trovata ed affronto quotidianamente la Sclerosi Multipla, che non considero per niente "una bestia" ma piuttosto una "particolarità" della mia storia. Solo grazie a questo problema ho potuto riconoscere alcune mie doti, come la sensibilità, la forza, la perseveranza ma anche emozioni come la paura e la tristezza.
Nella mia storia di ricoveri ce ne sono stati tanti (una volta ne ho contati 13 e l’ultimo è durato quasi 3 mesi!) e ho vissuto sulla mia pelle il legame fortissimo che si crea grazie alla sofferenza e il senso di abbandono e spaesamento alla dimissione. Sembra incredibile ma è così!
Ancora una volta, per concludere questa riflessione, sono grata alla televisione e al cinema perché sono mezzi potentissimi per mettere in scena le emozioni vere e penso a quanto sia importante un percorso di psicoterapia per imparare a gestirle e trovare quale sia il senso e il significato della nostra storia (Ancora una volta, parlo anche per esperienza personale!).
Per l’occasione ho rivisto tutto d’un fiato la prima stagione.
Questa miniserie TV racconta le vicende di 6 ragazzi (Leo, Vale, Toni, Rocco e Cris e Davide) che per vari motivi si ritrovano ricoverati in un ospedale di lungo-degenza.
Leo (Leone) e Vale (Valentino) combattono con un tumore (per il quale entrambi hanno subito l’amputazione di una gamba), Cris (Cristina) combatte contro l’anoressia e la sua "paura" di vivere mentre Toni ha fatto un incidente con il motorino e deve "riparare le sue ammaccature".
Rocco, voce narrante, è in coma da 8 mesi a causa della "caduta" in piscina da un trampolino di 10 metri. Da quel giorno è sul bordo della stessa piscina, sul confine tra la vita e la morte, in un coma vigile dove sente e percepisce tutto, incontra le persone che stanno per morire (o tornare alla vita) e comunica con Toni (personaggio apparentemente "svitato", ma dotato di alcune caratteristiche che lo rendono splendidamente "speciale").
Grazie ai consigli del "vecchio e saggio" Nicola, Leo decide di creare un gruppo, i "Braccialetti Rossi" appunto.
Grazie alla loro amicizia e al Gruppo riescono a gestire le difficoltà che devono affrontare: l’amputazione di Vale, l’ennesima chemio di Leo e le "prove bilancia" di Cris.
Davide, invece, ragazzo apparentemente antipatico, scontroso e indisponente, sviene misteriosamente giocando a calcio e, nonostante la sua giovane età, è vittima di un arresto cardiaco.
Dopo un periodo di "studio" in cui i medici cercano di capire cos’abbia Davide, la diagnosi arriva: aneurisma dell’aorta, molto pericoloso perché molto vicino al cuore.
La notte prima dell’operazione (che purtroppo per Davide risulterà fatale) il dottore che lo opererà racconta a Davide una storia su un giovane chirurgo (lui) e il suo maestro, che nei suoi ultimi sette giorni di vita gli ha rivelato i "sette segreti per la felicità"; l’unico che il dottore si sente di rivelare, in via eccezionale, è questo: "LE PERDITE POSSONO ESSERE DELLE CONQUISTE".
Davide non capisce cosa possa voler dire questa frase ma basta poco (molta fatica, tanto impegno e un cambio di prospettiva, in realtà) per capire quanto sia vero. E’ una situazione che tutti vorremmo evitare ma quante emozioni, quanti amici, quanti legami e, soprattutto, quanta forza scopriamo di avere soltanto grazie agli ostacoli che troviamo sul nostro percorso (perchè altrimenti non avremmo motivi per "farla uscire").
Io personalmente mi sono trovata ed affronto quotidianamente la Sclerosi Multipla, che non considero per niente "una bestia" ma piuttosto una "particolarità" della mia storia. Solo grazie a questo problema ho potuto riconoscere alcune mie doti, come la sensibilità, la forza, la perseveranza ma anche emozioni come la paura e la tristezza.
Nella mia storia di ricoveri ce ne sono stati tanti (una volta ne ho contati 13 e l’ultimo è durato quasi 3 mesi!) e ho vissuto sulla mia pelle il legame fortissimo che si crea grazie alla sofferenza e il senso di abbandono e spaesamento alla dimissione. Sembra incredibile ma è così!
Ancora una volta, per concludere questa riflessione, sono grata alla televisione e al cinema perché sono mezzi potentissimi per mettere in scena le emozioni vere e penso a quanto sia importante un percorso di psicoterapia per imparare a gestirle e trovare quale sia il senso e il significato della nostra storia (Ancora una volta, parlo anche per esperienza personale!).
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