Burnout: l'aiuto che esaurisce
Il burnout, dall'inglese - bruciarsi - è una reazione allo stress, alla tensione e ad un sovraccarico emozionale quotidiano e prolungato nel tempo

Il burnout è una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti che per professione "si occupano della gente". Così Christina Maslach (1997) definisce ciò che capita alle persone, agli operatori che si prendono cura in qualche forma di un destinatario di aiuto.
Pensiamo a tutte le professioni (helping professions) come i medici, gli infermieri, gli assistenti sociali, gli psichiatri, gli psicologi ed anche figure educative quali insegnanti, educatori o chi assiste in qualche forma un familiare bisognoso (anziani, bambini).
Come comincia? Il burnout non è un evento improvviso. Inizia in maniera graduale, presenta sintomi inizialmente poco riconoscibili, spesso non dichiarati per vergogna o per timore e può evolvere per mesi, a volte per anni. Può coinvolgere il corpo, la psiche, il comportamento sociale e nei casi più acuti può portare all'inabilità al lavoro.
Quali i fattori di rischio? Ci sono fattori di rischio legati all'ambiente quali il sovraccarico emozionale e fisico del lavoro, un lavoro scarso o non soddisfacente, le relazioni con i colleghi ed i superiori che sono vissute più come fonte di stress che di sostegno. Ciò che può accadere è che i conflitti con gli utenti se non direttamente affrontati o condivisi possono essere riversati sui colleghi; la mancanza di rapporto con i colleghi porta all'isolamento, al malumore, al non fidarsi, al non dire..
Allo stesso modo, le persone a volte non si fidano e non condividono il loro disagio con i superiori perchè "non capirebbero, lo userebbero contro di me". Ma questo fa sì che esse non portino i problemi alla luce e non possano di conseguenza ricevere sostegno, aiuto e riconoscimenti nel proprio lavoro. Infatti, il potersi confrontare con gli altri ha il senso di "fare il punto", di ricevere feedback da un altro polo di osservazione, esterno alla relazione di aiuto, nella quale la persona è implicata. Questo aiuta a ridimensionare le difficoltà, a condividerne il peso, le ansie e le frustrazioni.
Esistono poi fattori di rischio legati alle caratteristiche delle persone. Lungi dal voler generalizzare, possiamo tracciare un quadro puramente indicativo delle persone più esposte alla sindrome del burnout. Sono persone con alti ideali ed un elevato senso del dovere, animate da una fiammella di passione nei confronti del proprio lavoro e, fattore non meno importante, molto bisognose dell'approvazione altrui. Questo aspetto le rende maggiormente esposte, nella misura in cui il rischio è quello di far dipendere eccessivamente il loro valore in funzione di quanto gli altri glielo riconoscono. Meno fiducia, maggiore senso di impotenza di fronte alle difficoltà, maggiore focalizzazione sugli insuccessi.
Quali gli effetti del burnout? Possono esserci alcuni campanelli di allarme. Possono insorgere sintomi psicosomatici, mal di testa, tensione muscolare, tachicardia, aumento o perdita di peso fino ad arrivare a condotte di abuso (es: di caffè, alcool, psicofarmaci). Da un punto di vista psicologico, c'è un progressivo deterioramento dell'autostima, del senso di sè e della capacità personale di valutare con obiettività una realtà che fagocita. Da qui nasce e si sviluppa un senso di fallimento rispetto agli ideali iniziali, alla mancanza di riconoscimenti che può portare a rancore, irritabilità, rabbia e spunti interpretativi. Questi fenomeni possono, tra l'altro, invadere anche altre aree della vita della persona come la famiglia, le amicizie, gli interessi personali. Chi è vicino alle persone che vivono il burnout, riporta spesso frasi come "si porta il lavoro a casa" "non stacca mentalmente" "è come se fosse assente".
Quali le soluzioni? Prima di tutto è necessario accorgersi di vivere il burnout; poi, se il livello lo consente, le persone possono orientarsi verso altre fonti di energia quali la famiglia, persone che condividono lo stesso problema, gli amici, uno sport, una filosofia di vita, un interesse personale. Se però questo non è sufficiente, può essere utile intraprendere un percorso di psicoterapia.
Prendersi cura degli altri passa attraverso la cura di se stessi: l'obiettivo del percorso è quello di rafforzare l'autostima, recuperando l'attenzione su ciò che la persona può realisticamente fare nella relazione di aiuto, identificando ciò che le appartiene e le compete. La terapia diventa l'esperienza per recuperare una dimensione personale e soggettiva di risorse realisticamente spendibili, di autoriconoscimento del proprio valore, di acquisizione di strumenti per la cura di sè nei momenti più difficili.
Pensiamo a tutte le professioni (helping professions) come i medici, gli infermieri, gli assistenti sociali, gli psichiatri, gli psicologi ed anche figure educative quali insegnanti, educatori o chi assiste in qualche forma un familiare bisognoso (anziani, bambini).
Come comincia? Il burnout non è un evento improvviso. Inizia in maniera graduale, presenta sintomi inizialmente poco riconoscibili, spesso non dichiarati per vergogna o per timore e può evolvere per mesi, a volte per anni. Può coinvolgere il corpo, la psiche, il comportamento sociale e nei casi più acuti può portare all'inabilità al lavoro.
Quali i fattori di rischio? Ci sono fattori di rischio legati all'ambiente quali il sovraccarico emozionale e fisico del lavoro, un lavoro scarso o non soddisfacente, le relazioni con i colleghi ed i superiori che sono vissute più come fonte di stress che di sostegno. Ciò che può accadere è che i conflitti con gli utenti se non direttamente affrontati o condivisi possono essere riversati sui colleghi; la mancanza di rapporto con i colleghi porta all'isolamento, al malumore, al non fidarsi, al non dire..
Allo stesso modo, le persone a volte non si fidano e non condividono il loro disagio con i superiori perchè "non capirebbero, lo userebbero contro di me". Ma questo fa sì che esse non portino i problemi alla luce e non possano di conseguenza ricevere sostegno, aiuto e riconoscimenti nel proprio lavoro. Infatti, il potersi confrontare con gli altri ha il senso di "fare il punto", di ricevere feedback da un altro polo di osservazione, esterno alla relazione di aiuto, nella quale la persona è implicata. Questo aiuta a ridimensionare le difficoltà, a condividerne il peso, le ansie e le frustrazioni.
Esistono poi fattori di rischio legati alle caratteristiche delle persone. Lungi dal voler generalizzare, possiamo tracciare un quadro puramente indicativo delle persone più esposte alla sindrome del burnout. Sono persone con alti ideali ed un elevato senso del dovere, animate da una fiammella di passione nei confronti del proprio lavoro e, fattore non meno importante, molto bisognose dell'approvazione altrui. Questo aspetto le rende maggiormente esposte, nella misura in cui il rischio è quello di far dipendere eccessivamente il loro valore in funzione di quanto gli altri glielo riconoscono. Meno fiducia, maggiore senso di impotenza di fronte alle difficoltà, maggiore focalizzazione sugli insuccessi.
Quali gli effetti del burnout? Possono esserci alcuni campanelli di allarme. Possono insorgere sintomi psicosomatici, mal di testa, tensione muscolare, tachicardia, aumento o perdita di peso fino ad arrivare a condotte di abuso (es: di caffè, alcool, psicofarmaci). Da un punto di vista psicologico, c'è un progressivo deterioramento dell'autostima, del senso di sè e della capacità personale di valutare con obiettività una realtà che fagocita. Da qui nasce e si sviluppa un senso di fallimento rispetto agli ideali iniziali, alla mancanza di riconoscimenti che può portare a rancore, irritabilità, rabbia e spunti interpretativi. Questi fenomeni possono, tra l'altro, invadere anche altre aree della vita della persona come la famiglia, le amicizie, gli interessi personali. Chi è vicino alle persone che vivono il burnout, riporta spesso frasi come "si porta il lavoro a casa" "non stacca mentalmente" "è come se fosse assente".
Quali le soluzioni? Prima di tutto è necessario accorgersi di vivere il burnout; poi, se il livello lo consente, le persone possono orientarsi verso altre fonti di energia quali la famiglia, persone che condividono lo stesso problema, gli amici, uno sport, una filosofia di vita, un interesse personale. Se però questo non è sufficiente, può essere utile intraprendere un percorso di psicoterapia.
Prendersi cura degli altri passa attraverso la cura di se stessi: l'obiettivo del percorso è quello di rafforzare l'autostima, recuperando l'attenzione su ciò che la persona può realisticamente fare nella relazione di aiuto, identificando ciò che le appartiene e le compete. La terapia diventa l'esperienza per recuperare una dimensione personale e soggettiva di risorse realisticamente spendibili, di autoriconoscimento del proprio valore, di acquisizione di strumenti per la cura di sè nei momenti più difficili.
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