Casa green, piano strutturale di bilancio e certificati di bilancio
Abbiamo letto, recentemente, nel Piano strutturale di bilancio, che il Governo ha stabilito che: “Le misure per ridurre i consumi di energia primaria nel settore immobiliare residenziale.
Come noto, la Direttiva sulla Prestazione Energetica degli Edifici (cd. Case Green) fissa un obiettivo vincolante per la riduzione del consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale, ovvero un risparmio di almeno il 16 per cento rispetto al 2020 entro il 2030, di cui il 55 per cento da conseguire nel 43 per cento degli edifici con prestazioni peggiori. Tale obiettivo risulta particolarmente sfidante per l’Italia, il cui parco immobiliare è costituito per il 70 per cento da abitazioni con la peggiore prestazione energetica e per il 60 per cento da edifici costruiti prima dell’approvazione della legge sul risparmio energetico degli edifici (legge n. 373/1976). Nel corso degli anni, i consumi energetici sono migliorati: sulla base della media degli Attestati di Prestazione Energetica, essi sono diminuiti del 6,2 per cento tra il 2020 e il 2024.
In questa direzione, il Governo intende adottare una serie di nuove misure, che, senza produrre effetti sulla finanza pubblica, possono rimuovere barriere informative e amministrative e sostenere la decarbonizzazione innescando meccanismi virtuosi per gli investimenti privati.
Esse sono volte a:
- creare un mercato per i certificati bianchi per il settore residenziale civile per incentivare gli interventi più efficienti e ridurre il ruolo delle detrazioni fiscali;
- rendere pubblico, accessibile e integrato con il catasto l’archivio ‘Sistema Informativo sugli Attestati di Prestazione Energetica’;
- facilitare interventi di risparmio energetico, mediante modifiche alla disciplina sui regolamenti condominiali” (cfr. Pagina 155).
In pratica, il Governo avrebbe l'intenzione di sostituire il sistema dei bonus fiscali con il rafforzamento del mercato dei certificati bianchi, per il settore residenziale civile, così da raggiungere gli obbiettivi posti dall’UE, in termini di efficientemento del patrimonio immobiliare.
Il mercato dei certificati bianchi esiste dal 2005.
I certificati bianchi sono Titoli di efficienza energetica (TEE) che sono stati introdotti per incentivare l’efficienza energetica nell’industria. Hanno la funzione di certificare e premiare il raggiungimento di risultati, in termine di risparmio energetico, generato rispetto alla situazione antecedente all’intervento di efficientamento.
La normativa di riferimento distingue:
- i soggetti obbligati che sono coloro che devono ottenere un determinato numero di TEE realizzando dei progetti di efficientamento o acquistando sul mercato gestito dal GME (Gestore dei mercati energetici;
- i soggetti volontari che sono coloro che, pur non essendovi obbligati, scelgono di realizzare interventi di riduzione dei consumi e che successivamente decidono di cederli sul mercato.
Come si accennava, infatti, esiste un mercato sul quale è possibile scambiare i TEE; esso è organizzato e realizzato dal GME che può, altresì, emettere TEE che attestano la realizzazione di interventi di risparmio.
Il prezzo attuale del TEE, sul mercato, è di circa 250,00 €, a seguito della modifica del Decreto interministeriale del 11.01.2018, intervenuta nella primavera dello stesso anno, dopo che il 13.02.2018, i prezzi era attestati intorno agli € 400,00 (con punte di € 489,90).
L’idea di sostituire questo tipo di certificati ai bonus edilizi, nell’ambito dell’edilizia civile, in astratto, potrebbe anche avere una certa efficacia ma, per realizzare gli obbiettivi posti dalla Direttiva c.d. Case Green, il legislatore dovrà tenere conto di alcune problematiche peculiari.
La prima è l’esigenza di liquidità per la realizzazione gli interventi: in assenza di uno sconto in fattura, è difficile che il privato od il Condominio si impegni ad eseguire progetti di efficientamento energetico che comportino un’anticipazione di spesa ingente al fine di ottenere, solo a fine intervento, dei certificati che, poi, dovranno andare a cedere sul mercato, come fossero titoli di borsa. A parere dello Scrivente, sarebbe più semplice elaborare, dal punto di vista normativo, un modello che consenta all’impresa di pattuire uno sconto in fattura pari al valore del certificato alla data di stipulazione del contratto (prevedendo la possibilità di adeguare il prezzo dell’appalto, in caso di oscillazioni, entro certi limit, del titolo, al termine dei lavori). Questo semplificherebbe anche le cose, per gli utenti finali, che: (a) non dovrebbero anticipare i danari; (b) non dovrebbero preoccuparsi di cedere i titoli sul mercato.
La seconda esigenza riguarda soprattutto le imprese: affinché abbiano le risorse finanziare, necessarie per la realizzazione di ogni singolo progetto, alle imprese dovrebbero essere riservate delle linee di credito, garantite dai maturandi certificati, a tassi, agevolati e/o garantiti al 100% dallo Stato, a copertura dei costi del progetto (anche legati ai SAL). Detti finanziamenti, per essere efficaci, non dovrebbero essere neppure inclusi fra quelli che condizionano l’esposizione delle imprese rispetto alle banche. E’ chiaro che tale misura dovrebbe, poi, essere modulata sui SAL, pertanto, i certificati (alla stregua dei crediti) dovrebbero sorgere al momento della certificazione di alcuni SAL (definiti dalla normativa) così da garantire un’esposizione minore anche da parte del ceto bancario, nei confronti delle imprese.
Il terzo problema che dovrà essere considerato e risolto è quello legato al valore del TEE. Oggi, un TEE rappresenta un risparmio energetico di circa 1.100,00 € e viene ceduto sul mercato al prezzo medio di circa 250,00 €; questo vuol dire che il proprietario di un impianto fotovoltaico medio (circa 6Kwh), produce un risparmio che dà diritto ad un TEE, all’anno (250,00 €, all’anno, per 10 anni). Tutto ciò non sarebbe proporzionato alla spesa da sostenere e potrebbe mai costituire una misura idonea a realizzazione gli obbiettivi posti dall’UE. Nell’ambito dell’edilizia civile, devono essere studiati ed elaborati parametri che consentano, in base al risparmio, di ottenere più titoli da poter collocare ad un prezzo maggiore, sul mercato, così da creare uno strumento realmente incentivante ed appetibile.
Il quarto ed ultimo problema riguarda, a parere di chi scrive, il fatto che, nell’introduzione, sul mercato regolamentato, di questo tipo di titoli, dovrà essere tenuto conto delle oscillazioni di prezzo e delle soglie di saturazione del mercato stesso. I potenziali acquirenti di questi titoli sono i soggetti obbligati e non sono infiniti, pertanto, per una volta, prima di introdurre una misura bisognerà valutare, con attenzione, il fabbisogno di titoli, mettendolo in correlazione con gli obbiettivi di efficentamento ed il numero di potenziali interventi.
A parere di chi scrive, un calcolo di questo tipo, porrà il legislatore nazionale di fronte ad una conseguenza ineluttabile: la reintroduzione, anche solo parzialmente, dei bonus fiscali. Non è possibile, difatti, escludere, totalmente, i finanziamenti pubblici e non è possibile non produrre debito. D’altra parte, bisognerebbe rivedere, forse, i parametri che regolano la legge di contabilità dello Stato perchè se è vero che i bonus fiscali conseguenti al risparmio energetico, provocano debito è, altrettanto, vero ed inequivocabile che provocano benefici indiretti che la legge di contabilità dello Stato ed i parametri del patto di stabilità non considerano.
Una volta (e dovrebbe essere cosi ancora oggi) chi parlava di economia distingueva fra “debito buono” e “debito cattivo”. Per distinguere fra le due categorie, in maniera scevra da qualsivoglia pregiudizio di parte, sarebbe buona norma tenere conto di tutte le conseguenze positive di una qualsivoglia misura che generi debito.
A parere di chi scrive, i bonus edilizi sono stati l’ennesima vittima, incolpevole, dei pregiudizi politici e della tendenza a dimenticare che chi ricopre incarichi di Governo diventa uomo o donna delle istituzioni e deve, pertanto, spogliarsi del ruolo di capo di un partito o di una coalizione (nel nostro caso, purtroppo, sempre più spesso siamo di fronte a capi popolo). Mi spiego meglio: quando si sente parlare un membro del Governo di Superbonus pare che parli del male assoluto. Questo lo può fare l’esponente di un partito politico ma se quello stesso esponente del partito politico diventa membro del Governo, in quanto uomo (o donna) delle istituzioni ha il dovere di analizzare quella stessa misura economica (che in campagna elettorale ha criticato aspramente), esclusivamente, sulla base di elementi oggettivi.
Ad oggi, francamente, non ho letto alcuno studio, oggettivo, proveniente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ci elenchi ed illustri, numeri alla mano, cosa, a fronte del debito creato, sia stato prodotto dal Superbonus, in via diretta ma soprattutto, in via indiretta (emersione del lavoro nero, risparmio in termini di ammortizzatori sociali, maggiori contributi versati all’INPS, gettito iva dei professionisti, gettito iva delle imprese, indotto, maggiori contributi nelle casse professionali private, risparmio energetico etc.).
Sono convinto, fermamente, che i numeri ci avrebbero spiegato che le misure avevano bisogno di correttivi (che avrebbero dovuto essere basati sul reddito prodotto dagli immobili e sulla loro collocazione geografica), ma che i benefici ottenuti dalla misura sono stati tanti e tali da giustificarne il mantenumento delle misure. Aver sterilizzato quelle misure, per ragioni meramente ideologiche, è stato un errore del quale dovremo pagare le conseguenze, negli anni a venire. Chi scrive si augura che i TEE servano a limitare questi problemi ed aiutino a realizzare gli obbiettivi, in termini di efficentamento, posti dall’UE nella Direttiva Case Green ma ritiene realisticamente che le misure indicate nel Piano strutturale di bilancio siano insufficienti.
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