Casellario Informatico. Sanzione Legittima?
Anac. Iscrizione nel casellario informatico. Natura, specie e legittimità della sanzione

L’iscrizione nel casellario informatico prevista dall’art. 38 c.1 lett.h) del D.lgs. 163/06, stabilisce l’impossibilità a partecipare a procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi o subappalti.
Essa può essere disposta, tra l’altro, per le società che presentino false dichiarazioni o falsa documentazione, in merito ai requisiti rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara.
Tale sanzione evidenzia una serie di criticità anche perché incide in maniera ragguardevole sulla posizione patrimoniale dell’operatore economico, fino a porre in pericolo la sua permanenza sul mercato!
Per tali ragioni è indispensabile che gli operatori economici abbiano ben presente tale aspetto ed adottino tutte le cautele necessarie per evitare di incorrere in tale situazione e, qualora ciò accada, essere pronti a tutelare i loro diritti nelle opportune sedi.
La sanzione in esame, di tipo interdittivo-retributivo, è espressione di un orientamento politico criminale teso a rafforzare la risposta sanzionatoria rispetto a comportamenti lesivi della libertà di concorrenza e del mercato.
Infatti gli operatori economici, presunti autori di irregolarità ed iscritti nel casellario informatico, per tutta la durata dell’iscrizione, non potranno contrarre con la Pubblica amministrazione.
A ben vedere tale sanzione esplica il medesimo effetto della pena accessoria di cui all’art. dall’art.19 n. 5 c.p., ma con l’ enorme differenza di non essere irrogata da un Giudice al termine di un processo conclusosi con sentenza di condanna (considerata l’abrogazione del’art. 140 c.p.), evidenziando una criticità di non scarso rilievo in relazione alla sua reale natura e alla sua compatibilità con la Costituzione (perché attraverso la sua applicazione sembrerebbe aggirato il principio sancito nell’art. 27 della Costituzione).
La procedura che porta all’applicazione della richiamata sanzione, consegue dalla mera segnalazione all’Autorità Anticorruzione da parte della Società appaltante ed è irrogata dall’Autorità stessa, seppure con le garanzie di un contradditorio.
Si è, quindi al cospetto di una sanzione amministrativa che di fatto produce i medesimi effetti di una pena accessoria, benché irrogata da un ente amministrativo.
L’art. 38 c.1 lett.h), inoltre, mal si coordina con la previsione dell’art.32 quater c.p. laddove è prevista l’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione qualora si è condannati per una serie di reati ivi elencati, tra i quali non compare il reato di falsa dichiarazione.
Viene da chiedersi come possa ritenersi costituzionale una tale disparità di trattamento. Ed invero ad una persona fisica può essere inibito il diritto a contrarre con la pubblica amministrazione solo in caso di condanna all’esito di un giudizio penale, mentre una persona giuridica può essere interdetta ancor prima che venga accertata la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso un reato nel suo interesse.
Non è d’ausilio la disciplina della responsabilità amministrativa delle società e degli enti di cui al d.lgs.231/2001.
In primo luogo in quanto tra il novero dei reati che ne determinano l’insorgere non è incluso il reato di falsa dichiarazione; in secondo luogo, la sanzione irrogata alla società o ente a seguito di sua responsabilità quale conseguenza di un reato commesso da un soggetto che per essa opera, consegue sempre dall’accertamento della sussistenza del reato ad opera di un Giudice (vds. art. 34 ss. D.lgs.231/01).
Pertanto è’ opportuno, quanto prima, che tale problema sia valutato dai competenti organi giurisdizionali che si occupano di tale materia.
E’ indiscutibile che condotte del genere vadano sanzionate, ma sembra più ragionevole, soprattutto nei fatti di lieve entità, punire tali fatti con la sola sanzione pecuniaria che risulta essere sicuramente più adeguata ed al tempo stesso incisiva.
Accanto a tale criticità vi è anche la mancata previsione del minimo edittale essendo previsto che l’iscrizione nel casellario può avvenire fino ad un anno.
Tale aspetto è già stato sagacemente segnalato al legislatore dall’ Autorità Nazionale Anticorruzione e ci si auspica quanto prima la modifica della norma, in quella sede, sarebbe altresì opportuno verificare anche la legittimità al dettato costituzionale di tale norma e valutare la possibilità di prevedere le sanzioni pecuniarie ed interdittive da irrogare alternativamente e non congiuntamente. Nell’attesa di tale intervento l’unica via praticabile è il ricorso all’Autorità Giudiziaria.
Essa può essere disposta, tra l’altro, per le società che presentino false dichiarazioni o falsa documentazione, in merito ai requisiti rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara.
Tale sanzione evidenzia una serie di criticità anche perché incide in maniera ragguardevole sulla posizione patrimoniale dell’operatore economico, fino a porre in pericolo la sua permanenza sul mercato!
Per tali ragioni è indispensabile che gli operatori economici abbiano ben presente tale aspetto ed adottino tutte le cautele necessarie per evitare di incorrere in tale situazione e, qualora ciò accada, essere pronti a tutelare i loro diritti nelle opportune sedi.
La sanzione in esame, di tipo interdittivo-retributivo, è espressione di un orientamento politico criminale teso a rafforzare la risposta sanzionatoria rispetto a comportamenti lesivi della libertà di concorrenza e del mercato.
Infatti gli operatori economici, presunti autori di irregolarità ed iscritti nel casellario informatico, per tutta la durata dell’iscrizione, non potranno contrarre con la Pubblica amministrazione.
A ben vedere tale sanzione esplica il medesimo effetto della pena accessoria di cui all’art. dall’art.19 n. 5 c.p., ma con l’ enorme differenza di non essere irrogata da un Giudice al termine di un processo conclusosi con sentenza di condanna (considerata l’abrogazione del’art. 140 c.p.), evidenziando una criticità di non scarso rilievo in relazione alla sua reale natura e alla sua compatibilità con la Costituzione (perché attraverso la sua applicazione sembrerebbe aggirato il principio sancito nell’art. 27 della Costituzione).
La procedura che porta all’applicazione della richiamata sanzione, consegue dalla mera segnalazione all’Autorità Anticorruzione da parte della Società appaltante ed è irrogata dall’Autorità stessa, seppure con le garanzie di un contradditorio.
Si è, quindi al cospetto di una sanzione amministrativa che di fatto produce i medesimi effetti di una pena accessoria, benché irrogata da un ente amministrativo.
L’art. 38 c.1 lett.h), inoltre, mal si coordina con la previsione dell’art.32 quater c.p. laddove è prevista l’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione qualora si è condannati per una serie di reati ivi elencati, tra i quali non compare il reato di falsa dichiarazione.
Viene da chiedersi come possa ritenersi costituzionale una tale disparità di trattamento. Ed invero ad una persona fisica può essere inibito il diritto a contrarre con la pubblica amministrazione solo in caso di condanna all’esito di un giudizio penale, mentre una persona giuridica può essere interdetta ancor prima che venga accertata la responsabilità penale della persona fisica che ha commesso un reato nel suo interesse.
Non è d’ausilio la disciplina della responsabilità amministrativa delle società e degli enti di cui al d.lgs.231/2001.
In primo luogo in quanto tra il novero dei reati che ne determinano l’insorgere non è incluso il reato di falsa dichiarazione; in secondo luogo, la sanzione irrogata alla società o ente a seguito di sua responsabilità quale conseguenza di un reato commesso da un soggetto che per essa opera, consegue sempre dall’accertamento della sussistenza del reato ad opera di un Giudice (vds. art. 34 ss. D.lgs.231/01).
Pertanto è’ opportuno, quanto prima, che tale problema sia valutato dai competenti organi giurisdizionali che si occupano di tale materia.
E’ indiscutibile che condotte del genere vadano sanzionate, ma sembra più ragionevole, soprattutto nei fatti di lieve entità, punire tali fatti con la sola sanzione pecuniaria che risulta essere sicuramente più adeguata ed al tempo stesso incisiva.
Accanto a tale criticità vi è anche la mancata previsione del minimo edittale essendo previsto che l’iscrizione nel casellario può avvenire fino ad un anno.
Tale aspetto è già stato sagacemente segnalato al legislatore dall’ Autorità Nazionale Anticorruzione e ci si auspica quanto prima la modifica della norma, in quella sede, sarebbe altresì opportuno verificare anche la legittimità al dettato costituzionale di tale norma e valutare la possibilità di prevedere le sanzioni pecuniarie ed interdittive da irrogare alternativamente e non congiuntamente. Nell’attesa di tale intervento l’unica via praticabile è il ricorso all’Autorità Giudiziaria.
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