CASO CUCCHI: La Cassazione annulla con rinvio
Da rifare il processo in Corte di Assise di Appello per i cinque medici coinvolti nel caso Cucchi
La V Sezione Penale della Suprema Corte, con la sentenza n. 9831/16 ha annullato con rinvio alla Corte di Assise di Appello di Roma, la pronuncia di assoluzione nei confronti dei cinque medici coinvolti nel caso Cucchi sostenendo che, nella sentenza di appello, si rivengono una serie di affermazioni che mal si conciliano con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità per colpa medica.
In particolare, la Corte si è soffermata sulla pretesa impossibilità di giungere ad una decisione in termini di responsabilità per l’assenza "di precise linee guida" o per le "condizioni concrete in cui i sanitari si sono trovati ad operare".
A riguardo, precisa la Corte, che "le linee guida previste dall’art. 3 legge n.189/12 - consistenti in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione per coadiuvare medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche - se provenienti da fonti autorevoli e caratterizzate da un adeguato livello di scientificità , pur rappresentando un importante ausilio scientifico, con il quale il medico è tenuto a confrontarsi, non eliminano l’autonomia del medico nelle scelte terapeutiche, giacché questi è tenuto a prescegliere la migliore soluzione curativa, considerando le circostanze peculiari che caratterizzano il caso concreto e comunque in riferimento alle virtuose pratiche mediche, o in mancanza, alle corroborate informazioni scientifiche di base con la conseguenza che quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa del sanitario".
In particolare, la Corte si è soffermata sulla pretesa impossibilità di giungere ad una decisione in termini di responsabilità per l’assenza "di precise linee guida" o per le "condizioni concrete in cui i sanitari si sono trovati ad operare".
A riguardo, precisa la Corte, che "le linee guida previste dall’art. 3 legge n.189/12 - consistenti in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione per coadiuvare medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità di assistenza più appropriate in specifiche circostanze cliniche - se provenienti da fonti autorevoli e caratterizzate da un adeguato livello di scientificità , pur rappresentando un importante ausilio scientifico, con il quale il medico è tenuto a confrontarsi, non eliminano l’autonomia del medico nelle scelte terapeutiche, giacché questi è tenuto a prescegliere la migliore soluzione curativa, considerando le circostanze peculiari che caratterizzano il caso concreto e comunque in riferimento alle virtuose pratiche mediche, o in mancanza, alle corroborate informazioni scientifiche di base con la conseguenza che quanto maggiore sarà il distacco dal modello di comportamento, tanto maggiore sarà la colpa del sanitario".
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