CENNI (MOLTO) GENERALI IN TEMA DI ANATOCISMO
La capitalizzazione composta nei conti correnti bancari e il diritto alla ripetizione dell'indebito. Modi e tempi.

L'anatocismo come ormai ben noto quantomeno agli operatori del settore, è un metodo di capitalizzazione mediante il quale gli interessi dovuti per una somma data in prestito, vengono periodicamente sommati al capitale in modo che siano a loro volta produttivi di altri interessi.
Per la precisione la capitalizzazione degli interessi viene definita semplice allorchè l'interesse venga calcolato sul capitale iniziale, viene definita composta quando l'interesse viene calcolato periodicamente sul montante (capitale+interessi).
Il periodo può essere annuale, semestrale o addirittura trimestrale.
È evidente quindi che mentre la capitalizzazione semplice conduce ad un aumento del debito con progressione aritmetica, nella capitalizzazione composta il debito aumenta con progressione geometrica.
Gli effetti possono essere notevoli, soprattutto per conti correnti affidati di lunga durata dove è stata operata capitalizzazione composta trimestrale (ovvero nella stragrande maggioranza dei rapporti sorti prima del 2000) e dove il saldo capitalizzato comprenda anche – come di consueto – spese, commissioni ed oneri ulteriori.
Tuttavia il codice civile non consente l'anatocismo se non a determinate condizioni, ed infatti: “in mancanza di usi contrari, gli interessi possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi” (art. 1283 c.c.).
Malgrado ciò gli Istituti di credito, almeno fino agli anni 1999/2000, hanno diffusamente applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi in base alla ritenuta esistenza di un uso normativo che consentisse la deroga dell'art. 1283 c.c., uso normativo definitivamente escluso dalla Corte di Cassazione nel 1999.
Ne è derivato il diritto, per chiunque abbia versato alla Banca, in corso di rapporto, somme a titolo di interessi anatocistici, di calcolarne l'ammontare e richiederne la restituzione (oltre, ricorrendone le condizioni, al risarcimento del danno).
Con la modifica dell'art. 120 del TUB avvenuta con il D.Lgs. 342/99, art. 25, si è, in parte ed a determinate condizioni, legittimata la capitalizzazione composta, ma solo per il futuro e, come detto, solo a determinate condizioni spesso non sussistenti per i conti sorti comunque prima di tale data.
La tematica relativa al contenzioso riguardante i contratti di apertura di credito involge naturalmente anche altri numerosi aspetti: la legittima pattuizione dell'interesse ultra legale (art. 1284 c.c.), la validità della pattuizione di commissioni e spese, il corretto “gioco” delle valute ed infine il superamento o meno del tasso soglia di usura; si tratta quindi, contrariamente da quanto talvolta ritenuto, di contenziosi di non semplice gestione.
Ad ogni modo e
CONCLUDENDO
L'analisi contabile dei rapporti di apertura di credito (conti anticipo fatture ecc.) ha ottime probabilità di rilevare e quantificare somme, anche rilevanti, illegittimamente versate all'istituto di credito soprattutto per rapporti sorti anteriormente al 2000. Naturalmente, in generale (e salva la distinzione tra versamenti di natura solutoria o ripristinatoria della provvista), il termine per poter richiedere la restituzione di quanto eventualmente versato non è illimitato ma è di 10 anni dalla data di chiusura del rapporto.
Per la precisione la capitalizzazione degli interessi viene definita semplice allorchè l'interesse venga calcolato sul capitale iniziale, viene definita composta quando l'interesse viene calcolato periodicamente sul montante (capitale+interessi).
Il periodo può essere annuale, semestrale o addirittura trimestrale.
È evidente quindi che mentre la capitalizzazione semplice conduce ad un aumento del debito con progressione aritmetica, nella capitalizzazione composta il debito aumenta con progressione geometrica.
Gli effetti possono essere notevoli, soprattutto per conti correnti affidati di lunga durata dove è stata operata capitalizzazione composta trimestrale (ovvero nella stragrande maggioranza dei rapporti sorti prima del 2000) e dove il saldo capitalizzato comprenda anche – come di consueto – spese, commissioni ed oneri ulteriori.
Tuttavia il codice civile non consente l'anatocismo se non a determinate condizioni, ed infatti: “in mancanza di usi contrari, gli interessi possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi” (art. 1283 c.c.).
Malgrado ciò gli Istituti di credito, almeno fino agli anni 1999/2000, hanno diffusamente applicato la capitalizzazione trimestrale degli interessi in base alla ritenuta esistenza di un uso normativo che consentisse la deroga dell'art. 1283 c.c., uso normativo definitivamente escluso dalla Corte di Cassazione nel 1999.
Ne è derivato il diritto, per chiunque abbia versato alla Banca, in corso di rapporto, somme a titolo di interessi anatocistici, di calcolarne l'ammontare e richiederne la restituzione (oltre, ricorrendone le condizioni, al risarcimento del danno).
Con la modifica dell'art. 120 del TUB avvenuta con il D.Lgs. 342/99, art. 25, si è, in parte ed a determinate condizioni, legittimata la capitalizzazione composta, ma solo per il futuro e, come detto, solo a determinate condizioni spesso non sussistenti per i conti sorti comunque prima di tale data.
La tematica relativa al contenzioso riguardante i contratti di apertura di credito involge naturalmente anche altri numerosi aspetti: la legittima pattuizione dell'interesse ultra legale (art. 1284 c.c.), la validità della pattuizione di commissioni e spese, il corretto “gioco” delle valute ed infine il superamento o meno del tasso soglia di usura; si tratta quindi, contrariamente da quanto talvolta ritenuto, di contenziosi di non semplice gestione.
Ad ogni modo e
CONCLUDENDO
L'analisi contabile dei rapporti di apertura di credito (conti anticipo fatture ecc.) ha ottime probabilità di rilevare e quantificare somme, anche rilevanti, illegittimamente versate all'istituto di credito soprattutto per rapporti sorti anteriormente al 2000. Naturalmente, in generale (e salva la distinzione tra versamenti di natura solutoria o ripristinatoria della provvista), il termine per poter richiedere la restituzione di quanto eventualmente versato non è illimitato ma è di 10 anni dalla data di chiusura del rapporto.
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