Cervello, Emozioni e Alzheimer

Scrissi un primo articolo sull’Alzheimer nel settembre del 2018.
Successivamente iniziai a divulgare innumerevoli notizie su questa malattia attraverso la rubrica televisiva Speciale Alzheimer, che conduco dal 2020 una volta al mese, con ospiti di rilievo nazionale e internazionale.
A tal proposito la prossima puntata si terrà il 31 marzo in diretta streaming Mediterranea TV.
Oggi sono al vostro fianco per celebrare la settimana dedicata al cervello e intendo farlo ricordando una mia paziente, dalle gote rosee e il sorriso fisso.
Mi scambiò inizialmente per sua figlia, poi per sua nuora. In quei momenti non le dissi nulla. Compresi che ciò in cui credeva la rendeva gioiosa e le permisi anche di chiamarmi coi nomi di Elisabetta (nuora) e di Sara (figlia).
Rimanemmo sedute nel salone di casa sua. Sul tavolo le fotografie di sua famiglia, nelle belle cornici. Una decina di immagini posizionate in modo casuale, narratrici della vita di questa bella donna.
Feste di famiglia, vacanze, volti sorridenti. Bei momenti di lei abbracciata a suo marito, Marco.
Quando mi raccontò di lui, il suo volto si spense, le sue gote si impallidirono e la sua fronte segnava rughe espressive. Marco rappresentava la felicità e le tante fotografie raccontavano la loro storia d’amore.
Marco venne a mancare tre anni prima della sua diagnosi d’Alzheimer e senza lui al suo fianco lei non riuscì a sopportare gli step ai quali la malattia la obbligava.
Il suo addio fu repentino, rispetto ad altri pazienti, e non visse tutti i passaggi che attraversano le persone colpite da questa malattia. Fu piacevole per me ascoltarla mentre mi raccontava della sua gita a Venezia con suo marito prima che si ammalasse di cuore.
Ecco perché vorrei riflettere sulla memoria autobiografica, una parentesi della memoria dichiarativa, in cui sono conservati tutti i contenuti consapevoli. A differenza della memoria procedurale, che riguarda la nostra memoria inconscia, alla memoria autobiografica appartiene anche quella semantica, che si riferisce alle nozioni apprese in ambito scolastico o in una situazione informativa. La memoria autobiografica (chiamata anche episodica) racchiude avvenimenti specifici collocati nel tempo, fatti che ci sono capitati.
Dai 50 anni il volume del cervello diminuisce e le fibre neuronali si deteriorano. Le cellule muoiono, come un normale processo chimico che avviene con l’avanzare della vecchiaia.
Quando si affaccia la demenza, tuttavia, questo processo è maggiormente repentino. Si perde ciò che non è importante e si trattengono quei legami emotivi estremamente potenti, legati a qualcosa di molto forte, che sia positivo o negativo.
Le emozioni sono tutto quello che abbiamo, recita Harvey Keitel in Youth di Paolo Sorrentino.
Quando alla memoria forniamo delle chiavi giuste, esse permettono di rievocare ciò che pareva dimenticato.
Ogni esperienza viene impressa su una tavoletta di cera, diceva Platone.
Il nostro cervello. E quando il cervello non funziona più a dovere, questa tavoletta di cera, viene riempita da segni che sembrano sbiadire. I vecchi ricordi vengono distorti, collocati diversamente, posizionati in maniera sbagliata.
La demenza comporta una cosiddetta amnesia infantile; nell’età dell’infanzia si possiede già la memoria a lungo termine ma sono pochi i ricordi che non vengono persi riguardo i primissimi anni di vita, forse a causa di uno sviluppo cognitivo non ancora completato, ma la memoria emotiva quella sì, è salda già in tenera età. Con la demenza le persone vivono nel qui e ora e perdono il concetto del sé, della propria identità.
Grazie a quella che viene definita intelligenza legata al cuore, possiamo mantenere una conoscenza che superi la logica e si nutra dell’intuito.
Di Aurelia Gagliano
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