Cessione ramo d'azienda e opposizione dipendenti


Se la cessione di ramo d'azienda è illegittima i lavoratori non reintegrati hanno diritto alla retribuzione? No
Cessione ramo d'azienda e opposizione dipendenti
In caso di cessione di ramo d'azienda qualora ne sia stata dichiarata l'illegittimità e sia stato ordinato dal Giudice il ripristino del rapporto di lavoro dei dipendenti interessati, se l'azienda cedente non abbia ottemperato, possono i lavoratori ottenere dalla cedente il pagamento delle somme maturare a titolo di retribuzione? No, secondo Cass. 2014/19490, Cass. 2014/16095, Cass. 2015/7281, Cass. 2016/24817. Malgrado l'illegittimità del comportamento della cedente, i lavoratori non possono far valere il loro diritto alla retribuzione, ma solo al risarcimento del danno, liquidabile peraltro solo se non abbiano guadagnato qualcos'altro nel frattempo, che va detratto (l'aliude perceptum come si dice in latinorum). Se i lavoratori, nel periodo in questione, hanno realizzato redditi pari o superiori alle retribuzioni, cui avrebbero avuto diritto in seguito al ripristino, nulla è loro dovuto, malgrado l'illegittimità del comportamento dell'azienda cedente. Qualora poi i lavoratori abbiano continuato a lavorare con rapporto, sia pure solo di fatto, con l'azienda cessionaria perdono anche il diritto al pagamento del risarcimento del danno nella misura di cinque mensilità, non avendo perso il posto di lavoro. Per questo motivo i lavoratori non hanno diritto, secondo la Cassazione, alla tutela dell'art. 18 della l. 300/1970 modificata, ma al risarcimento del danno ex art. 1218 c.c. e seguenti e, in mancanza di prova del danno, nulla è dovuto.
Invero le norme codicistiche ex art. 1218 c.c. non prevedono la detraibilità dell'aliunde perceptum, ma la Cassazione ha rilevato sul punto che "La qualificazione in termini risarcitori delle erogazioni patrimoniali a carico del datore di lavoro, come conseguenza dell'obbligo di ripristino del posto di lavoro illegittimamente perduto, risulta peraltro influenzata, in maniera decisiva, dalle modifiche introdotte dalla L. n. 108 del 1990 articolo 1, alla L. n. 300 del 1970 articolo 18, che ha unificato quanto dovuto per i periodi anteriore e posteriore alla sentenza che dispone la reintegrazione sotto il comune denominatore dell'obbligo risarcitorio (cosi' Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4943 del 01/04/2003 e successive plurime conformi tra cui v. Sez. L, n. 16037 del 17/08/2004, Sez. L, n. 26627 del 13/12/2006), con la conseguente detraibilita' dell'aliunde perceptum (cosi' Cass. 8514/2015 cit.; principi ulteriormente ribaditi, da ultimo, da Cass., sez. sesta-L n. 21721/2015 e nn. 7, 8, 9, 10, 68, 11095, 11097,11100, 11101 del 2016 ed altre successive conformi" (Cass. 2016/24817).
Tutte le sentenze in oggetto riguardano cause in cui la parte prestatori di lavoro aveva chiesto ed ottenuto in primo grado somme a titolo di retribuzione, poi disattese nei gradi superiori per i motivi sopra enunciati. Si segnala peraltro una singolare sentenza (Cass. 8139/2017) avente ad oggetto ingiunzioni del Tribunale di Napoli circa stipendi non percepiti e richiesti a titolo di retribuzione, ma concessi invece, per iniziativa del Giudice, a titolo di risarcimento del danno. La Cassazione in questo caso ha respinto il ricorso dell'azienda cedente, motivando che ben aveva potuto il Giudice qualificare quale risarcimento la richiesta a diverso titolo avanzata, rientrando ciò nei suoi poteri di dare diversa qualificazione giuridica alla domanda.

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di avv. Pietro Bognetti

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