Chi sa a cosa è indicizzata la nostra pensione ?
"la pensione potrebbe essere più magra se il nostro PIL non cresce abbastanza" vediamo il perché

Le crisi perduranti penalizzano anche le pensioni, il motivo è semplice : se il PIL scende anche l'assegno pensionistico ne subisce le conseguenze, vediamo perché.
Abbiamo ormai lasciato dietro alle spalle il sistema pensionistico che calcolava gli assegni col metodo retributivo, in base al quale la pensione veniva calcolata sul reddito medio degli ultimi 5 anni lavorativi indipendentemente dai contributi versati. Oggi la pensione viene calcolata per ognuno di noi seguendo il metodo contributivo per il quale si tiene conto del monte dei contributi versati dal lavoratore nel corso degli anni di attività lavorativa.
Questo metodo di calcolo riduce l'assegno pensionistico rispetto al passato, in quanto il metodo di rivalutazione annua del montante contributivo è collegato alla crescita media del PIL nominale degli ultimi 5 anni, inoltre il coefficiente di rivalutazione viene calcolato in base all'aspettativa di vita e tende ad essere ridimensionato per l'aumento dell'aspettativa di vita e riducendo così la cifra finale.
Visto che negli ultimi anni il PIL è stato nella migliore delle ipotesi stagnante, capite bene che la rivalutazione futura del montante contributivo sarà fortemente penalizzata, su questo parametro fortunatamente nel 2017 ci sono segnali incoraggianti con una ripresa della crescita del PIL italiano dovuto più all'effetto trascinamento della crescita mondiale che a fattori interni, quindi bisognerá valutarne la sostenibilità nel tempo. Se a questo si aggiunge che mediamente l'aspettativa di vita aumenta, il coefficiente per il quale viene moltiplicato il montante accumulato scende, nel senso che ci vorranno molti più anni per ripagare la pensione al lavoratore che vivrà di più.
Quindi stiamo andando verso un mondo dove mediamente vivremo di più ma con meno soldi, chi andrà in pensione in futuro dovrà mettere in conto di prendere molto meno dello stipendio, nell'ordine del 30-40% nella migliore delle ipotesi per i lavoratori dipendenti, sino al 50-60% per lavoratori autonomi. Diventa non differibile una scelta di pensione integrativa almeno per i lavoratori che riescono ad avere ancora una capacità di risparmio annuo che troppo spesso viene abbandonata sui conti correnti, perdendo così importanti benefici fiscali immediati (deducibilità fiscale) e futuri (minor aliquota di tassazione su capitale o rendita).
Abbiamo ormai lasciato dietro alle spalle il sistema pensionistico che calcolava gli assegni col metodo retributivo, in base al quale la pensione veniva calcolata sul reddito medio degli ultimi 5 anni lavorativi indipendentemente dai contributi versati. Oggi la pensione viene calcolata per ognuno di noi seguendo il metodo contributivo per il quale si tiene conto del monte dei contributi versati dal lavoratore nel corso degli anni di attività lavorativa.
Questo metodo di calcolo riduce l'assegno pensionistico rispetto al passato, in quanto il metodo di rivalutazione annua del montante contributivo è collegato alla crescita media del PIL nominale degli ultimi 5 anni, inoltre il coefficiente di rivalutazione viene calcolato in base all'aspettativa di vita e tende ad essere ridimensionato per l'aumento dell'aspettativa di vita e riducendo così la cifra finale.
Visto che negli ultimi anni il PIL è stato nella migliore delle ipotesi stagnante, capite bene che la rivalutazione futura del montante contributivo sarà fortemente penalizzata, su questo parametro fortunatamente nel 2017 ci sono segnali incoraggianti con una ripresa della crescita del PIL italiano dovuto più all'effetto trascinamento della crescita mondiale che a fattori interni, quindi bisognerá valutarne la sostenibilità nel tempo. Se a questo si aggiunge che mediamente l'aspettativa di vita aumenta, il coefficiente per il quale viene moltiplicato il montante accumulato scende, nel senso che ci vorranno molti più anni per ripagare la pensione al lavoratore che vivrà di più.
Quindi stiamo andando verso un mondo dove mediamente vivremo di più ma con meno soldi, chi andrà in pensione in futuro dovrà mettere in conto di prendere molto meno dello stipendio, nell'ordine del 30-40% nella migliore delle ipotesi per i lavoratori dipendenti, sino al 50-60% per lavoratori autonomi. Diventa non differibile una scelta di pensione integrativa almeno per i lavoratori che riescono ad avere ancora una capacità di risparmio annuo che troppo spesso viene abbandonata sui conti correnti, perdendo così importanti benefici fiscali immediati (deducibilità fiscale) e futuri (minor aliquota di tassazione su capitale o rendita).
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